5 Gennaio 2009

Tattiche di guerra, tattiche di pace

Diario

gaza.jpgErano ebree la mia bisnonna e la mia trisavola e nella mia famiglia paterna, vissuta per quasi un secolo ad Alessandria, in Egitto, sono ancora molto presenti le impronte della cultura delle due nonne. Forse è anche per questa familiarità con la cultura ebraica che ho sempre guardato con grande simpatia a Israele e ho sempre creduto che lo stato ebraico abbia il diritto di vivere in pace e senza paura.

Questo non vuol dire essere sempre d’accordo con le scelte del governo di Tel Aviv: per quanto io non nutra nessunissima simpatia per Hamas, mi pare per esempio che i danni politici che la strategia israeliana di questi giorni (vi consiglio questo articolo del Guardian – dal titolo: “Israele ha grandi tattiche per la guerra, ma nessuna per la pace” – e questo post nel blog di Enrico Franceschini) sta producendo siano di gran lunga superiori agli eventuali benefici perseguiti dalla leadership israeliana.

E poi c’è comunque la guerra, che è sempre e comunque un fallimento, una spirale difficilissima da spezzare, con i suoi morti, i suoi feriti, con la storia delle sue vittime. Uno dei primi caduti sotto il fuoco israeliano è stato il padre del reporter dell’Independent nella striscia di Gaza, Fares Akrma: era un avvocato di 48 anni, un moderato, contrario ad Hamas. L’articolo scritto da suo figlio vale la pena, in queste ore, di essere letto: “My grief carries no desire for revenge, which I know to be always in vain. But…”.

Aggiornamento: molto interessante anche l’articolo sul Times del rabbino “liberal” Michael Lerner.

26 risposte a “Tattiche di guerra, tattiche di pace”

  1. Alphakappa ha detto:

    “Forse è anche per questa familiarità con la cultura ebraica che ho sempre guardato con grande simpatia a Israele e ho sempre creduto che lo stato ebraico abbia il diritto di vivere in pace e senza paura.”
    E’ lo stesso diritto che hanno i Palestinesi. O no? I problema Israelo-Palestinese non nasce quindici giorni fa, non un anno fa, non 10 anni fa. Nasce nell’immediato secondo dopo-guerra (nel ’48), se non ancora prima, col Sionismo di fine ‘800 e il ritorno alla Terra Promessa. Tutti hanno le proprie colpe, ma stare a discutere se sia nato prima l’uovo o la gallina, non risolve il problema.

  2. Alphakappa ha detto:

    EDIT: ovviamente dopo “gallina” non ci va la virgola! 🙂

  3. scalpha ha detto:

    “E’ lo stesso diritto che hanno i Palestinesi. O no?”
    Certamente si’. Ma appunto non volevo entrare nella dinamica uovo-gallina.

  4. scalpha ha detto:

    “E’ lo stesso diritto che hanno i Palestinesi. O no?”
    Certamente si’. Ma appunto non volevo entrare nella dinamica uovo-gallina.

  5. Elle ha detto:

    D’accordissimo. Sarebbe bello che anche il tuo compagno dei Mille Luca Sofri la pensasse così, e invece sembra che abbia un blind spot su questo argomento, almeno da quello che dice sul suo blog.

  6. Lorenzo ha detto:

    Davvero Scalfa, pensi che tra Israele e Palestina ci possa essere pace? Che i palestinesi accettino di rinunciare a metà del loro paese per sanare i sensi di colpa delle nazioni occidentali? Ma perché non lo facciamo noi italiani, se è così facile? Diamo agli israeliani il lombardo-veneto, la Campania e la Sicilia, dài!
    Come figlio e nipote di vittime della Shoah (mia madre neonata, nascosta in un orfanotrofio, rischiò la morte; suo padre morì pazzo; suo fratello si suicidò: non sono un osservatore imparziale) provo ribrezzo nei confronti di Israele. Proprio come la Germania nazista, mi sembra un regime che divide l’umanità in razze di diverso valore (sia pure con una scala diversa di valori, ma non è questo il punto) – certo, per ora nei campi di concentramento non ha utilizzato la soluzione finale. Non è una differenza da poco. Ma la Germania nazista fu lo stato criminale par excelance” e (speriamo) impareggiabile.
    Non credo che il modo migliore di onorare le vittime della Shoah sia quello di permettere agli autoproclamati eredi di quelle vittime di perpetrare un altro sterminio.
    Tu e quelli della sinistra moderata parlate sempre del diritto di Israele ad esistere. Vorrei sapere chi gliel’ha dato, questo diritto. Gli israeliani hanno diritto ad esistere, come tutti gli esseri umani: su questo non si discute.
    Ma non il loro stato assassino e criminale. E lo dice uno che potrebbe andarci a vivere, in Israele, se solo volesse accettare le categorie razziali naziste in base alle quali Israele è stato fondato.

