22 Marzo 2012

Una riforma frutto delle proposte democratiche

Europa Quotidiano, Giovani, Lavoro, Lavoro precario

Il mio pezzo per Europa.

Se lasciamo per un attimo da parte la nuova disciplina dei licenziamenti fondati su ragioni economiche e organizzative è fuor di dubbio che il mercato del lavoro disegnato dalla riforma Fornero è un mercato del lavoro migliore e più civile della giungla cui siamo stati abituati. Aumenta il costo dei contratti a termine, si restringe l’applicabilità dei contratti a progetto (peccato non essere riusciti ad arrivare al contratto unico), le false partite Iva vengono finalmente messe sotto osservazione e, speriamo, smascherate.
Questo comporta anche che l’estensione della reintegrazione nel caso di licenziamento discriminatorio coprirà non solo i dipendenti di aziende con meno di 15 addetti ma anche tutti coloro che nel vecchio sistema sarebbero stati precari a lungo termine senza tutela alcuna. Questa estensione è un passo veramente storico: giovani e anziani, donne e persone di colore, disabili e gay, comunisti e buddisti non potranno essere licenziati per il solo fatto di essere ciò che sono.
È un passo storico perché riconosce che anche nella categoria “lavoratori” esistono persone più soggette a un rischio di discriminazione e dunque meritevoli di specifiche tutele. Una novità assoluta per l’Italia, dove le cause per discriminazione sono state fino ad oggi un fenomeno molto raro e la cultura del diversity management è ancora ai suoi albori. Dalla riforma, inoltre, si comincia ad intravedere anche il disegno di una società dove i carichi di assistenza e cura familiare non devono cadere solo sulle spalle delle donne e dove i giovani non devono dipendere dai genitori fino a quarant’anni. A cominciare dall’abrogazione dell’odiosa norma sulle dimissioni in bianco, passando per il congedo di paternità obbligatorio, fino ad arrivare al sacrosanto principio che non si debba mai lavorare gratis e che uno stage è uno stage solo se chi lo fa è uno studente, non se è un laureato o un diplomato al termine degli studi.
Tutto bene, ma con un prezzo assai salato. Che, causa l’enorme ritardo con cui questa riforma arriva, sui licenziamenti economici o organizzativi anche il tanto bistrattato Ichino – uno cui la storia alla fine tende a dar ragione – pare un agnello. Il punto che mi pare più pesante è infatti quello dell’immediata applicabilità della riforma dell’articolo 18 a tutti i contratti, anche quelli esistenti.
Tutte le proposte fin qui presentate dal Pd – perché il Pd, diciamolo con chiarezza, è l’unica forza che abbia fatto della seria elaborazione su questi temi e quasi tutti i punti recepiti nella riforma vengono dal lavoro dei parlamentari e degli esperti democratici, di tutte le sensibilità e culture – prevedevano la salvaguardia dei diritti acquisiti dai contratti in essere e l’applicazione delle nuove norme solo ai nuovi ingressi nel mercato del lavoro.
Abbiamo purtroppo traccheggiato, bloccati dai veti contrapposti per anni, senza mai riuscire ad arrivare a una conclusione e il risultato è questo. Si fosse fatta questa benedetta riforma dieci anni fa, avremmo potuto testare le nuove regole in un momento economicamente meno drammatico e oggi saremmo già abbondantemente nel nuovo regime, con tutti gli aggiustamenti necessari già fatti nel corso degli anni. Proprio per questo non credo che oggi il Pd debba essere in imbarazzo davanti a queste novità che, non dobbiamo dimenticarlo, sono state sottoscritte da due dei tre maggiori sindacati nazionali.
È una riforma che mette l’Italia assolutamente in linea con il resto d’Europa – e lo dico per esperienza diretta, essendomi occupato per anni di lavoro dall’estero – e si capisce bene perché la Bce e i mercati ce la chiedessero a viva voce. Con questa disciplina sarà più semplice per le imprese programmare il fabbisogno di lavoro e per gli investitori stranieri pianificare gli investimenti nel nostro paese. È un passo importante, dunque. Bisognerà che a questo passo si aggiungano quelle misure che favoriscono la crescita economica e facciano dell’Italia un paese davvero attrattivo per i capitali stranieri: infrastrutture, lotta alla corruzione e alle criminalità, diminuzione della burocrazia, diffusione della rete in tutte le zone del paese sono misure indispensabili. E bisognerà anche fare in modo che le misure di protezione, di sostegno e di formazione continua per chi resta senza lavoro garantiscano quella security che è presupposto indispensabile per sostenere la flessibilità senza le tensioni sociali che cancellerebbero ogni effetto positivo sulla nostra competitività.
Bisogna inoltre che questa riforma introduca un nuovo schema, anche culturale, delle relazioni industriali: dobbiamo tutti capire che in questo mondo e in questo secolo non c’è più spazio per una contrapposizione tra capitale e lavoro. Possiamo crescere e prosperare solo se coloro che lavorano e coloro che offrono lavoro saranno in grado di diventare un sistema integrato, efficiente e nel quale ciascuno può trovare mutue occasioni di sviluppo e di successo. Gli imprenditori valorizzando appieno le professionalità elevatissime che il nostro lavoro è in grado di offrire e considerando il capitale umano delle proprie aziende non come un limone da spremere ma come la risorsa strategica più importante. I lavoratori sentendosi sempre più autori e compartecipi del successo delle proprie aziende, successo che rappresenta non un illegittimo arricchimento ma il migliore ammortizzatore sociale cui si possa pensare.
Siamo tutti parte di un unico sistema Italia chiamato a competere con paesi vicini e lontanissimi e possiamo vincere la sfida solo insieme: questa in fondo è la ragione stessa per cui abbiamo creato il Partito democratico, il partito nato per parlare a tutti gli italiani.

