24 Novembre 2011

Sulle dimissioni di Fassina

Lavoro

Voglio intervenire sulla questione dimissioni di Fassina. Lo faccio partendo da un altro recente episodio, la mia recensione del libro di Pietro Ichino sul blog de iMille. In quel pezzo me la prendevo con Matteo Orfini, responsabile cultura del partito, colpevole ai miei occhi di aver bollato la potenziale nomina di Pietro Ichino a ministro del welfare come di una “provocazione” per il partito. Una persona minacciata di morte, dicevo nel mio pezzo, non andrebbe mai isolata dal partito: dire che la nomina di un nostro senatore sarebbe niente meno che una “provocazione” per l’intero partito significa in qualche modo dire che il partito non riconosce quel senatore come “uno di noi”, il che lo delegittima e lo isola. Questa mia osservazione mi ha attirato numerose critiche. Orfini, mi è stato detto, non ha “isolato” Ichino, lo ha semplicemente criticato e la mia osservazione sarebbe dunque stata un grave colpo sotto la cintura.

Parto da qui perché io credo che il problema tanto con Fassina che con la dichiarazione di Orfini sia questo: l’idea che ciò che è stato deciso dalla maggioranza del partito rappresenti il partito in modo istituzionale e nella sua granitica interezza. Orfini non dice che la nomina di Ichino “non è rappresentativa del partito” o “è una provocazione per la segreteria (o per la maggioranza) del partito”. No, la nomina di un ministro che sostiene una linea diversa dalla maggioranza del partito è un affronto per tutto il partito, come a dire che chi non si allinea al volere della maggioranza è in qualche modo un alieno, uno che si mette fuori dal perimetro della legittimità. Ichino con le sue tesi eretiche perde la possibilità di accedere a una carica istituzionale in rappresentanza del partito anche se le sue stesse tesi sono al centro del programma del governo che andremo a sostenere con i nostri voti in parlamento. Ichino è in minoranza, Ichino è fuori, la sua eventuale nomina sarebbe uno schiaffo non solo per la maggioranza ma per tutti, anche per chi simpatizza con le sue idee (tipo me: io credo che la nomina di Ichino sarebbe stata causa di prestigio per il partito, non certo una provocazione o uno schiaffo). E se non è isolare una persona questo, ditemi voi cos’è.

E’ lo stesso metodo che applica Fassina. Fassina è espressione di una maggioranza molto ampia e molto composita: la stessa, per dire, che ha espresso il numero 2 del partito, Enrico Letta, che certamente non la pensa come lui. Eppure le tesi di Fassina, dato che sono le tesi della maggioranza, diventano le tesi istituzionali, quelle di tutti. Memorabile, per esempio, l’adesione allo sciopero della CGIL: Fassina aderisce, quindi il Partito aderisce. Il tema è che non è così: quando Fassina attacca frontalmente ad un tempo Draghi, Monti e Ichino, Fassina esprime tesi che certamente non esprimono correttamente la sintesi delle posizioni del partito e anzi conduce il partito a pericolosissimi scricchiolii. E poi Fassina dimentica e sottovaluta che spesso ha potuto contare sul senso di responsabilità di altri: si prenda il documento sul lavoro che Ichino presentò (firmato anche da me, Morando, Salvati, Ferrera e Giaretta) alla conferenza sul lavoro di Genova sul quale espressamente non fu richiesto un voto proprio per evitare spaccature all’interno del partito. L’assenza di un voto su quel documento certamente non significò l’assenza di un consenso su quel documento.

Detto questo io non credo che la richiesta di dimissioni sia stata una buona mossa e ha fatto molto bene Ignazio Marino ieri sera a dirlo molto chiaramente, così come molto chiaramente ha detto che comunque il problema c’è e andrà risolto. Il problema riguarda però in particolare lo stesso Fassina e Bersani che alla fine è il responsabile ultimo della linea del partito.

