6 Agosto 2010

La linea spezzata

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Il mio post per il blog de “iMille”.

Il 7 agosto 2005 pubblicavo il primissimo post sul questo blog. Un blog nato per il lancio della mia sfida alle primarie che avrebbero designato Romano Prodi come candidato del centrosinistra per Palazzo Chigi. Vi ricordate “L’Unione”? Sembra passato un secolo, e invece sono soltanto 5 anni. Per capire tutto quello che è successo niente è più efficace che scorrere la lista dei candidati a quelle primarie (Prodi, Bertinotti, Di Pietro, Mastella, Pecoraro-Scanio, Scalfarotto e Panzino) e verificare che a fare politica siamo rimasti veramente in pochi. Nel frattempo è nato il PD, che ha già eletto due segretari, è nato anche il PdL, ci sono state due elezioni politiche, una serie di smottamenti e sommovimenti, nascita di nuovi gruppi e partiti e sparizione di altri. Un gran trambusto per lasciare esattamente le cose come stavano in quell’agosto 2005: un Berlusconi indebolito forse, ma pur sempre al suo posto al governo.

Dico questo non per dire che Berlusconi sia la causa dei mali di questo paese e come tale vada estirpata per fare in modo che l’Italia si trasformi come per incanto in un paese normale. Al contrario, io credo che Berlusconi sia il sintomo dei mali di questo paese, che ne sia l’effetto, il prodotto, e che quello che si deve fare al più presto è predisporre una proposta di governo che faccia dell’Italia un paese diverso da quello che ha la sua migliore sintesi nelle idee, nella personalità e nel profilo politico di uno come Berlusconi.

E’ per questo – scartata a priori qualsiasi sciagurata e irresponsabile ipotesi di governi con Lega, Tremonti & c. – che non credo affatto che un’alleanza con Casini, Rutelli e compagnia sia la soluzione, e peggio ancora un governo imbarca-tutti. Non solo perché torneremmo allo schema per cui si vincono le elezioni e si perde la sfida del governo come è successo a Prodi. Ma anche perché un governo siffatto, esattamente al contrario di quello che dice Casini, non avrebbe mai la capacità di prendere le decisioni dolorose e necessarie che andrebbero prese in questo momento. Quando dico decisioni necessarie non mi riferisco soltanto ai tagli e ai sacrifici che la situazione finanziaria ci impone. Io credo che gli italiani siano un popolo estremamente disciplinato in tal senso. Abbiamo sopportato prelievi forzosi dai conti correnti e tasse sull’Europa senza fare nemmeno una piega: quando capiscono che dietro a uno sforzo economico c’è una regia affidabile e non iniqua, gli italiani pagano e non si lamentano nemmeno troppo.

Le decisioni necessarie da prendere, quelle veramente difficili, sono quelle legate a una vera modernizzazione del paese, allo smantellamento delle corporazioni, all’apertura di una società bloccata e timorosa, alla trasformazione di un Paese che tradizionalmente gioca in difesa verso un modello che prova a investire e a rischiare di più su di sé. Lasciar correre libere le migliori energie disponibili, utilizzandole al massimo per il bene comune, e farsi carico di proteggere i più deboli non lasciando nessuno indietro. Acquisire la consapevolezza che costruire una società più giusta e più prospera è un meccanismo che non assomiglia ad una linea che si allunga (e dove quindi bisogna farsi trovare per primi a scapito di altri che verranno dopo), ma deve essere un cerchio che si espande (perché una società o cresce tutta insieme o cresce in modo squilibrato, iniquo e senza poter contare sul contributo e sulla partecipazione di tutti).

Il conservatorismo in questo paese, purtroppo, non sta soltanto a destra. Se guardo a Casini e a Rutelli, tanto per fare un esempio, vedo la palude: un blocco conservatore e immobile sia sul piano sociale che su quello economico. La sinistra radicale, come noto, non è ancora pervenuta a questo secolo. Se guardo a certe posizioni della CGIL vedo un sindacato impegnato esclusivamente nel difendere posizioni acquisite e sostanzialmente disinteressato a rappresentare le nuove generazioni e a comprendere le sfide dell’economia globalizzata. Se guardo a Confindustria vedo una grande impresa che ha affiancato il governo senza avere mai il coraggio di andare oltre generiche richieste verbali di riforme che non sono mai arrivate e di metterlo in mora per questo. Una larga alleanza non sarebbe altro che la sommatoria di interessi particolari, la rappresentanza pro-quota di gruppi di popolazione nella difesa delle grandi, piccole o piccolissime rendite di posizione che è il mestiere prediletto della classe dirigente italiana.

