11 Settembre 2012

Alcoa: che fare?

Lavoro

Diciamolo chiaramente: Alcoa è uno dei più fulgidi esempi di una politica industriale fallimentare. Industria pesante ad alto consumo energetico e ad alto bisogno di sussidi statali in un paradiso naturale: la meravigliosa intuizione di fare del mezzogiorno d’Italia un colosso industriale indipendentemente dalle condizioni economiche e dalla ragionevolezza. Ora pensare di trovare un acquirente che voglia fare business perdendoci, giusto per farci il favore di sostituirsi a un welfare non funzionante, mi pare veramente una sfida complessa. Il problema è che in troppe zone d’Italia investire e fare impresa non ha senso: corruzione, mancanza di infrastrutture, criminalità organizzata, fisco vessatorio e burocrazia scoraggerebbero chiunque. E così, se chiude una delle nostre numerose cattedrali nel deserto, da Taranto a Termini Imerese, l’alternativa per i lavoratori è la disperazione. Bisognerebbe fare secondo me alcune cose: introdurre urgentemente un reddito minimo di cittadinanza, legato a una condizionalità tassativa: che sia dunque concesso solo a chi effettivamente ha disponibilità alla formazione e al lavoro. Peraltro questa sarebbe la soluzione più trasparente, assai più che promettere sussidi statali a un imprenditore perché acquisisca un impianto in perdita. Poi bisogna liberalizzare e sburocratizzare da un lato e incoraggiare gli investimenti in progetti coerenti con la natura dei territori dall’altro, in modo da favorire nuove opportunità di lavoro. La sfida è farlo tenendo i conti dello Stato rigorosamente in ordine. Io credo si possa: tagliando selvaggiamente gli sprechi che tutt’ora esistono nella spesa pubblica, combattendo senza compromessi e paure l’evasione fiscale e la corruzione, e anche spostando almeno in parte il pendolo del fisco da produzione e lavoro a rendite e patrimoni.

2 risposte a “Alcoa: che fare?”

  1. idelbo ha detto:

    Condivido, Ivan, condivido!

  2. Kerub ha detto:

    reddito minimo, di cittadinanza, al sud?
    con tutti poi che si mettono in nero a fare qualsiasi cosa (come succede adesso)
    e il tutto pagato con i contributi dei lavoratori atipici ma registrati del nord…

    come volere risolvere i problemi del Ruanda con delle riforme costituzionali…

    l’unica soluzione per territori poveri dove la gente non vuole essere povera ce la stanno insegnando gli stranieri: emigrazione.