Qui c’è un governo da sostenere e chiare indicazioni che le forze politiche che lo stanno sostenendo in modo più trasparente e leale (a partire dal PD) stanno guadagnando ampi consensi nel Paese. C’è un programma di governo che dal punto di vista economico ha certamente un’ispirazione più vicina a quella della parte liberale del partito che a quella espressa da Stefano Fassina. C’è da tenere insieme un gruppo parlamentare che dovrà con ogni probabilità votare su provvedimenti che divergono dalle deliberazioni prese (a maggioranza e in un tempo che appartiene ormai ad un’altra epoca storica) dall’assemblea del partito. La posizione metodologica di Fassina (e di Orfini) secondo cui ciò che è espressione della maggioranza è la linea unica e indiscutibile di tutto il partito (il resto sono “provocazioni”), potrebbe condurre in questo momento a pericolosi corto-circuiti anche istituzionali.

Insomma, la linea del partito si è modificata oggettivamente alla luce degli eventi delle ultime settimane. La scelta di sostenere Monti in una maggioranza tecnica per l’esecuzione del mandato (almeno in termini di obiettivi) della BCE non potrà non avere conseguenze sulle cose da fare: una cosa è predisporre un programma elettorale, una cosa è sostenere un governo del presidente (perché di questo si tratta) e farlo in modo trasparente e leale. Fassina potrebbe trovarsi ad essere il responsabile economico di una linea che non condivide appieno ma potrebbe ben scegliere di farlo ispirato dalla stessa logica che ci ha condotto a sostenere il nuovo governo. Se invece deciderà di tenersi le mani libere per poter continuare a far politica sostenendo le cose di cui è convinto io credo sarà lui stesso a trarne le conseguenze, senza che nessuno lo chieda, lo pretenda o glielo suggerisca.

8 risposte a “Sulle dimissioni di Fassina”

  1. Marco Parigi ha detto:

    ecco, però, quando dici che Orfini dice che, “la nomina di un ministro che sostiene una linea diversa dalla maggioranza del partito è un affronto per tutto il partito, come a dire che chi non si allinea al volere della maggioranza è in qualche modo un alieno, uno che si mette fuori dal perimetro della legittimità”, a me sembra che Orfini dica esattamente ciò che disse la Serracchiani (cosa che la lanciò) all’assemblea dei circoli a Franceschini, nel criticare la nomina di Dorina Bianchi alla commissione sanità. Allora tutti approvammo, perché i cattolici confessionali nn li trovavamo rappresentativi del partito. Magari ora è uguale, solo che la linea prevalente del partito in questo caso nn ci piace.

  2. Geremia Gaudino ha detto:

    Sono daccordo con l’anilisi e le riflessioni di Ivan,quello che non va nel ns.partito è il metodo di approccio alla Democrazia.Mi accorgo che gli ex comunisti considerano un fastidio da tollertare il dissenso e non una ricchezza. Presto un congresso a tesi.

  3. Alessandro ha detto:

    Aggiungo che piú di 30 anni nella posizione di Ichino si trovava un certo Giorgio Napolitano, additato delle peggiori nefandenze dai massimalisti PC… tra cui si faceva largo un rampante Massimo D’Alema…
    Insomma il PD mi ricorda sempre piú il nastro di Moebius

  4. Lorenzo M. ha detto:

    La questione “Fassina” e’ il sintomo evidente della mancanza di una linea politica chiara e trasparente del partito, oltre che l’opacita’ dei suoi meccanismi decisionali.
    Su alcuni temi, fino a ieri, quella che possiamo definire la linea Fassina e’ stata, forse, non so, parrebbe, la linea del partito. Con decisioni prese a maggioranza, e sottrarre le proprie idee al voto e’ come non averle presentate, ne’ messe in discussione: semplicemente, nel partito non ve n’e’ traccia.
    Ora, pare che qualcuno abbia deciso che la linea Fassina non e’ piu’ la linea del partito.
    Chi ha deciso, dove, come, con quali modalita’?
    In tutto questo, stiamo ancora parlando al condizionale, visto che l’azione della segreteria si presta ad una miriade di ipotesi, tutte plausibili, vista la sua vaghezza.
    Sul fatto che i sondaggi premino l’appoggio che il PD sta dando al governo Monti andrei un po’ cauto: l’unico valore dato in crescita e’ la percentuale di chi ha gia’ deciso, oggi, di non andare a votare.