Non è di questo che ha bisogno l’Italia per superare Berlusconi. Gli inglesi distinguono il concetto di “evolutionary” dal concetto di “revolutionary”: ecco, io credo che ci sia bisogno di qualcosa che non sia soltanto un miglioramento evolutivo dell’esistente, ma di un cambio totale, completo, radicale di prospettiva. Questo era il senso della “vocazione maggioritaria” che aveva fatto nascere il PD: uscire dalle somme aritmetiche per provare a costruire un modello di paese alternativo che attraesse forze diverse facendo leva anche sulla massa enorme di persone che non votano.

Per fare questo non c’è bisogno del pallottoliere, c’è bisogno di un progetto. La forza apparente di Vendola, secondo me, sta in questo. Che in questo momento Vendola sembra avere – al di là dei dubbi che sollevano le sue posizioni economiche e una storia politica che non lo qualifica immediatamente come un innovatore (chiedere dettagli a D’Alema) – la capacità di moltiplicare le energie sulla base di un progetto condiviso. La sua forza sta nel fatto che Vendola non è credibile in quanto “proprietario” di un partito e titolare della relativa forza elettorale (S&L vale davvero poco in questo senso) ma come leader di un progetto che può coagulare intorno a sé persone le più diverse, dai giovani in Puglia agli industriali del Veneto. Perché la sua candidatura ha in sé il seme di una “vocazione maggioritaria”. Dico subito che parlo di Vendola a titolo puramente esemplificativo: le stesse cose le avrei potute dire e le direi con estrema convinzione – mutatis mutandis – su uno come Renato Soru, che tuttora rappresenta secondo me la più grossa occasione mancata degli ultimi dieci anni per il centro-sinistra e per l’Italia.

Nel PD noi siamo peraltro intrappolati in un equivoco. Abbiamo fatto lo Statuto del partito proprio sulla base di quella che avrebbe dovuto essere la nostra vocazione maggioritaria: volevamo essere aperti, parlare a tutti, e quindi prevedevamo che la scelta del nostro leader – eletto a primarie aperte – rappresentasse di fatto la scelta del leader del centrosinistra. Questo in teoria, perché la sostanziosa porzione del partito che non aveva propriamente in simpatia l’idea del partito aperto ha imposto un meccanismo di scelta del segretario molto più tradizionale. Un meccanismo che ha differenziato gli iscritti dai votanti alle primarie e che ha reso i secondi puri “ospiti” del partito. Ospiti per un giorno solo (quello delle primarie) e quindi spesso ospiti in libera uscita. Ospiti che votano Marino alle primarie e poi IdV o magari Grillo alle elezioni, una volta che si accorgono che il loro consenso di un giorno non è servito a dare alle posizioni di Marino una piena e visibile cittadinanza nell’elaborazione politica permanente del partito.

Questo vuol dire che oggi è molto più difficile dire che il nostro segretario è anche il segretario del centrosinistra. Bersani è soprattutto il segretario di un partito (il più grosso ed importante, certo) del centrosinistra, dal che deriva che la norma statutaria che lo individua in automatico come candidato premier è più un wishful thinking, un auspicio, che altro. Se quando siamo nati come partito potevamo dare per scontato che il nostro leader fosse il leader di tutti, oggi non è più cosi. Questa è certamente un’involuzione rispetto al modello di una democrazia occidentale di stampo liberale e – se il modello “revolutionary” di cui parliamo implica proprio portare l’Italia ad assomigliare di più a una democrazia occidentale di stampo liberale – questa è secondo me la debolezza “genetica” della candidatura di Pierluigi Bersani e del gruppo dirigente che lo appoggia come persona e gruppo adatti a perseguire quel progetto. È una candidatura che porta dritto dritto a un governo di ampia coalizione, peraltro assolutamente coerente col progetto politico che ha vinto il congresso del PD, ma certamente non in grado – come l’esperienza Prodi ci ha amaramente insegnato – di rappresentare una vera discontinuità rispetto al modello di Italia che ha prodotto e dato forza alla leadership di Berlusconi.