9 risposte a “Una riforma frutto delle proposte democratiche”

  1. Luigi Contessa ha detto:

    Io sto con Fassina, Bindi, Bersani. La linea economica programmatica del PD non la fa Ichino, Scalfarotto, Letta ed i “montiani”. Si vada alla conta e chi perde taccia o vada altrove (me compreso).
    http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/getPDFarticolo.asp?currentArticle=1CIVO3

  2. Laura A. ha detto:

    Tutto molto bello nelle intenzioni, peccato che la riforma dell’art.18 sia attiva da subito, mentre per i contratti a termine, per i contratti di collaborazione (che guardacaso lei, Scalfarotto omette di dire partoriti dal PD), per le partite iva fasulle, è prevista solo una “disincentivazione”, che con ogni probabilità almeno nel caso dei contatti a termine, ricadrà sui lavoratori. Se ci fosse stata una reale intenzione di mettere ordine nel mercato del lavoro, che fino a ieri divideva i lavoratori tra chi ha tutte le tutele e chi non ne ha nessuna, sarebbe bastato eliminare tutta quella vergognosa miriade di contratti precari (mi ripeto, per i quali dobbiamo ringraziare il PD), invece si è solo deciso di precarizzare anche chi le garanzie le aveva lasciando solo intravedere a chi è oggi precario un barlume di speranza.
    Se c’è, come lei afferma, la volontà nel PD di attuare un reale cambiamento perchè non portate avanti una vera lotta alla precarietà che voi stessi avete generato?

  3. saturnocontro ha detto:

    Nessuno riesce a speigare in che modo questa proposta di riforma possa rilanciare l’occupazione e , con essa, lo svilippuo!!
    Non é chiaro per quale oscura ragione questa riforma dovrebbe indurre le imprese ad assumere, mentre mi paiono persino solari le ragioni che allentano i deterrenti a licenziare ed inducono gli imprenditori – soprattutto quelli più grandi e più forti – a licenziare con più disinvoltura, al riparo da conseguenze sanzionatorie serie. Solo in pochi, e tra essi una giovanissima ed interessante testata (http://www.orticalab.it/Art-18-Pd-al-bivio-della-storia) hanno colto aspetti nodali della vicenda, che nessuno spiega! Siamo in presenza di un attacco frontale al PD ed alla sinistra italiana, ma noto che nessuno se ne accorge.

  4. Mario ha detto:

    Caro saturnocontro, quello che le sfugge è il cpntatto con la situazione reale attuale. Una situazione in cui le imprese con meno di 15 dipendenti non assumono neppure quando ne hanno bisogno per non arrivare a 16 e le imprese più grandi non arrivano quasi mai, se non quando sono decotte, a dover licenziare, per la semplice ragione che non assumono a tempo inndeterminato se non sotto tortura. In questa situazione, per quale ragione le nuove regole dovrebbero produrre un effetto diverso da nuove assunzioni (rese possibili dalla possibilità di ridurre, in caso di bisogno) in eccesso rispetto ad eventuali licenziamenti?