  7. sonia ha detto:

    bizzarro come nessuno però spieghi quale era l’alternativa per Israele. A meno che non vogliamo pensare che vedersi esplodere i Qassam nel giardino di casa per qualcuno non sia un’alternativa. è tutto orribile, ma a mio avviso è vergognosa l’ipocrita levata di scudi a favore del “povero” popolo palestinese appena israele smuove le acque. la verità è che sui palestinesi ci hanno marciato tutti, a cominciare dai paesi arabi, a cominciare da fatah che ha consegnato chiavi in mano il potere ad hamas. però, bizzarramente, i cattivi sono sempre e solo gli israeliani. ripeto, quanto meno, bizzarro

  8. sonia ha detto:

    bizzarro come nessuno però spieghi quale era l’alternativa per Israele. A meno che non vogliamo pensare che vedersi esplodere i Qassam nel giardino di casa per qualcuno non sia un’alternativa. è tutto orribile, ma a mio avviso è vergognosa l’ipocrita levata di scudi a favore del “povero” popolo palestinese appena israele smuove le acque. la verità è che sui palestinesi ci hanno marciato tutti, a cominciare dai paesi arabi, a cominciare da fatah che ha consegnato chiavi in mano il potere ad hamas. però, bizzarramente, i cattivi sono sempre e solo gli israeliani. ripeto, quanto meno, bizzarro

  9. enzo lodesani ha detto:

    Personalmente ho smesso da tempo di schierarmi. Anzi credo che essere partigiani di una delle due parti significhi alimentare la logica della guerra. A sessantanni dalla nascita di Israele sostenere che gli abitanti di quel paese non possono viverci è semplicemente e tragicamente sbagliato. Purtroppo in quella terra martoriata hanno sempre vinto piccole minoranza fondamentaliste che sono riuscite ad imporre la logica delle armi. Sarebbe ora che dalla comunità internazionale venisse un forte sostegno a tutti coloro che, da una parte e dall’altra, vogliono trovare una soluzione attraverso il negoziato. Sono d’accordo che uno stato razziale è una iattura, ma questo si può superare solo se le parti decidono di poter vivere insieme sulla stessa terra.
    Basta con la guerra.

  10. malagrida ha detto:

    Anche io faccio fatica a schierarmi, la guerra è un’abominio sia che si combatta con un tecnologicissimo F16 che con uno sfigato esaltato che si riempie i pantaloni di tritolo e cerca un autobus affollato.
    E assistendo allo scempio che stanno facendo della poplazione civile palestinese è difficile farsi una ragione di umanità e logica per noi persone comuni che abbiamo la nostra piccola vita e seguiamo i nostri piccoli o grandi affari.
    Assistendo da anni a questi atti criminali (perchè altro non sono) da entrambe le parti spesso mi sono domandato “ma perchè non si riesce a metter fine a questi massacri?” e allora si leggono le mille e mille ragioni che entrambe le parti tirano in causa rivestendo i crimini di ideali alti o altissimi e con raffinati ragionamenti.
    Questa è una trappola, cari signori. Cioè è una trappola il lasciarsi invischiare dalla logica del bilancino, della conta del numero di morti da una parte e dall’altra e sperare che in questo sottilizzare si trovi la spiegazione e l’illuminazione di dove sta il bene e dove sta il male, così da potersi schierare col bene e mettersi a posto la coscienza.
    Ebbene io voglio ricordare che le guerre, tutte le guerre, dai tempi di giulio cesare a oggi non sono altro che un gigantesco immenso business per gli uomini di potere che comandano sulla terra.
    E’ per business, cioè per soldi e altro potere che le guerre vengono combattute. Business che naturalmente fanno i potenti, i Bush, i Putin, i Blair, i Kim Il Sung e via via i capetti minori comprendendo anche il Prodi e il Berlusconi con i loro affarucci. Ognuno di questi si spartisce un tanto o un poco di ‘business’ e per farlo mandano a morire gente che sono i veri perdenti della guerra.
    E le guerre iniziano per soldi e finiscono quando hanno portato abbastanza soldi ai criminali che ci comandano. Se la guerra fra Isreaeliani e Palestinesi continua da 60 anni vuole semplicemente dire che il business è davvero grosso e i capi non hanno interesse a farlo finire.
    Ci sono indizi, piccoli e sparsi qua e là che ci possono aiutare a capire in mezzo al frastuono dei cannoni e alle fanfare dei corifei che tengono per una parte o per l’altra e ce lo raccontano in diretta e non acca-24 barra-7 (24 ore su 24 e 7 giorni su 7). Ad es. su l’Unità di lunedì 5 gennaio, in mezzo agli articoli vari ce ne era uno che raccontava dell’unico prete rimasto a gaza city (che è un eroe) e questo prete, di cui ora non ricordo il nome, raccontava di aver visto feriti portati in ospedale con strane ferite mai viste prima dai medici e denunciava che gli israeliani stanno usando nuove armi.
    Eccolo il business (o una parte di esso) che manovra dietro le quinte. Armi sono uguali a soldi, armi sofisticate uguale a tantissimi soldi.
    E chi è un grande produttore di armi al mondo amico degli israeliani? Naturalmente l’America. e se si sviluppano nuove armi chi meglio degli israeliani può sperimentarle? E perchè loro sono i meglio collaudatori agli occhi degli occidentali? Perchè le nuove armi le adoperano su un popolo mediorientale, povero e depresso in un posto dove le notizie girano a fatica, soprattutto perchè gli israeliani tengono lontani i giornalisti.
    La soluzione?
    Boh…
    Forse la rivoluzione del proletariato
    o forse arrestare tutti i capi della terra per crimini di guerra. Perchè con la sola eccezione del Dalai Lama, sono tutti dei criminali di guerra.
    gassho

  11. malagrida ha detto:

    Anche io faccio fatica a schierarmi, la guerra è un’abominio sia che si combatta con un tecnologicissimo F16 che con uno sfigato esaltato che si riempie i pantaloni di tritolo e cerca un autobus affollato.
    E assistendo allo scempio che stanno facendo della poplazione civile palestinese è difficile farsi una ragione di umanità e logica per noi persone comuni che abbiamo la nostra piccola vita e seguiamo i nostri piccoli o grandi affari.
    Assistendo da anni a questi atti criminali (perchè altro non sono) da entrambe le parti spesso mi sono domandato “ma perchè non si riesce a metter fine a questi massacri?” e allora si leggono le mille e mille ragioni che entrambe le parti tirano in causa rivestendo i crimini di ideali alti o altissimi e con raffinati ragionamenti.
    Questa è una trappola, cari signori. Cioè è una trappola il lasciarsi invischiare dalla logica del bilancino, della conta del numero di morti da una parte e dall’altra e sperare che in questo sottilizzare si trovi la spiegazione e l’illuminazione di dove sta il bene e dove sta il male, così da potersi schierare col bene e mettersi a posto la coscienza.
    Ebbene io voglio ricordare che le guerre, tutte le guerre, dai tempi di giulio cesare a oggi non sono altro che un gigantesco immenso business per gli uomini di potere che comandano sulla terra.
    E’ per business, cioè per soldi e altro potere che le guerre vengono combattute. Business che naturalmente fanno i potenti, i Bush, i Putin, i Blair, i Kim Il Sung e via via i capetti minori comprendendo anche il Prodi e il Berlusconi con i loro affarucci. Ognuno di questi si spartisce un tanto o un poco di ‘business’ e per farlo mandano a morire gente che sono i veri perdenti della guerra.
    E le guerre iniziano per soldi e finiscono quando hanno portato abbastanza soldi ai criminali che ci comandano. Se la guerra fra Isreaeliani e Palestinesi continua da 60 anni vuole semplicemente dire che il business è davvero grosso e i capi non hanno interesse a farlo finire.
    Ci sono indizi, piccoli e sparsi qua e là che ci possono aiutare a capire in mezzo al frastuono dei cannoni e alle fanfare dei corifei che tengono per una parte o per l’altra e ce lo raccontano in diretta e non acca-24 barra-7 (24 ore su 24 e 7 giorni su 7). Ad es. su l’Unità di lunedì 5 gennaio, in mezzo agli articoli vari ce ne era uno che raccontava dell’unico prete rimasto a gaza city (che è un eroe) e questo prete, di cui ora non ricordo il nome, raccontava di aver visto feriti portati in ospedale con strane ferite mai viste prima dai medici e denunciava che gli israeliani stanno usando nuove armi.
    Eccolo il business (o una parte di esso) che manovra dietro le quinte. Armi sono uguali a soldi, armi sofisticate uguale a tantissimi soldi.
    E chi è un grande produttore di armi al mondo amico degli israeliani? Naturalmente l’America. e se si sviluppano nuove armi chi meglio degli israeliani può sperimentarle? E perchè loro sono i meglio collaudatori agli occhi degli occidentali? Perchè le nuove armi le adoperano su un popolo mediorientale, povero e depresso in un posto dove le notizie girano a fatica, soprattutto perchè gli israeliani tengono lontani i giornalisti.
    La soluzione?
    Boh…
    Forse la rivoluzione del proletariato
    o forse arrestare tutti i capi della terra per crimini di guerra. Perchè con la sola eccezione del Dalai Lama, sono tutti dei criminali di guerra.
    gassho