Potremo tornare credibilmente al governo (e non solo per la soddisfazione effimera di vincere le elezioni) quando avremo una leadership in grado di rappresentare un progetto radicalmente innovativo e dotato di una grande forza magnetica. Niente governissimi e niente abbracci mortali di gruppo. I grandi paesi del mondo procedono per linee spezzate: l’America di Obama non è quella di Bush e quella di Bush non era quella di Clinton; la Gran Bretagna di Cameron non è quella di Brown e quella di Blair non era quella di Thatcher; anche appartenendo allo stesso partito, Sarkozy non era certo il candidato preferito di Chirac. L’Italia, invece, è il prodotto di una lunga curva ininterrotta e ormai stancamente piatta che ci ha condotto sin qui. Se ne abbiamo la forza e la capacità, l’unica possibilità vera è di metterci un punto. E andare, finalmente, tutti insieme a capo.

15 risposte a “La linea spezzata”

  1. […] 6 agosto 2010 · Lascia un commento di Ivan Scalfarotto sul suo blog […]

  2. Claudio_Bi ha detto:

    Caro Ivan, sono d’accordo con la tua analisi e, quindi, abbastanza preoccupato nell’osservare il presente. In questo momento politico ci si aspetterebbe un chiaro segnale dall’opposizione, l’indicazione di un progetto ambizioso per una società finalmente vicina alla vita delle persone, dotato di una forza capace di mobilitare le forze migliori del Paese e di tradurre questa mobilitazione in consenso elettorale, passaggio necessario per un cambiamento concreto. Mentre Berlusconi sta sicuramente mobilitando tutto il suo staff per preparare le mosse vincenti e il suo ennesimo colpo di scena che alle prossime elezioni lo farà ancora apparire come la “novità” nel panorama politico italiano, mi chiedo se lo stesso si stia facendo nel PD. Temo invece che sia terribilmente realista la vignetta di Giannelli di oggi sul Corriere: Bersani è descrito intento a pescare (quindi immobile) sperando che qualche pesce grosso abbocchi ed in effetti questa è un po’ la sensazione che serpeggia in giro. Insomma è come se il PD sia prigioniero di un incantesimo che impedisca l’emergere di tutte le risorse che possiede, della passione dei suoi sostenitori, di un progetto chiaro. Un po’ come nel mitico film di Luis Bunuel “L’angelo sterminatore” in cui una forza misteriosa impediva alla persone che lo volessero di varcare la soglia per uscire dal palazzo in cui erano. Non so davvero quale Principe con il suo bacio, possa risvegliare questa bella addormentata, ormai sprofondata nella narcolessia, fosse Vendola, ben venga Vendola: onore al suo coraggio e non c’è tempo da perdere.

  3. Luca ha detto:

    Eccomi. Ho votato Marino alle primarie, IdV alle politiche e alle europee e Movimento 5 Stelle alle comunali e regionali. Purtroppo la mia impressione è che tutti gli sforzi tuoi, di Marino, di Civati e di altra gente assolutamente competente e degna di fiducia vada a infrangersi contro il solito blocco monolitico di potere ex Pci, ex Ds ed ex Pds.
    Mi spiace dirtelo, ma non ho nessuna fiducia nel futuro, almeno in quello prossimo; non vedo come Berlusconi possa perdere elezioni fino a che avrà la forza fisica di candidarsi. E l’impressione è che la maggior parte dei capi della sinistra preferisca mantenere le sue nicchie di potere (anche se all’opposizione) piuttosto che lasciare spazio a forze fresche. Io ho 40anni e vorrei vedere un mio coetaneo a dirigere il paese, non le stesse facce di vent’anni fa (Blob è micidiale, quando ripropone vecchie immagini televisive… sempre gli stessi…).
    E bisogna anche riflettere sui risultati delle primarie: la grande maggioranza degli iscritti/simpatizzanti del PD sta con Bersani, D’Alema & c. Quindi la colpa come sempre è da suddividere fra chi vota e chi è votato.
    Buon lavoro, comunque. Io resto in attesa di avere la spinta per votare PD; ma non questo PD.
    Luca

  4. Anellidifum0 ha detto:

    Sono d’accordissimo con ciò che hai scritto, Ivan, e la cosa è una notizia, perché ultimamente non avevamo una piena condivisione dell’analisi politica.

