25 Luglio 2007

I ragazzi italiani – Riccardo Brenna

Cervelli in fuga

Nelle ultime settimane, ho notato che il dibattito fra gli ormai numerosi candidati alla guida del PD si è focalizzato sul “futuro”. “Garantire un futuro alle nuove generazioni”, “Dare un speranza ai futuri Italiani”, “I giovani sono il problema dell’Italia” etc. Leggendo articoli e dichiarazioni, ho quindi l’impressione che se ne parli molto, ma con poche soluzioni pratiche. E, come scriveva John-Maynard Keynes: “Nel lungo periodo (il futuro) saremo tutti morti”…


Ovviamente, un ruolo cruciale lo gioca quanto il sistema Paese aiuta i suoi cittadini a costruirsi un futuro o, all’opposto, li imprigiona in una serie infinita di regole che rendono tutto questo molto difficile. Ho appena finito di leggere “Doing business in 2006”, un rapporto del OECD (Organisation for Economic Cooperation and Development) che analizza quanto i governi aiutino la creazione di un ambiente competitivo e di opportunità per i suoi cittadini. Astraendo per un attimo dall’impostazione liberista del OECD, i fatti sembrano parlare chiaro.
Un paio di esempi. In termini di occupazione, l’Italia è uno dei paesi peggiori per quello che concernono i costi per assumere una persona (e licenziarla) e in termini di rigidità delle ore di lavoro. Il fatto che questo dato probabilmente non tenga conto dei noti abusi che avvengono all’ombra del precariato, rende la situazione ancora più difficile per i giovani. Dal lato imprenditoriale, le cose non vanno molto meglio in molte aree. Una nota sorprendente è che l’Italia arrivi quasi sempre ultima con riguardo a procedure e tempi per importare ed esportare merci. Vista la nota figura retorica del piccolo imprenditore del Nord Est alla conquista del mondo, ho trovato questo fatto molto interessante…
Di conseguenza, non sono sorpreso che, nella classifica mondiale dei paesi più competitivi stilata dall’Institute for Managment Development per il 2007 (una fonte molto rispettata nel business), l’Italia si piazza 42esima su 55 Paesi. Le cause individuate di tale “performance” sono le rigidità del sistema Italia, la difficoltà di innovare il sistema produttivo, il debito pubblico e il sistema pensionistico bloccato, la mancanza di competenze – intellettuali e professionali – per essere pronti alle sfide della globalizzazione.
Tornando all’ OECD, il rapporto 2007 sull’Italia sembra riproporre la stessa analisi. Necessità di creare un ambiente veramente competitivo, riduzione dell’intervento pubblico nel settore delle imprese, sopprimere l’eccesso di regolamentazione e burocrazia per creare nuove attività produttive, rendere l’accesso alle professioni più libero, stimolare la competizione fra le banche, rivedere la life expectancy come criterio per riformare il sistema pensionistico.
Ora ritorniamo ai “ragazzi” e pensiamo alle parole usate da questi istituti internazionali per descrivere il sistema Italia. “Rigidità”, “procedure complicate”, “innovazione lenta”, “mancanza di competenze”, “regolamentazione eccessiva”, “burocrazia lenta”, “difficile accesso”. Il tutto sembra descrivere il sistema Italia come un collo di bottiglia che lascia passare sempre meno nuova linfa vitale.
La mia deduzione – magari avventurosa – è che dare più forza alle generazioni più giovani non sia solamente una richiesta da libro Cuore, ma una fondamentale necessità per rilanciare il nostro Paese. Ma, purtroppo, ho la percezione che per i candidati alla guida del PD, il “Largo ai Giovani” sia più una parola d’ordine che la percezione di un vero problema. Speriamo che nelle prossime settimane di “campagna elettorale” le cose cambino!

Una risposta a “I ragazzi italiani – Riccardo Brenna”

  1. Roberto Bandini ha detto:

    Grande Keynes…
    A me sembra che in generale ognuno pensi ai cavolacci o al portafoglio suo cercando sempre di metterlo in tasca all’altro e facendo le cose sempre così come vengono, parlando tanto, combinando poco e via dicendo.
    I cervelli in fuga non ci sarebbero se avessero degli stipendi adeguati a ciò che fanno e che conoscono e al mazzo che si sono fatti.
    Tolto il fatto che un ricercatore in genere lo è perchè ama veramente quello che studia e ama veramente magari trovare la soluzione a un problema che affligge tutti in maniera seria, io continuo a chiedermi perchè certa gente che magari scopre cose che saranno utili a tutti e miglioreranno la nostra vita risolvendo problemi gravi, deve essere pagata due lire mentre un calciatore guadagna cifre che loro non vedranno nemmeno se vivessero 3 o 4 vite.
    Voglio dire, saranno punti di vista sciocchi e banali, però con i milioni di euro che si prendono calciatori e non, come dire certa gente e che alla fine non servono a niente in confronto a risolvere una malattia o a portare avanti la tecnologia, allora dico di tutti quei soldi basterebbe prenderne il 10% e darlo alla ricerca, all’università o a tappare spese eccessive per cose come assumere e licenziare persone o altre tasse che possono bloccare la crescita di aziende.
    Come si può pretendere di stimolare una società dove è premiato quello che tira calci al pallone e spupazza la ragazza che si fa vedere ballettare mezza nuda in tv mentre chi ha veramente cervello, capacità, nobiltà d’animo e risolve problemi per tutti viene trattato come un pinco pallino comunque senza nessun merito.
    La gente e il sistema deve cambiare in generale.
    Non dico che l’italiano non debba più essere italiano ed avere le sue caratteristiche, ma comunque ormai si va verso il 2010, magari un po’ più di cervello farebbe comodo senza tirare tutti l’acqua al proprio mulino dicendo tante belle cose e basta.