  12. malagrida ha detto:

    dimenticavo:
    un saluto affettuoso a SCALPHA. ti ho ascoltato con piacere a roma quando sei intervenuto alla campagna elettorale di corrado per il X municipio.

  13. Lorenzo ha detto:

    Chi non si schiera tra Iraele e Palestina sceglie di non scegliere, illudendosi di non essere responsabile.
    Ma è una scelta ipocrita: di fronte ad un genocidio è complice anche chi rimane neutrale.

  14. Lorenzo ha detto:

    Chi non si schiera tra Iraele e Palestina sceglie di non scegliere, illudendosi di non essere responsabile.
    Ma è una scelta ipocrita: di fronte ad un genocidio è complice anche chi rimane neutrale.

  15. malagrida ha detto:

    Lorenzo, se sapevo che non sapevi leggere ti facevo un disegno.
    Guarda, scrivo lentamente così forse puoi capire ed evitare di sparare la battuta roboante:
    è giusto schierarsi *contro* chi fa la guerra e manda la gente a morire per interesse personale, potere e denaro ed è giusto schierarsi *a favore* della gente che ci lascia la pelle e viene mandata a morire nella guerra di altri.
    Non si tratta di trincee, o di bandiere o di tribù, si tratta di strati di popolazione, si tratta di guerra fra ricchi e poveri (che sono su entrambi i fronti)
    alé

  16. Lorenzo ha detto:

    Malagrida,
    Se avessi saputo che non sai l’italiano, ti avrei regalato una Grammatica.
    Comunque stavo rispondendo a Enzo Lodesani, i tuoi post li avevo deliberatamente ignorati.
    La vita è breve, non si può perder tempo a rispondere a chi dice “La soluzione? Boh… Forse la rivoluzione del proletariato”. Uno che scrive così, si è già risposto da solo.

  17. Lorenzo ha detto:

    Malagrida,
    Se avessi saputo che non sai l’italiano, ti avrei regalato una Grammatica.
    Comunque stavo rispondendo a Enzo Lodesani, i tuoi post li avevo deliberatamente ignorati.
    La vita è breve, non si può perder tempo a rispondere a chi dice “La soluzione? Boh… Forse la rivoluzione del proletariato”. Uno che scrive così, si è già risposto da solo.

  18. enzo lodesani ha detto:

    Scusa Lorenzo con chi mi dovrei schierare? Com Hamas che rappresenta la forza più oltranzista nel negare l’esistenza di Israele e che non ha remore ad uccidere innocenti? Con i kamikaze che si fanno saltare uccidendo indiscriminatamente chiunque sia nei paraggi? Con chi in Israele continua a pensare che i palestinesi siano un bubbone da estirpare ed è disposto a tutto anche uccidendo bambini? Poi schierarsi in base a cosa? Alla conta dei morti o cercando la colpa di quello che sta accadendo? Da dove incominciamo? Dal ’48 o dalla guerra dei sei giorni? Dalla prima intifada, dai mori provocati dai kamikaze o da quelli di Sabra e Shatila? Ecco a me questo gioco non piace e, come dicevo nell’altro post , credo che porti solo alimento agli oltranzisti presenti in entrambe le parti. Io mi schiero per la pace, sostenere una delle parti serve solo a chi vuole la guerra.