    Mi trovo poi molto in sintonia col commentatore sopra, Luca. Secondo me finché il PD non saprà convincere a farsi votare da gente come Luca o come me (cosa che si ottiene solo facendo partecipare alle primarie e concedendo la tessera del partito anche a Pannella, Di Pietro e Grillo) non avrà mai il 40% ma nemmeno il 35% o il 30%. Poi mi sbaglierò, ma o il PD diventa il contenitore dell’alternativa, o l’alternativa si costituirà in più anni a prescindere ANCHE dal PD. E alla fine il PD si scioglierà, quando sarà solo la sommatoria di dalemiani, veltroniani e lettiani. Diciamo attorno al 20-23% dell’elettorato italiano.

  5. Federico ha detto:

    Caro Luca,

    scusa se mi permetto di risponderti e di muoverti una critica: anche se capisco benissimo il tuo ragionamento e le tue amarezze (che credimi sono quelle del 90% delle persone che votano PD) non capisco le tue scelte nel votare IdV e Grillo che alla fine mi sembrano un po’qualunquiste. Non ti rendi conto che anche noi a sinistra ormai siamo berluconizzati? Critichiamo (giustamente) i dinosauri del PD ma poi aspettiamo un Berlusconi di sinistra, che ci tiri fuori senza il minimo sforzo: Grillo, Di Pietro e in minor misura Vendola (che stimo moltissimo e che vorrei nel PD!) sono nomi che spesso e volentieri possono essere totalmente sovrapposti col partito che rappresentano, appunto come Berlusconi usa il Pdl come una sua personale proprietà.
    Dici che la maggior parte degli elettori PD ha scelto di stare dalla parte di Bersani (non di D’Alema, e le primarie in Puglia lo dimostrano, Vendola è stato appoggiato dalla maggioranza della base Pd pugliese): dobbiamo anche ammettere che TANTE persone NON sono andate a votare Marino perchè ormai siamo arrivati alla conclusione (piuttosto superficiale) che il PD non è di sinistra e che non possiamo ‘sporcarci le mani’ votando il PD, nemmeno alle primarie. Quindi se posso correggerti, la colpa è da suddividere tra chi vota, chi è votato e anche e soprattutto tra chi non vota.
    Tu dici che hai 40 anni e vorresti vedere dirigere il paese da un tuo coetaneo però poi ti affidi a Grillo e di Pietro che di anni ne hanno più di 60, facendo finta di non vedere che nei loro movimenti non c’è NESSUNO che corrisponda ai Civati, Serracchiani, Zingaretti, Alicata del PD (lo vedi che i nomi ci sono).
    Io ho 27 anni e da quando mi interesso di politica vedo sempre più gente allontanarsi dal PdS/Ds/PD quasi per ripicca pensando che in questo modo le cose cambino: in effetti le cose sono sempre cambiate, però in peggio. Non sarebbe ora di smettere di lamentarci e dare fiducia alle persone che stanno cercando di cambiare il PD e l’Italia (a partire da Ivan)? Oppure vogliamo aspettare anche noi il nostro Berlusconi?

  6. Federico ha detto:

    Caro anellidifumo,

    se davvero secondo te si costituirà un’alternativa al PD a sinistra mi spieghi perchè abbiamo:
    -Sinistra e libertà
    -Radicali
    -Verdi
    -Rifondazione/Comunisti italiani o come si chiamano ora
    -Di Pietro (ma è di sinistra?)
    – Grillo e grillini
    -Socialisti (si potete rabbrividire, ma nessuno ricorda che SeL l’hanno fondata anche loro)

    Perchè tutti questi gruppi e sottogruppi non si uniscono? Se avessero un programma serio e REALISTICO sarei felicissimo di votare invece che andare ogni volta col mal di pancia a votare PD
    Invece mi pare che tutti questi partitini (che tra parentesi sono composti da persone che sono in politica da almeno gli stessi anni dei dinosauri del PD) preferiscano pensare al proprio (minuscolo) orticello invece che rinunciare ad essere pseudoleader in nome di un progetto molto più ampio che farebbe bene sia alla sinistra che all’Italia

    Quindi per ora io preferisco sostenere in tutti i modi Marino, Scalfarotto, Serrracchiani, Civati, Zingaretti, Concia (come vedi i nomi ci sono) invece che aspettare il Grillo di turno il quale, minorenni a parte, mi sembra usi metodi MOLTO simili al berlusca (ultrasessantenne, comizi pieni di parolacce, un partito a suo nome e ZERO contraddittorio)

