8 Ottobre 2007

Italiano chi?

Cervelli in fuga, Diario, Meritocrazia

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“E’ italiano il premio Nobel per la medicina”, titola a caratteri cubitali il Corriere della Sera. Peccato che al Nobel non siano per niente d’accordo: Mario R. Capecchi è USA.
Come tanti di noi, italiani per nascita e accolti dal mondo che ci ha fatti crescere, lavorare e avere successo sulla base dei nostri soli meriti, e garantendoci i mezzi adeguati per farlo.
(Grazie a Raoul Minetti per la segnalazione)

18 risposte a “Italiano chi?”

  1. riccardo da parigi ha detto:

    L’ho sentito parlare ora intervistato dal TG1 … in inglese! in italiano ho detto solo “arrivederci, italia bella”.
    Insomma è americano, la madre americana (deportata a Dachau) e ha studiato sempre in USA … insomma un’appropriazione indebita molto più di Giacconi, Dulbecco e altri che almeno avevano (come noi) studiato in Italia ….

  2. francescoQQ ha detto:

    Caro Ivan
    non tergiversare e non parlare d’altro…..sei candidato nella lista che sostiene Veltroni…..tra pochi giorni si vota….cosa dice il Vostro candidato alla segreteria del PD in tema di eutanasia, testamento biologico, libertà di ricerca scientifica, ricerca sulle cellule staminali embrionali, su che farne degli embrioni sovranumerari, ma anche sul matrimonio omosessuale o le unioni civili e la legalizzazione delle droghe?

  3. raoul ha detto:

    FrancescoQQ
    parlare d’altro??? ma che stai a di’??? Leggi la motivazione del premio nobel prima di parlare
    http://nobelprize.org/nobel_prizes/medicine/laureates/2007/
    Il Professor Capecchi e’ uno dei pionieri dello studio delle cellule staminali embrionali. Che dici, e’ un caso che lavori negli USA e non in Italia? Se questo non e’ parlare di libertà di ricerca scientifica, ricerca sulle cellule staminali embrionali, cosa e’ allora? Scusa, ma non ti viene il dubbio che sia meglio far palare i fatti invece che sparare proclami?

  4. cfdp ha detto:

    Devo dire che, nel corso della giornata, i giornali italiani online sono stati piuttosto oscillanti sulla nazionalità di Capecchi…
    http://treviso.typepad.com/dallapasqua/2007/10/un-nobel-italia.html

  5. scalpha ha detto:

    Caro francescoQQ,
    1. Le mie posizioni sui temi che sollevi sono arcinote e sono state la mia piattaforma elettorale nel 2005.
    2. I motivi per i quali sostengo Veltroni nonostante io sia decisamente più “a sinistra” di lui su questi temi – ma non su molti altri – sono facilmente reperibili su questo blog.
    3. E, soprattutto, l’agenda di questo blog, se non ti dispiace, la decido io. Non considerare questa mia risposta al tuo OT un precedente per il futuro.
    Ciao e grazie,
    Ivan

  6. Anellidifumo ha detto:

    Probabilmente hai conquistato il voto di QQ… o forse no. 😉

  7. Canarino Manaro ha detto:

    Veltroni dice che ci vuole una cura shock x il debito pubblico italiano che, effettivamente, fa paura!
    Perché nonsi vende la RAi e si usano le risorse per ripianare il debito?
    Come servizio pubblico si possono usare RAISAT e/o RAINEWS
    Tra l’altro visti i tempi per una simile operazione probabilmente si arriverebbe alla cessione giusto in tempo per quando si dovrebbe (finalmente) mandare tutto su satellite.
    Sia chiaro che comprendo come la proposta sia irrealizzabile… figurati se i partiti potrebbero vendere la loro gallina dalle uova d’oro. Soprattutto dopo aver già messo in cantiere la vendita di Alitalia!!!
    Però il PD potrebbe almeno proporlo, se non il PD almeno uno dei candidati, se non uno dei candidati cmq qualcun’altro… se l’idea comincia a circolare magari prima o poi si concretizza. 🙂
    Ciao Ivan, sempre in gamba