  19. enzo lodesani ha detto:

    Scusa Lorenzo con chi mi dovrei schierare? Com Hamas che rappresenta la forza più oltranzista nel negare l’esistenza di Israele e che non ha remore ad uccidere innocenti? Con i kamikaze che si fanno saltare uccidendo indiscriminatamente chiunque sia nei paraggi? Con chi in Israele continua a pensare che i palestinesi siano un bubbone da estirpare ed è disposto a tutto anche uccidendo bambini? Poi schierarsi in base a cosa? Alla conta dei morti o cercando la colpa di quello che sta accadendo? Da dove incominciamo? Dal ’48 o dalla guerra dei sei giorni? Dalla prima intifada, dai mori provocati dai kamikaze o da quelli di Sabra e Shatila? Ecco a me questo gioco non piace e, come dicevo nell’altro post , credo che porti solo alimento agli oltranzisti presenti in entrambe le parti. Io mi schiero per la pace, sostenere una delle parti serve solo a chi vuole la guerra.

  20. piergiorgio ha detto:

    Sicuramente io mi schiero contro hamas. Perchè hamas fa parte del problema, non delle soluzioni.
    Ci sono gruppi, partiti, fazioni, movimenti, chiamateli come volete, politici che strutturalmente hanno la loro ragione d’essere nella guerra, non nella pace: questo vale per hamas. Hamas nasce contro l’equilibrio e non può vivere se non contro l’equilibrio (e mi riferisco a tutto il sistema del mediooriente: non per niente sono sostenuti dall’iran la cui dirigenza politica persegue disegni di modifica a proprio vantaggio degli attuali equilibri medioorientali). Come dimostra il fatto che mai finora abbia apertemente e chiaramente riconosciuto il diritto ad esistere dello stato di israele. E come, per l’ennesima volta, ha dimostrato innescando questa crisi con la sua deliberata rottura della tregua.
    Purtroppo la tragedia è che i palestinesi li hanno votati quelli di hamas. Come spesso è avvenuto il popolo palestinese è vittima incolpevole della classe dirigente che si è scelto o si è trovato ad avere.
    Tuttavia non si può per questo riconoscere ad hamas la stessa legittimazione che usualmente daremmo ad un governo eletto di una democrazia occidentale: non basta certo il voto a fare una democrazia!
    Primo, per i palestinesi non c’è una libera informazione, mancano tutte le strutture di una vera democrazia (diritti civili e di libertà, situazione di polizia, giustizia ecc.) e prima ancora, con la drammatica povertà, mancano le condizioni materiali perchè si possa formare una larga base popolare politicamente consapevole. La propaganda dei poteri interessati ad alimentare lo scontro, è sovrana, e d’altronde facilmente trova sempre facile eco date le tristi vicende di fatto. In breve il popolo palestinese è immerso in uno stato di emergenza continua che non consente lo sviluppo di condizioni realmente democratiche.
    Secondo, come appena detto, il popolo palestinese è oppresso da una situazione di guerra “eterna” e può costruirsi un avvenire di vera vita democratica solo, per l’appunto, uscendo da questa condizione emergenziale: pertanto non può rconoscersi nessuna legittimazione a qualunque gruppo politico palestinese che si ponga fuori dalle condizioni minime necessarie, secondo il principio di realtà, per una prospettiva di pace. Anche lo votassero il 100% dei palestinesi. E hamas, come ho detto sopra, non rispetta questo requisito, perciò non ha nessuna legittimazione ed è dovere delle democrazie occidentali, dell’europa e del nostro paese, adoperarsi, nei limiti del possibile, per far sì che i palestinesi possano liberarsi da questa leadership.
    Ciò detto, serve, a questo scopo, la decisione israeliana? E ci sono le condizioni favorevoli in questo momento? Si può davvero pensare di far fuori quella dirigenza politica con la forza delle armi? con la sola opzione militare?
    Perchè naturalmente anche il governo israeliano non deve raccontarci balle: questo è il solo scopo determinante che sorregge l’operazione. I lanci dei razzi kassam certamente sono una provocazione, certamente sono un attacco alla sicurezza dello stato di israele e una violazione della sua integrità territoriale che legittima, in linea di principio, una reazione militare, ma è anche vero che, data la sproporzione delle forze, israele, pur col sacrificio di un qualche rischio calcolato per la sua popolazione, poteva anche limitarsi, per il momento, a cercare di controllare la situazione (difese antimissile, sfollamenti dei civili dalle zone esposte, raid solo contro le basi e postazioni ecc.). In verità la decisione di questo tipo di reazione, come d’altronde parzialmente ammesso, mira ad eliminare o fiaccare il potere di hamas, ed ha senso solo per questo scopo.
    Scopo giusto, come ho detto. Ma il mezzo?
    Ho forti dubbi.