  7. Andrea B. ha detto:

    Caro Ivan,
    la tua e’ secondo me una ottima analisi e mi trovo sulla maggior parte delle cose molto e appassionatamente d’accordo.
    Capisco anche il punto che la linea in Italia non sia cosi’ spezzata come da altre parti.
    Forse e’ vero ma non sarei forse troppo duro con l’Italia parlando di linea “continua” (capisco comunque che si tratti di una forzatura ai fini della comunicazione di un concetto). E’ vero che ci sono tante cose negative che sono rimaste inalterate attraverso governi di destra e sinistra. Questo pero’ avviene molto anche attraverso le varie amministrazioni americane anche se magari non al livello dell’ Italia. La tua analisi sui mali della sinistra e’ molto azzeccata anche se ritengo che differenze di sostanza notevoli siano esistite tra i governi di destra e di sinistra. La Turco-Napolitano e’ ad esempio diversa dalla Bossi-Fini (senza entrare nel merito di quale sia la migliore). Un tentativo di liberalizzare le professioni come fatto dall’ultimo governo Prodi (prima di cadere) i governi di destra non l’hanno mai fatto. Sulla tassa di eredita’-successione ci sono state posizioni diverse. I governi di centrosinistra inoltre non hanno concepito schifezze come la legge 40, i condoni edilizi, la Cirami, la Cirielli, il lodo Alfano. I capigoverno del centrosinistra non hanno mai incitato a non pagare le tasse, non hanno mai delegittimato la magistratura e non hanno mai guidato aziende che hanno evaso miliardi al fisco e corrotto la guardia di finanza.
    Certo, visto che abbiamo bisogno di una rivoluzione culturale, avremmo bisogno di molto di piu’. Pero’ non dimentichiamoci mai che votando centrosinistra abbiamo sempre votato una cosa molto diversa dal centrodestra di Berlusconi. Son sicurissimo che siam d’accordo.
    Un abbraccio.

  8. Guido ha detto:

    Ivan, tu concludi dicendo che torneremo al governo quando “avremo una leadership in grado di rappresentare un progetto radicalmente innovativo e dotato di una grande forza magnetica”. Ma come è possibile che questa leadership si formi in una organizzazione in cui vale ancora il sistema della cooptazione? Quale meccanismo di ascesa può consentire oggi ad un giovane di emergere dalle ‘famiglie’ esistenti in virtù di un progetto rivoluzionario teso in sostanza ad abbatterle?
    Il problema del rinnovamento quindi si colloca al livello dei meccanismi di rappresentanza e dei processi di formazione del consenso. Il caso della Serracchiani, proiettata ai vertici del Partito da Youtube, la capacità di mobilitazione del ‘popolo viola’, la discesa in campo del movimento di Grillo, il cui programma politico consiste in una piattaforma di partecipazione in rete, dovrebbero far riflettere. Invece, a parte te e pochi altri, il PD guarda ancora alla rete come a una TV a basso costo. Il fatto di non comprendere il senso della principale trasformazione della società contemporanea mi sembra molto preoccupante, e fa tutt’uno con l’incapacità di rinnovamento di cui tu parli. Insomma, io credo che il tema della nuova leadership debba essere posto all’interno di quello delle nuove forme rappresentanza, informazione e consenso che sono proprie della contemporaneità.

  9. Anellidifum0 ha detto:

    Federico, dici benissimo. Eppure SeL è un esempio di unione di forze diverse. Così come, a suo modo, è un’unione anche il nuovo PRC. Ma metti il dito sulla piaga: sono le classi dirigenti di quei micro-partiti che cercano di ripetere ciò che fanno, in grande, D’Alema e Veltroni: rimanere in sella, contare qualcosa, non lasciare la politica.

    Se alle prossime elezioni si creerà, in risposta a un’alleanza del PD con i moderati oppure a un PD da solo, il “polo che non c’è”, ossia il 4° polo tra SeL,IDV e M5S, sarà stato un esempio di unire le forze. Solo in quel caso la percentuale finale di voti sarà notevole. Altrimenti rimarranno tutti (forse anche IDV) sotto al 4% e sacrosantemente fuori dal Parlamento.

