4 Settembre 2011

Matteo, Rosy e lo Statuto del PD

Appunti

Bindi ricorda a Renzi che lo Statuto del PD prevede che il candidato premier del partito in una coalizione sia sempre il segretario. Quindi – dice Bindi – non può fare lui il candidato premier, a meno che non esca dal PD. Renzi ricorda a Bindi che lo Statuto del PD prevede che i parlamentari non facciano più di tre legislature. Quindi – dice Renzi – Bindi non potrebbe essere ricandidata al Parlamento.

Il fatto è che hanno ragione tutti e due, e non per caso. Lo Statuto del PD, della cui commissione redigente ero parte anch’io – per quanto secondo me sia stato un abborracciato, imbarazzante e insoddisfacente compromesso – aveva comunque ancora in mente una certa idea di partito. Un partito, tra le altre cose, il cui segretario fosse legittimato dal voto di tutto il popolo di centro-sinistra (do you remember “la vocazione maggioritaria?”): iscritti e non iscritti, quindi anche elettori di altri partiti o astensionisti. E se quel segretario viene scelto con una così ampia investitura popolare, come si può negare che sia anche il candidato premier?

Un partito che fosse fortemente innovativo, però. Con una fortissima base valoriale (abbiamo pure il manifesto dei valori!), aperto ai giovani e alle donne, che superasse il gap tra politica e società civile attraverso una continua e reciproca contaminazione, e per questo molto sensibile al rinnovamento. E quindi, quale miglior modo che rendere certo il ricambio attraverso un limite ai mandati elettivi?

Ecco, le norme statutarie esistono per questo. Non per stabilire regole capricciose, ma per mettere in pratica una visione. Per far vivere un organismo secondo le sue regole costitutive e fedelmente al patto iniziale che si era stipulato. Ora, qui come altrove, che uno violi una norma non è una ragione sufficiente per scusare chi ne viola un’altra. Una violazione non annulla, controbilanciandola, un’altra: restano due violazioni e il tutto diventa un doppio tradimento del progetto originario del partito.

E quindi – e lo dico a Renzi, a Bindi, a me stesso e a tutto il resto del partito – cominciamo a rispettarlo tutti questo benedetto statuto. In tutte le sue norme, comprese quelle che saltano agli occhi della Bindi e quelle che saltano agli occhi di Renzi. Vedrete, il PD se ne gioverà grandemente.

3 risposte a “Matteo, Rosy e lo Statuto del PD”

  1. Regole incondivise ha detto:

    […] saluti il Parlamento alla fine di questa legislatura facendo posto ad altri. Però Scalfarotto dice anche che le regole del Pd sono frutto di “un abborracciato, imbarazzante e insoddisfacente […]

  2. Antony Smith ha detto:

    Insomma:

    Non andate daccordo neanche sullo Statuto del PD, ma siete pronti a guidare l’Italia con Di Pietro, Vendola, Casini, Fini e il resto della brodaglia post-comunista.

    Meno male che Silvio c’e’!

  3. luca ha detto:

    Caro Ivan, ma tu stesso in un altro post sui “trenta quarantenni” poni il tema del ricambio, che è decisamente connesso alle iniziative in ordine sparso delle nuove leve PD.
    La percezione che i comandi del partito difficilmente saranno lasciati a te o a debora, o a Pippo. spontaneamente. Ecco allora la voglia di tenere alta la tensione sul tema, con sfumature diverse; attraverso laboratori di idee che danno comunque visibilità (deborah e pippo) o con la tentazione della scorciatoia primarie. E non è un caso che sia proprio renzi che delle primarie è una creatura ad invocarle.
    Quelle primarie che hanno impedito (voglio ricordartelo) che oggi, a governare Firenze ci fosse un ex portiere di calcio. Con tutto il rispetto.
    L.