  21. Leo perutz ha detto:

    Se questa fosse una guerra canonica sarebbe assai facile schierarsi e sarebbe facile riconoscere il valore e la necessarieta’ delle vittime che essa lascia sul campo. Se Hamas fosse paragonabile in tutto e per tutto ad un regime sanguinario che minaccia la pace e la stabilita’ di una regione e che stringe i palestinesi in una morsa dispotica e tirannica, sarebbe gioco-forza comprendere la necessita’ di una risposta militare totale. Ma e’ dal 1982 che il conflitto arabo-israeliano ha completamente cessato di essere un conflitto convenzionale e guarda caso e’ dal 1982 che le risposte “esclusivamente militari” di Israele non hanno fatto altro, sul lungo termine, che accrescere la instabilita’, complicare lo scenario e ridurre la deterrenza del suo stesso apparato.
    Nessuno puo’ schierarsi dalla parte di Hamas, nessuno puo’ giustificare non solo la sua azione terroristica ma nemmeno la sua stessa esistenza politica, eppure nessuno puo’ riconoscere che l’ azione puramente chirurgica che Israele ha intrapreso, ancora una volta, portera’ ad un miglioramento e riuscira’ ad estirpare un cancro che si’ e’ diffuso capillarmente in una societa’ piccola, collassata e compressa da fenomeni di estrema criticita’ come quella di Gaza. Come scrive anche l’articolista inglese , sara’ sufficiente che Hamas, al termine della tempesta di fuoco israeliana, sia in grado di lanciare un solo polveroso e impreciso missile contro Israele, per vincere politicamente e strategicamente il confronto.
    E’ finito il tempo delle condanne ed e’ trascorso il tempo delle scelte di campo basate esclusivamente sui valori e sulla conta delle vittime. Io scelgo di stare dalla parte di chi il problema lo vuole e lo puo’ risolvere e se questo non puo’ essere certo la Hamas assassina e sanguinaria, non lo e’ nemmeno la leadership israeliana che in 26 anni di conflitto non tradizionale, non e’ riuscita ad aggiornare strategie e a proporne di nuove.

  22. Lorenzo ha detto:

    Come al solito, molti si sciaquano la bocca con nobili parole, e poi fanno i pesci-in-barile.
    I palestinesi non hanno un altro posto al mondo dove andare. Gli israeliani sì. La terra d’Israele non è più loro. Come non è romana Colonia che pure lo era appena milleseicento anni fa, non è araba la Spagna anche se lo era meno di un millennio fa (Granada poi, quasi cinquecento anni!), non è italiana la Dalmazia e non è armena la Turchia nordorientale, che lo erano anche meno di un secolo fa.
    L’ONU non aveva il diritto di togliere la palestina ai palestinesi per darla ad un altro popolo, sia pure un popolo vittima di un crimine senza pari nella storia dell’umanità.
    Chi non riconosce questo fatto, per quanto sgradevole, continuando a parlare di un’impossibile compromesso tra torto e ragione, è il vero complice delle due organizzazioni terroristiche: Hamas da una parte, e il governo di Israele dall’altra.
    Io non sto con l’una né con l’altra, ma sto con le uniche vittime senza scelta di questo conflitto: i palestinesi. Gli israeliani che sono morti avevano scelto di emigrare in Israele. Per loro provo molta pena (anche mia cugina vive in Israele ora!), ma non erano senza colpa, visto che avevano deciso di rubare le terre di un altro popolo. Chi ruba, sa di correre il rischio che il derubato reagisca.