  5. Mario ha detto:

    Caro saturnocontro, quello che le sfugge è il contatto con la situazione reale attuale. Una situazione in cui le imprese con meno di 15 dipendenti non assumono neppure quando ne hanno bisogno, per non arrivare a 16, e le imprese più grandi non arrivano quasi mai, se non quando sono decotte, a dover licenziare, per la semplice ragione che non assumono a tempo indeterminato se non sotto tortura. In questa situazione, per quale ragione le nuove regole dovrebbero produrre un effetto diverso da nuove assunzioni (rese possibili dalla possibilità di ridurre, in caso di bisogno) in eccesso rispetto ad eventuali licenziamenti?

  6. rita ha detto:

    Vergognati a stare a sinistra con queste idee sostanziamente conservatrici e di destra. Capisco che stare adagiato su una comoda poltrona di partito sia una pacchia, ma per noi elettori di classe media sei inutile anzi dannoso. Facci una cortesia: torna a lavorare per le banche e iscriviti all’UDC.

  7. Marika Servanti ha detto:

    Gentile sig. Scalfariotto,
    sono venuta sulla sua pagina web convinta che avrei trovato una voce di dissenso a questa riforma, il cui obbiettivo, sinceramente, mi pare sia quello di rendere tutti i lavoratori del settore privato precari. Mi da un consiglio su come dovrei affrontare i prossimi 33 anni di lavoro sapendo che non sarà mai in grado di comprarmi una casa, avere un figlio ( come mai alle aziende non viene richiesto il nido obbligatorio, per uniformarci all’europa) ? e nemmeno una pensione, dato che il mio stipendio non mi permette di mettere nulla da parte? (pur lavorando come impiegata a tempo indeterminato)
    mi devo arrendere ad una vita di sussistenza?

  8. scalpha ha detto:

    Gentile Marika, mi scusi: ma prima della riforma chi le avrebbe assicurato un reddito fisso per i prossimi 33 anni? Le risulta o no che in Italia lavorano circa 4 milioni di persone che un contratto a tempo indeterminato assistito da clausola di inamovibilità non l’hanno mai visto neanche col cannocchiale? Si è mai chiesta come mai? Crede, come la lettrice del commento precedente al suo, che sia di sinistra solo assicurarsi di tenere in piedi aziende magari decotte al solo fine di pagare degli stipendi a carico dello Stato, cioè del contribuente? O non sarebbe stato più di sinistra far diventare legge le proposte di flexsecurity che Ichino propone da almeno dieci anni e che gli sono costati una vita sotto scorta? Francamente avrei voluto ascoltare tutte queste voci a difesa del lavoro mentre generazioni di giovani italiani marcivano nel precariato nel silenzio più assoluto di chi oggi si strappa ipocritamente i capelli. Mi creda, mi sento perfettamente di sinistra pensando che sia compito dello Stato mettere in piedi sistemi di protezione effettiva che proteggano i lavoratori senza incatenarli al posto di lavoro. E di pensare a imprese che siano prospere e di successo per rafforzare l’economia di questo paese creando ricchezza per tutti.

  9. Marika Servanti ha detto:

    Gentile Ivan,
    la ringrazio per avermi risposto e rilancio:

    1) se è giusto rinunciare tutti a qualcosa,a causa del fallimento della politica e del governo in quanto promotore di riforme al passo con i tempi, mi perdonerà la demogogia, ma non mi pare che la nuova riforma sarà applicata ai parlamentari in carica ma dalla prossima legislatura( mi corregga se sbaglio, ovviamente)mentre va a colpire tutti i lavoratori, indiscriminatamente.

    2)risegnalo come da mio precedente intervento che a me sembra che questa riforma chieda ai lavoratori dipendenti di prendersi carico di una crisi senza dare niente in cambio in termini di flessibilità o di servizi aggiuntivi es telelavoro o incentivando le aziende con più di un tot di dipendenti ad avere un asilo nido aziendale: non le pare?