  10. Anellidifum0 ha detto:

    Federico, invece non sono d’accordo quando accomuni Grillo a Berlusconi. Se non altro perché uno dei due è premier e possessore di tre tv commerciali, oltre che controllore delle tre tv di Stato, e l’altro no. Ma potrei anche dirti che uno dei due è in politica dal 1993, e l’altro è fuori dalla Rai dal 1987, e ha fondato un movimento nel 2009. Insomma, tu ti concentri sul fatto che i comizi dei due siano secondo te volgari. Ma ti dimentichi di considerare le immense onde di volgo inneggianti che ha Grillo sotto di sè, e senza televisioni. Ok, a te non piace come si propone. Ma possiamo liquidare così un signore che presenta un 30enne in Piemonte come governatore e prende il 4% dei voti? E in Emilia il 7%? Secondo me no. Ma ne riparliamo dopo le prossime elezioni politiche, ok?

  11. Luca ha detto:

    Caro Federico,
    hai ragione, relativamente alle primarie ho dimenticato la parte di colpa da attribuire a chi non ha votato Marino pur condividendone teoricamente le posizioni. Va anche detto che, io mi riferisco sempre al mio “micromondo”, molti non sapessero neanche chi fosse, erano convinti che la scelta fosse solo fra Bersani e Franceschini. Fra l’altro io sono di Ferrara, quindi anche qui si è puntato tutto sulla dicotomia fra il nostro concittadino e Bersani, la terza opzione non era conosciuta. Io comunque ho votato Marino e cercato di farlo votare a tutti i delusi di sinistra come me.
    Non concordo invece sul giudizio che dai relativamente a Grillo. Come ricordato da Anellidifum0, il Movimento 5 Stelle ha eletto due consiglieri regionali in Emilia, un 29enne e un 39enne, alla prima presentazione della lista, alla prima esperienza politica e nel silenzio dei media. Probabilmente il movimento è ancora molto “grillocentrico” ma intanto infiltra facce nuove e giovani nelle istituzioni.
    Per quanto riguarda IdV i problemi sono evidenti, soprattutto nel sud ha imbarcato personaggi dubbi e riciclati. Non lo voto certo con particolare entusiasmo. Anzi, un PD che presentasse ai vertici e candidasse a ruoli importanti i vari Civati, Scalfarotto, Marino, Serracchiani lo voterei domattina. Ma al momento vedo un PD gestito da Bersani, Veltroni, Franceschini, Latorre, Letta, Fioroni, Follini, ecc ecc. Mi spiace, ma questo PD il mio voto non l’avrà. La potrai anche vedere come la logica del “tanto peggio, tanto meglio”, ma in qualche modo il PD deve voltare pagina. Se serve arrivare al 20% per farlo, allora che succeda; e lo dico dispiacendomi tantissimo per tutti quelli che si fanno il mazzo onestamente e con passione dietro le quinte.
    Sottolineo che non pretendo di avere ragione, è solo il mio punto di vista, naturalmente opinabile…

  12. dani ha detto:

    quoto luca 100%, il pd cos’ì com’è fa pena, nn è un’alternativa credibile. ma se stavolta si arrivasse sotto il 25 % allora, cari concia, scalfarotto, civati, alicata ecc. dovreste prendere atto del fatto che dall’interno il partito nn lo cambierete mai. tanto vale allora uscirne.

  13. abc ha detto:

    “Ospiti che votano Marino alle primarie e poi IdV o magari Grillo alle elezioni, una volta che si accorgono che il loro consenso di un giorno non è servito a dare alle posizioni di Marino una piena e visibile cittadinanza nell’elaborazione politica permanente del partito.”

    Oh… perfettamente d’accordo!

    Far scendere il PD sotto il 25% è l’unico modo per far contare Marino & co.? Bene, allora siamo sulla buona strada…

  14. Anellidifum0 ha detto:

    Luca, sono ufficialmente innamorato di ciò che hai scritto:

    “Non lo voto certo con particolare entusiasmo. Anzi, un PD che presentasse ai vertici e candidasse a ruoli importanti i vari Civati, Scalfarotto, Marino, Serracchiani lo voterei domattina. Ma al momento vedo un PD gestito da Bersani, Veltroni, Franceschini, Latorre, Letta, Fioroni, Follini, ecc ecc. Mi spiace, ma questo PD il mio voto non l’avrà. La potrai anche vedere come la logica del “tanto peggio, tanto meglio”, ma in qualche modo il PD deve voltare pagina. Se serve arrivare al 20% per farlo, allora che succeda; e lo dico dispiacendomi tantissimo per tutti quelli che si fanno il mazzo onestamente e con passione dietro le quinte.”

    Alla grande. Dove, per firmare?