  23. Lorenzo ha detto:

    Come al solito, molti si sciaquano la bocca con nobili parole, e poi fanno i pesci-in-barile.
    I palestinesi non hanno un altro posto al mondo dove andare. Gli israeliani sì. La terra d’Israele non è più loro. Come non è romana Colonia che pure lo era appena milleseicento anni fa, non è araba la Spagna anche se lo era meno di un millennio fa (Granada poi, quasi cinquecento anni!), non è italiana la Dalmazia e non è armena la Turchia nordorientale, che lo erano anche meno di un secolo fa.
    L’ONU non aveva il diritto di togliere la palestina ai palestinesi per darla ad un altro popolo, sia pure un popolo vittima di un crimine senza pari nella storia dell’umanità.
    Chi non riconosce questo fatto, per quanto sgradevole, continuando a parlare di un’impossibile compromesso tra torto e ragione, è il vero complice delle due organizzazioni terroristiche: Hamas da una parte, e il governo di Israele dall’altra.
    Io non sto con l’una né con l’altra, ma sto con le uniche vittime senza scelta di questo conflitto: i palestinesi. Gli israeliani che sono morti avevano scelto di emigrare in Israele. Per loro provo molta pena (anche mia cugina vive in Israele ora!), ma non erano senza colpa, visto che avevano deciso di rubare le terre di un altro popolo. Chi ruba, sa di correre il rischio che il derubato reagisca.

  24. piergiorgio ha detto:

    Scusa Lorenzo, ma mi pare che ti contraddici in termini. Da un lato ambiresti a legittimare la tua opinione con un presunto realismo storico “…come non è romana Colonia, non è più araba la Spagna…ecc.”.
    Ma dall’altro sei proprio tu che invece ti metti fuori dalla storia e dalla realtà: “La terra d’Israele non è più loro”.
    Forse ti sono sfuggiti gli ultimi 60 anni?
    Di fatto la terra d’israele, proprio come Colonia è tedesca e la Spagna è spagnola, ora è proprio loro: degli israeliani. Semmai il tuo discorso andrebbe bene per i palestinesi: la terra di israele non è più loro (in gran parte).
    Ormai anche il sionismo con tutte le sue numerose e intricatissime vicende è storia. Come storia è quella dello Stato di Israele, delle varie guerre arabo-israeliane ecc.
    Ignorare questa storia e questo dato di fatto consolidato, e tutte le immani conseguenze politiche per l’equilibrio dell’intero mondo, che gli vanno dietro, scusami, ma equivale ad essere (o perlomeno a sembrare) un pò…fuori di testa.
    In verità dietro le tue parole si legge in filigrana tutta una polemica anti-sionista che con la storia, i fatti, il realismo e sopratutto con le ragioni OGGI di una buona e saggia politica internazionale, non ha nulla a che vedere. Si tratta invece di una risentita polemica moralista contro fantasmi del passato (la terra che non è più la loro=degli ebrei, nel senso, vuoi dire, che non dovevano sentirla tale, visto che invece nei fatti oggi è loro, il furto perpetrato contro i palestinesi ecc. ecc.). Polemica moralista in cui con un furore degno di un DeMaistre ti spingi ad immaginare colpevoli i morti israeliani perchè immigrando lì…se la sono andata a cercare!! (e i milioni di persone ormai nati lì da generazioni? colpevoli perchè…le colpe dei padri ricadono sui figli naturalmente! quanti illiberali e conservatori mancati a sinistra! non per niente ogni tanto qualcuno finisce come Ferrara).
    Ora, a prescindere da una ricostruzione storica della nascita di Israele meno moraleggiante, perchè non si può dare di tutta quella complessa vicenda una rappresentazione così riduzionista come quella tua del “furto” che, com’è evidente, con quell’evocazione emotiva del concetto di “proprietà” vorrebbe cercare semplicisticamente di traslare sul piano della storia di popoli e nazioni situazioni proprie del piano privato ( basti pensare, tanto per dirne una, che quando cominciarono ad arrivare gli ebrei quella terra non “era” dei palestinesi,semmai era protettorato brittanico, e prima ancora nemmeno visto che c’era la dominazione turca ossia dell’Impero Ottomano ecc. ecc. ma lasciamo stare perchè appunto sarebbe una storia lunga e complessa), ebbene a prescindere da questo, anche se fosse accettabile (e come detto non lo è) la tua visione di come è nato Israele, sta di fatto che queste sono cose di 60 anni fa. Non si torna indietro, non si possono rimettere indietro le lancette della storia; non possiamo e, sopratutto non dobbiamo.
    Morale è (cercare di) fare il bene. Moralismo è pretendere di distribuire torti, ragioni, colpe e di sanzionarli, magari facendo catastrofi.
    Oggi nessuno può seriamente mettere in discussione il diritto all’esistenza dello Stato di israele. E nemmeno gli stressi palestinesi, almeno nelle componenti politiche più moderate lo fanno. Poi ci sono le frange estremiste che si abbeverano della guerra, dell’odio e dello scontro appunto ma questo è un altro discorso.
    Quanto all’ occidente e a noi pensare di eliminare dal mediooriente Israele, unico stato democratico (con tutti i suoi limiti e difetti come del resto tutte le democrazie) dell’area sarebbe assurdo.