  5. Filippo Filippini ha detto:

    Ottimo e condivisibile.
    Credo, per il futuro, che non sia più il tempo di “ritirare le mozioni” e far crescere,specie in assenza del babau Berlusconi a Palazzo Chigi, una vera cultura maggioritaria e di governo dentro il partito. Rispetto delle minoranze comprese, ovviamente.

  6. Francesco ha detto:

    la luna di miele tra Monti e l’Italia come avrai notato caro Ivan è già finita. avremo l’iva al 23% e l’ici per tutti, compresi gli operai che guadagnano 1000 euro al mese. di lotta all’evasione e all’elusione si è come sempre generici (si dovrebbe parlare di manette agli evasori, altrochè^) ed il PD crollerà nei sondaggi al 20%. evviva Monti! evviva Ichino!

  7. Emanuele Perugini ha detto:

    Scusate ma questa mi sembra una interpretazione veramente fuori luogo. A me sembra del tutto evidente che quando Orfini parla di provocazione nella nomina di Ichino a ministro del Welfare da parte del Presidente del Consiglio Mario Monti, reputi che l’atto di nomina in sè sia una provocazione perchè di fatto Monti, scegliendo Ichino sceglie deliberatamente una posizione che sa di non essere condivisa all’interno del Partito Democratico e quell’atto di nomina avrebbe portato alla spaccatura del Partito stesso. La dichiarazione di Orfini è infatti di quei giorni di formazione del govenro e all’intrerno di quel contesto di aggregazione di forze politiche diverse va letta. Se noi ora avessimo Ichino ministro, avremmmo certo un grave problema politico perchè in molti dentro al Pd nn condividono quella soluzione. Lo stesso vale per Fassina. Se un èpartito si esprime a seguito di una consultazione, credo che a un certo punto si possa dire che quella è la linea del partito e che almeno gli organi dirigenti e in particolare la segreteria si muovano in quella direzione. Se no stiamo a fare il partito del MA ANCHE e allora, buon lavoro a tutti…

  8. paolab ha detto:

    Totalmente condivisibile, sia per quel che riguarda l’atteggiamento degli Orfini e dei Fassina (e con l’avvertenza che la base del PD ne è piena) sia per quanto concerne l’opportunità di chiedere le dimissioni di Fassina (che c’azzecca, direbbe Di Pietro con espressione efficace e infatti Ichino, nonostante fosse il bersaglio di questa polemica, non si è unito alla richiesta). Poi però qualcuno dovrebbe finalmente tirare le somme e ammettere (perchè i tempi sono ormai maturi) che l’operazione PD ha rappresentato un’iniziativa coraggiosa e radicalmente innovatrice nel panorama asfittico della politica italiana ma si è rivelata un fallimento a causa della persistenza soverchiante nella società italiana, a sinistra ancor più che a destra, di una componente ideologica e conservatrice che esercita la sua azione in funzione della strenua difesa dell’esistente. Io non voterò più per QUESTO Partito Democratico fintanto che individui che fanno uso di squadrismo verbale come Fassina e Orfini saranno i rappresentanti ufficiali delle posizioni del Partioo.Perchè è inutile oltre che truffaldino continuare a far finta di poter tenere insieme quello che insieme non può proprio essere tenuto. P.s. mi spiace non aver potuto firmare i suoi 10 punti perchè ce ne sono un paio che proprio non mi è possibile condividere. Mantengo tuttavia nei suoi confronti tutta la considerazione che mi portò a darle il mio voto in occasione delle primarie del 2005. Un cordiale saluto