  8. Filippo ha detto:

    oh Ivan, é si Capecchi é statunitense per cultura e per formazione.
    poi ai media italiani piace dondolare gli italiani nel sogno del “genio italico”
    i cui sforzi vengono ricompensati.
    genio italico a parte pare che l’utlima volta che un medico italiano ha vinto un nobel per il lavoro fatto in italia risalga al
    1906.
    accipicchia quanta strada ha fatto la meritocrazia italiana in un secolo!
    eppur le corporazioni italiche non se ne curano (“che me ne frega del nobel! basta che io conservo la mia cattedra per me e per i miei scagnozzi”) e la barca va a fondo…

  9. Filippo ha detto:

    Ivan,
    segnalo che il Nobel in Fisica é stato vinto in coppia da un francese e da un tedesco,
    i quali vivono, lavorano ed insegnano nel loro paese.
    http://www.liberation.fr/actualite/monde/283486.FR.php
    Passiamo al sodo: Prima che accadda una cosa del genere ad un italiano (tipo vinca un Nobel, vivendo e lavorando nello Stivale) quanti decenni dovranno passare?
    Le corporazioni italiche continueranno a non battare ciglio (“che me ne frega ! basta che io o ed i miei scagnozzi, etc.”)
    Avanti Coraggio!

  10. Lorenzo ha detto:

    Caro Ivan, cari tutti,
    Piccola notizia dalle pagine locali della Repubblica di Bari di ieri: con i fondi per il rientro dei cervelli in fuga, un professore italiano associato (mi pare di neurochirurgia) ad Harvard è stato chiamato all’università di Bari. Come associato.
    Il professore aveva chiesto di poter venire a Bari come professore ordinario, ma gli si è risposto nisba: Harvard o Bari, non c’è mica differenza: un professore associato deve restare associato. La legge “quasi” lo imponeva, ha commentato il preside (che vuol dire quel “quasi”?).
    Quando sento queste cose, mi viene da pensare che sarebbe bello abolire il valore legale dei titoli di studio anche in Italia, così le Facoltà sarebbero costrette a competere per aggiudicarsi chi fa ricerca, chi sa insegnare, chi sa fare bene il suo mestiere, invece di compiere questi soprusi di sapore irrimediabilmente provinciale.
    Certo, forse nel giro di dieci anni sparirebbero tutte le università del sud Italia a parte Napoli, Bari, e forse Palermo… ma forse sarebbe meglio così.

  11. riccardo da parigi ha detto:

    @lorenzo
    o magari al professore associato di harvard gli proponevano un posto di ricercatore (perché il sistema della coda quasi lo impone e già insomma che questo arriva dagli usa e vuole scavalcare tutti i poveri baresi ….) e per le famiglie dei baronetti non c’è bisogno manco della laurea (che tanto sono cultori della materia che respirano a casa fin da piccini ….).
    E le università del sud non sparirebbero (perché comunque non tutti possono e vogliono andare nelle università del centro-nord) ma sarebbero ancora peggio di come sono ora …

  12. Filippo ha detto:

    @ Riccardo:
    a parte il discusso rimedio , cocordiamo tutti sullo stato pietoso della ricerca nel nostro paese e dell’assoluta assenza di una qualsivoglia forma di meritocrazia, no?
    Fino a prova contraria sono gli italiani che vanno in Francia, Uk, USA e financo in Spagna e non viceversa. Se un giorno saranno i francesi o meglio gli americani a sgomitare per venire da noi a fare ricerca ed a insegnare vorrà dire che qualcosa sarà cambiato.

  13. riccardo da parigi ha detto:

    @filippo
    appunto, pensa se ai ricercatori che hanno studiato e lavorato all’estero non riconoscessimo neanche lo studio e lavoro fatto ! non è “liberalizzando” che si risolve il problema, anzi! tanto un pezzo di carta ce l’hanno tutti, de facto già il valore legale è una cosa solo di facciata. Finché ci sarà chi in Italia lavora gratis e aspetta tranquillo il suo turno (salvo ribellarsi se qualcuno da fuori prova solo a “passargli avanti”) cambiare leggi e regolamenti non serve a nulla.

