25 Febbraio 2006

Google stavolta si ribella

Massmedia

Il motore di ricerca Google dice no al dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti. La compagnia di Mountain View ha formalmente rifiutato di fornire al governo le informazioni sulle ricerche effettuate in rete dai propri utenti. Le ragioni del rifiuto sono contenute in documento ufficiale di 25 pagine, in cui si afferma che la richiesta del governo viola la privacy degli utenti e inoltre può rivelare segreti ai rivali. Lo disputa tra Google e il governo americano era nata verso la fine di gennaio, quando il dipartimento di giustizia aveva preteso di visionare i registri settimanali delle ricerche nell’ambito di un’indagine sulla pornografia infantile in rete. Richieste analoghe erano state rivolte anche ad altri colossi informatici come Microsoft, Yahoo e Aol.
Con il documento odierno Google rende dunque ufficiale il proprio diniego. Inoltre la compagnia di Mountain View spiega che le informazioni pretese dal governo non avrebbero alcuna utilità nelle indagini contro la pedofilia in internet. Infatti, sostiene Google, dietro ogni ricerca effettuata in rete c’è un algoritmo che cambia di volta in volta. Ciò vuol dire che digitando uno stesso termine nella barra delle ricerche – anche dopo un breve periodo di tempo – non si ha accesso agli stessi risultati ottenuti con una ricerca precedente.
Con tono duro e molto critico Google fa anche sapere di non credere al governo quando questo dichiara di voler fare delle indagini con scopi positivi. “Queste affermazioni – si legge nel documento – sono talmente poco corrette da apparire prive di senso”. Eppoi – aggiunge il motore di ricerca – sarebbe necessario troppo tempo per compilare una lista con i dati richiesti.
La querelle tra Google e il governo americano è stata seguita anche dall’associazione per i diritti civili Aclu (American Civil Liberties Union). I suoi legali hanno sottolineato che “questa ingiunzione è solo l’ultimo esempio della prepotenza del governo, che chiaramente crede di poter avere accesso a qualunque tipo di informazione solo affermando di averne bisogno”. Il caso potrebbe però essere risolto il 13 marzo, quando una corte sarà chiamata a emettere il proprio giudizio sulla disputa.
La risposta di Google a ogni ingerenza del governo è strategica nella battaglia per la difesa della libertà in rete. Va detto, però, che l’atteggiamento assunto dall’azienda contro il governo Usa è in forte contraddizione con il comportamento assunto invece in Cina. Lì il colosso informatico ha preferito adottare un codice di autocensura: una misura grazie alla quale il motore di ricerca cerca di diffondersi anche sull’enorme mercato orientale, senza però arrivare allo scontro diretto con le autorità cinesi.
(Fonte: Repubblica.it, 20 febbraio 2006)