  25. piergiorgio ha detto:

    Scusa Lorenzo, ma mi pare che ti contraddici in termini. Da un lato ambiresti a legittimare la tua opinione con un presunto realismo storico “…come non è romana Colonia, non è più araba la Spagna…ecc.”.
    Ma dall’altro sei proprio tu che invece ti metti fuori dalla storia e dalla realtà: “La terra d’Israele non è più loro”.
    Forse ti sono sfuggiti gli ultimi 60 anni?
    Di fatto la terra d’israele, proprio come Colonia è tedesca e la Spagna è spagnola, ora è proprio loro: degli israeliani. Semmai il tuo discorso andrebbe bene per i palestinesi: la terra di israele non è più loro (in gran parte).
    Ormai anche il sionismo con tutte le sue numerose e intricatissime vicende è storia. Come storia è quella dello Stato di Israele, delle varie guerre arabo-israeliane ecc.
    Ignorare questa storia e questo dato di fatto consolidato, e tutte le immani conseguenze politiche per l’equilibrio dell’intero mondo, che gli vanno dietro, scusami, ma equivale ad essere (o perlomeno a sembrare) un pò…fuori di testa.
    In verità dietro le tue parole si legge in filigrana tutta una polemica anti-sionista che con la storia, i fatti, il realismo e sopratutto con le ragioni OGGI di una buona e saggia politica internazionale, non ha nulla a che vedere. Si tratta invece di una risentita polemica moralista contro fantasmi del passato (la terra che non è più la loro=degli ebrei, nel senso, vuoi dire, che non dovevano sentirla tale, visto che invece nei fatti oggi è loro, il furto perpetrato contro i palestinesi ecc. ecc.). Polemica moralista in cui con un furore degno di un DeMaistre ti spingi ad immaginare colpevoli i morti israeliani perchè immigrando lì…se la sono andata a cercare!! (e i milioni di persone ormai nati lì da generazioni? colpevoli perchè…le colpe dei padri ricadono sui figli naturalmente! quanti illiberali e conservatori mancati a sinistra! non per niente ogni tanto qualcuno finisce come Ferrara).
    Ora, a prescindere da una ricostruzione storica della nascita di Israele meno moraleggiante, perchè non si può dare di tutta quella complessa vicenda una rappresentazione così riduzionista come quella tua del “furto” che, com’è evidente, con quell’evocazione emotiva del concetto di “proprietà” vorrebbe cercare semplicisticamente di traslare sul piano della storia di popoli e nazioni situazioni proprie del piano privato ( basti pensare, tanto per dirne una, che quando cominciarono ad arrivare gli ebrei quella terra non “era” dei palestinesi,semmai era protettorato brittanico, e prima ancora nemmeno visto che c’era la dominazione turca ossia dell’Impero Ottomano ecc. ecc. ma lasciamo stare perchè appunto sarebbe una storia lunga e complessa), ebbene a prescindere da questo, anche se fosse accettabile (e come detto non lo è) la tua visione di come è nato Israele, sta di fatto che queste sono cose di 60 anni fa. Non si torna indietro, non si possono rimettere indietro le lancette della storia; non possiamo e, sopratutto non dobbiamo.
    Morale è (cercare di) fare il bene. Moralismo è pretendere di distribuire torti, ragioni, colpe e di sanzionarli, magari facendo catastrofi.
    Oggi nessuno può seriamente mettere in discussione il diritto all’esistenza dello Stato di israele. E nemmeno gli stressi palestinesi, almeno nelle componenti politiche più moderate lo fanno. Poi ci sono le frange estremiste che si abbeverano della guerra, dell’odio e dello scontro appunto ma questo è un altro discorso.
    Quanto all’ occidente e a noi pensare di eliminare dal mediooriente Israele, unico stato democratico (con tutti i suoi limiti e difetti come del resto tutte le democrazie) dell’area sarebbe assurdo.

  26. Francesco Cocco ha detto:

    Gaza, è l’ora delle trattative
    – Allora, nel bagno c’infiliamo mia nonna e mio zio.
    – E i miei fratelli?
    – Nel corridoio umanitario
    – Va bene, ma se le cose vanno male, la cima della fossa è la mia.
    – D’accordo. Convoca i giornalisti.
    http://www.brioches.ilcannocchiale.it