  14. Lorenzo ha detto:

    Cari tutti, può anche darsi che senza il sistema peggiorerebbe. Ma se si riducessero drasticamente i finanziamenti pubblici, le università dovrebbero andare a cercare finanziamenti dai privati. E i privati finanziano chi dà loro un ritorno di immagine, non il primo cretino che passa.
    Dunque, l’università di Bologna avrebbe più fondi rispetto a quella di Matera, del tutto giustamente da un punto di vista del mercato. Le università migliori dovrebbero avere la possibilità di mettere il numero chiuso in tutte le facoltà (magari sulla base della valutazione del curriculum, non di una prova così incosistente e facilmente modificabile com’è ora il test d’ingresso), e gli studenti scartati andrebbero nelle università di serie B, se proprio vogliono fare l’università.
    Naturalmente, questo sistema funzionerebbe solo se esistessero incentivi per gli studenti meritevoli, e non si adatta ad una visione socialdemocratica del sistema-paese, che però mi sembra nessuno oggi proponga, in Italia. L’egualitarismo è stato sepolto con il XX secolo, che ci piaccia o no.

  15. riccardo da parigi ha detto:

    lorenzo, io che lavoro in una università (straniera ma pubblica) sono francamente obbrobriato dal futuro che proponi.
    Guarda che nel mondo la socialdemocrazia e il socialismo non sono per niente sepolti, per fortuna.
    E neanche in italia, anche se non va di moda.
    E i privati finanziano cosa, le università della moda, del marketing, della tv …. ovvero tutto ciò che può procurare soldi a corta distanza. Tanto per devastare ancora di più il nostro sistema che almeno per ora produce laureati di ottimo livello come formazione (puoi guardare qui per un recente appello di “scienziati” recentemente assunti all’estero).

  16. Filippo (NL) ha detto:

    socialdemocrazia e socialismo sepolti nel mondo? ma quando mai… in Italia sono stati sepolti da Craxi, bonta’ sua.
    Per la questione universitaria, cambiare l’univ da sola non basta se non viene fornita una contropartita sul mercato del lavoro. Far diventare l’universita’ dura e selettiva quando in italia e’ inesistente il mercato del lavoro specializzato -siamo il paese del far le cose a meta’, un po’ alla carlona- serve solo ad allontare tutti dall’universita’ e basta, a parte i figli di papa’: che mi frega di rompermi il culo per imparare un mestiere se poi sul mercato del lavoro mi pagano come un burocrate che ha la meta’ della mia professionalita’ se non peggio?

  17. guido ha detto:

    Ragazzi, la ragione per cui i ricercatori vanno all’estero è anche che il loro lavoro in Italia vale meno. Vale meno perché il sistema economico è cosi inefficiente che non riuscirebbe a impiegare competitivamente una ricerca di base ben fatta. Quindi quest’ultima vale poco nulla. All’estero, diversamente, il settore pubblico (la difesa USA ad es.) ed il settore privato (le società Internet nordiche o USA) sono più flessibili ed efficienti e riescono a usare la ricerca e quindi a monte la finanziano. E i ricercatori sono “ricercati”.. ahah. Quindi la soluzione è fare in modo che le aziende siano più produttive e flessibili.

  18. Alessandro ha detto:

    Il prossimo Nobel italiano sarà con tutta probabilità molto molto vicino nel tempo. Il prossimo anno, o fra qualche anno al massimo. E sarà veramente italiano, di tradizione anche molto antica. Sarà Giacomo Rizzolatti di Parma (ma friulano, eh eh), per la scoperta dei mirror neurons (1996 nell’area F5 della scimmia), oppure Maffei di Pisa per gli studi sulla matrice extracellulare e le concorrenti scoperte sulla plasticità neuronale. Entrambi han sempre vissuto e lavorato in Italia. Certo è che provengono da una scuola italiana di medicina, in particolare di neurologia, molto prestigiosa, basti pensare a Moruzzi. In sintesi, sono il prodotto finale di un’ottima pianta. Forse le considerazioni fatte sin qui dagli altri bloggers si applicano di più all’Italia degli scienziati nati e cresciuti professionalmente negli ultimi 20 anni.
    Ma anche così non generalizzerei.