19 Agosto 2016

La bizzarra lettera di alcune associazioni LGBT alla Sindaca Raggi

Appunti, Associazioni, Attualità, Diritti, Laicità, Politica italiana

Se c’è una cosa che a mio avviso ha fortemente indebolito il movimento LGBT italiano e che ha dunque condizionato, allungandone moltissimo i tempi, il cammino verso i pari diritti delle persone gay e lesbiche in Italia è stato il collateralismo delle associazioni nei confronti di alcuni partiti e forze politiche.

Nel mondo anglosassone il movimento LGBT lavora come una specie di sindacato, a tutela degli interessi dei propri rappresentati, e dunque senza essere portatore di una piattaforma politica generale che sia qualificabile come quella di una delle parti politiche. Ci sono gay di destra e gay di sinistra, si lavora per tutti e ovviamente non ci si mette un cappello ideologico in testa, per non indebolire le proprie posizioni negoziali: se infatti ti avvicini a una parte, perdi di credibilità con la parte avversaria e contemporaneamente di indipendenza nei confronti della parte da cui ti sei fatto adottare.

In Italia, invece, il movimento gay ha sempre avuto un taglio ideologico ed è sempre stato schierato con l’opposizione al governo, segnatamente con l’opposizione di sinistra. In particolare con il PCI e partiti eredi, PDS-DS e Rifondazione comunista, eleggendo anche in quelle liste alcuni dei propri dirigenti in Parlamento.

Al Pride molti si sentono in dovere di andarci con la kefiah, per segnalare la propria vicinanza alla lotta del popolo palestinese, anche se poi sanno benissimo che molti di coloro che partecipano alla sfilata faranno il biglietto aereo per andare anche al Pride di Tel Aviv, che è uno dei più festosi del pianeta e l’unico che si tiene in quella regione del mondo.

La destra italiana è decisamente omofoba, e questo potrebbe spiegare la situazione, ma vero è anche che la sinistra italiana ha sempre gestito le questioni omosessuali in modo molto pigro sapendo di non avere nessuna concorrenza dall’altra parte e che per un gay italiano la scelta di sinistra era in qualche modo una scelta obbligata.

Oggi che il partito principale erede della sinistra non è più all’opposizione, ma al governo, una parte del movimento sente evidentemente che è arrivato il tempo di cambiare sponda politica, pur di poter restare all’opposizione e conservare quel tratto ideologico e antagonista che lo ha sempre caratterizzato.

E così una parte del movimento sceglie di rivolgersi al Movimento 5Stelle. Abbiamo visto un presidente di Arcigay diventare assessore a Torino e più di recente, solo qualche giorno fa, un documento che mi ha lasciato davvero interdetto: la lettera aperta, firmata da una serie di associazioni della galassia LGBT – rilevo subito che tra i gruppi firmatari non appaiono né Arcigay né Arcilesbica – e destinata alla Sindaca di Roma, Virginia Raggi.

Roma è in questo momento tra le ultime grandi città a non aver ancora celebrato un’unione civile. Un fatto serio e grave che le associazioni firmatarie sottolineano nella loro lettera: “Questa scelta ribadisce un fatto: Roma sarà molto probabilmente l’ultima tra le grandi città a celebrare le unioni civili. Torino, Palermo, Napoli, Bologna, Milano e molti altri grandi comuni si sono già mossi dando dimostrazione di ‘volerci essere’ e al più presto dalla parte dei diritti civili. Sono tante le persone che aspettano da anni di potersi unire e tutelare i propri affetti; un esempio per tutti: Margherita, a Milano, era malata terminale ed è morta subito dopo essersi unita alla compagna, potendole così lasciare i propri averi. Cosa sarebbe successo se si fosse trovata a Roma? Quello che è successo per decenni?”

Ma qual è la conseguenza di questo fatto politico serio e grave? Cosa fanno dunque queste associazioni? Contestano? Protestano? Si arrabbiano e minacciano sfracelli a tutela dei diritti nella Capitale? Convocano un raduno di piazza come quello che fu convocato in piazza del Pantheon (non certo per festeggiare) dopo l’approvazione della Legge Cirinnà? No, il contrario. Le associazioni chiedono in modo sussiegoso, politicamente e direi anche psicologicamente subalterno, a Virginia Raggi “che Roma si metta alla testa di un grande movimento di città e sindaci italiani per il matrimonio egualitario, come hanno fatto i sindaci americani di «Mayors for the Freedom to Marry»”.

Ora: per quale motivo Virginia Raggi dovrebbe mettersi alla testa di un siffatto movimento, posto che non sta nemmeno applicando una legge dello Stato perfettamente vigente, nessuno lo sa e le associazioni firmatarie di questa bizzarra lettera certamente non lo spiegano. Le associazioni si guardano bene anche dal pretendere di ottenere una spiegazione da parte della Sindaca Raggi delle posizioni del suo partito, che – vale la pena ricordarlo – ha fortemente combattuto l’approvazione della Legge 76/2016: boicottandola al Senato e privandola dei voti che sarebbero stati necessari per la “stpechild adoption”, cercando poi di rimandarla in tutti i modi al Senato durante la discussione alla Camera, e prendendone le distanze in tutti i modi con le più svariate dichiarazioni dei componenti del Direttorio.

Insomma, le associazioni non prendono carta e penna per chiedere, per fare un esempio, a Beppe Sala e al Comune di Milano di assumere la leadership dei sindaci italiani. Non lo chiedono a uno come Sala che ha da subito celebrato le prime unioni, con tanto di fascia tricolore, nella stessa sala di Palazzo Reale destinata ai matrimoni (sala che ora ha addirittura cambiato ufficialmente di nomi in “sala per le celebrazioni dei matrimoni e delle unioni civili”). Non lo chiedono a lui, esponente di una giunta che fa capo a un partito che su questa legge ha messo tutta la propria credibilità, fino all’uso di un voto di fiducia del governo, per la rapida approvazione della legge. Lo chiedono alla prima cittadina di un Comune sin qui inadempiente, e il cui partito non ha – coerentemente – mosso un dito in direzione della parità dei diritti delle persone LGBT e delle loro famiglie in Italia.

Un omosessuale italiano ha secondo me tutti i diritti di chiedersi a questo punto chi e cosa difendano queste associazioni. Se la loro agenda sia basata esclusivamente sulla conquista dei diritti per le persone LGBT o su quale altra priorità. Cosa fa preferire Virginia Raggi e 5Stelle a Beppe Sala e al Partito Democratico, agli occhi di queste associazioni? Cosa fa dei primi partner più affidabili dei secondi? Se da un lato ci sono dei risultati tangibili e concreti e dall’altro degli atteggiamenti oggettivamente contrari ai diritti delle persone che queste associazioni dicono di rappresentare, quale interesse si difende dialogando e sostenendo non chi ha approvato la legge in Parlamento e già la applica concretamente, ma con chi la legge l’ha combattuta e a tutt’oggi, nei fatti, la tiene sospesa?