20 Agosto 2016

Il popolo di Hande Kader

Attualità, Democrazia, Diritti, Mondo

Per come la vedo io, la celebre frase di Bertolt Brecht (nel suo Galileo) “Sventurato quel popolo che ha bisogno di eroi” non ha l’intenzione di sminuire o denigrare gli eroi, ma al contrario di sottolineare come i popoli veramente liberi non dovrebbero avere bisogno di figure “esemplari”. Di sicuro il reciproco è impossibile. Non esistono eroi che non abbiano bisogno di un popolo. Qual è, dov’è allora il popolo di Hande Kader, la giovane attivista turca per i diritti LGBT brutalmente trucidata alla periferia di Istanbul?

Non possiamo dire di averla conosciuta: è stata un’icona, un lampo improvviso nelle selve intricate dell’impero dei segni. Le foto che la ritraggono, bella e appassionata, mentre un poliziotto la porta via dopo la proibizione, a giugno dell’anno scorso, del gay pride nella grande città sul Bosforo. Non la più importante, ma nemmeno l’ultima, delle preoccupazioni per i diritti umani suscitate negli ultimi anni, e vieppiù negli ultimi mesi, dal colosso mediorientale.

Domani una manifestazione, che mi auguro estremamente partecipata e non violenta, chiederà ad Istanbul giustizia e verità per questa giovane persona transessuale, il cui omicidio segue un altro orrendo episodio di cronaca, la decapitazione di un rifugiato gay siriano. L’ipotesi che la morte di Hande abbia un movente omofobo è al momento un tremendo e robustissimo sospetto; ma appare comunque veramente molto remota l’ipotesi che la sua condizione, la sua rivendicazione di dignità, il suo orgoglio di ciò che era ed aveva scelto di rendere palese, non siano il movente dei suoi assassini.

Hande Kader è dunque l’eroina di una minoranza emarginata ed oppressa, la cui discriminazione tocca nel mondo orientale, islamico e non, livelli di particolare intollerabilità? Certamente. Ma è molto di più: è una vittima dell’odio che ha sfidato, della libertà che ha difeso, della civiltà che ha testimoniato. È l’eroina di un’idea, di una cultura, di una storia della quale dovremmo sentirci partecipi in tanti, senz’altro più di quanti, domani, sfileranno ad Istanbul in persona o con il cuore.

L’impressione è che nella società italiana non si sia ancora pronti ad accettare che Hande Kader sia della stessa categoria di Jo Cox, che nella cella turca in cui quel poliziotto l’avrà probabilmente condotta c’erano Nelson Mandela e Sandro Pertini e Antonio Gramsci ed altre migliaia di persone i cui nomi abbiamo dimenticato ma che sono la nostra radice, la nostra storia e la nostra sostanza.

Domani a Istanbul non sfilerà soltanto la comunità LGBT, proprio come a Selma, dietro Martin Luther King, non sfilavano soltanto i “negri”: non si tratta, ora come allora, di un rigagnolo laterale ed episodico della battaglia universale, ubiqua e perenne per i diritti umani. Siamo invece al centro di quel grande e limpido fiume. Dove si chiede giustizia e verità per una ragazza assassinata, ma anche dignità e parola per coloro che si vorrebbero nascosti e silenti.