27 Dicembre 2005

Il lavoro precario e le promesse di Berlusconi

Giovani

La riforma «Biagi» lodata dal governo fa precipitare il lavoro stabile. Scendono dal 58 al 49% gli impieghi fissi, salgono dal 29 al 38% le assunzioni a tempo
Modesta crescita dei posti di lavoro, flessione del tasso di occupazione, grosso calo delle offerte di rapporti a tempo indeterminato e boom del lavoro precario. Questi gli aspetti salienti del rapporto Cnel 2004 sul mercato del lavoro italiano: bloccato dal ministro Marzano per circa due mesi, ieri è stato presentato in sordina. La legge 30 non ci fa affatto una bella figura. …..La quota di impieghi a tempo indeterminato scende al 49,9%: in sostanza, meno di metà dei posti offerti è permanente. Il dato è inferiore di quasi 10 punti rispetto alle previsioni 2004, pari al 58,4%. Crescono le assunzioni a termine: i contratti a tempo determinato salgono dal 29,2% al 37,9% del totale. Insomma: è vero che attualmente il lavoro a tempo indeterminato è superiore rispetto a quello a termine (circa il 90% contro il 10%), ma è anche vero che l’offerta di posti è ormai arrivata a un 50% fisso contro un’altrettanta metà a termine.
(Fonte: il Manifesto, 22 dicembre 2005)
Il 16 dicembre l’Istat ha reso note le stime sul lavoro nero nel più totale silenzio della stampa, specializzata e non. Eppure numerosi ed interessanti sono i dati e significative le riflessioni che potrebbero accompagnarli. Prima di tutto il lavoro irregolare cresce per quantità e soprattutto per «centralità»: si riducono cioè tra il 2001 e il 2004 il numero delle posizioni lavorative di breve durata (i cosiddetti «lavoretti») e i «doppi lavori», cioè quel lavoro nero fatto accanto a lavori regolari (tipico più di una fase di abbondanza e di crescita). Se consideriamo poi che più del 75% del nero si trova nel terziario……tra il 2003 e il 2004 vi sarebbe stata una crescita … di più di 150 mila persone fisiche. Cioè delle persone che materialmente sono prive di contratti regolari di lavoro.
Aggiungiamo poi che tra gli stranieri non residenti vi è stato dal 2001 al 2003, per effetto della sanatoria, un calo di più di 500 mila lavoratori irregolari (da 665 mila a 149.700, e il dato è sotto stimato se pensiamo che per la Caritas sono almeno 800 mila gli immigrati clandestini) e il quadro è completo: la tendenza dell’economia italiana ad immergersi riguarderebbe centinaia di migliaia di persone solo negli ultimi due anni. Come se nei passati 24 mesi un intero settore come la ceramica o il tessile si fosse completamente sommerso.………..In questi dati vi è forse la cifra più significativa della scarsa qualità del sistema produttivo italiano, fatto di un terziario sempre più povero che, quando riassorbe l’occupazione in eccedenza di altri settori (a partire dall’industria), lo fa attraverso lavori irregolari. Sia chiaro: in questo processo vi è anche il peso di una congiuntura economica negativa che ha spinto sempre di più su un lavoro nero scelto come strategia di sopravvivenza, attraverso una riduzione sistematica del costo del lavoro. E’ evidente comunque il fallimento del Governo che ha scelto proprio la strategia delle riduzione dei diritti e quindi dei costi per favorire fenomeni di emersione (si vedano per tutte le norme della legge 383/01 e soprattutto la legge 30), quando invece altre erano e sono le vie per favorire l’emersione. Perché più conveniente del lavoro nero (fino a quando ci si fa) non vi è nulla.
(Fonte: il Manifesto, 22 dicembre 2005)
Questi dati, apparsi in sordina sulla stampa, si prestano a commenti di vario tipo. Visto che la campagna elettorale è alle porte, gioverà ricordare che una larga parte del consenso dell’attuale maggioranza deriva dal voto, spesso ingenuo, di chi si era illuso che le promesse solenni del Contratto con gli Italiani firmato dal signor Berlusconi nello studio televisivo di Bruno Vespa sarebbero state mantenute. La promessa n.4, infatti, recita testualmente: “Dimezzamento dell’attuale tasso di disoccupazione con la creazione di almeno un milione e mezzo di nuovi posti di lavoro”, senza specificare, naturalmente, se part-time, al nero, a tempo determinato ecc…..Un impegno di questo genere, su un tema così scottante, avrà sicuramente indotto molti giovani sprovveduti, ma soprattutto genitori e nonni apprensivi, ad affidarsi alle cure di Berlusconi. Ahimè, la realtà si è mostrata ben diversa dal sogno! Secondo Eurostat, infatti, il tasso ufficiale di disoccupazione in Italia è in costante calo a partire dal 1996 (avvento del centrosinistra al Governo) e, dal 1996 al 2001 scende dall’11.7 al 9.6%. Se la matematica non è un’opinione, la metà di 9.6 vale 4.8%: tanto è il tasso di disoccupazione promesso dopo 5 anni di cura Berlusconi. Purtroppo, i dati ISTAT danno il tasso di disoccupazione italiano nel 2005 fermo al 7.5%, ben lontano da quanto promesso. Un altro dato fornito dall’ISTAT è poi di grande interesse: nel secondo trimestre 2005 il numero delle persone in cerca di occupazione è risultato pari a 1.837.000 unità, in flessione del 4,5 per cento (-86.000 unità) rispetto allo stesso periodo del 2004. Secondo l’ISTAT, a ciò ha verosimilmente contribuito la rinuncia a intraprendere concrete azioni di ricerca soprattutto da parte della componente femminile del Mezzogiorno. Per quanto riguarda la crescita dei posti di lavoro nel quinquennio, invece, questa è attribuibile in massima parte alla regolarizzazone di immigrati ex-clandestini. Se a questi dati si aggiungono quelli sulla precarietà dei nuovi posti e sulla loro irregolarità, la situazione non appare affatto rosea. In un quadro di questo tipo, come sempre, ad essere più penalizzati sono i giovani, che si affacciano sul mercato del lavoro e le donne, facilmente ricattabili, a causa dei loro carichi familiari. Per loro, la scelta di un lavoro precario, malpagato e senza diritti è sempre più spesso obbligata.
Emilia Giorgetti