29 Luglio 2009

Strano il mio destino

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E ora che se ne fanno di me, che non parlo decentemente nessun dialetto?

9 risposte a “Strano il mio destino”

  1. Saverio Fulci ha detto:

    beh, una volta si diceva che l’italiano è il dialetto del toscano.
    Io dico che l’italiano è un dialetto permanente a seconda dell’epoca e del luogo.
    i modenesi dicono che i reggiani parlano in dialetto. Lo stesso i casertani dei napoletani.
    Insomma…. tutti parliamo in dialetto

  2. piergiorgio ha detto:

    I dialetti sono spesso bellissime lingue. Il romano mi piace e leggere il Belli è una delizia, il napoletano lo adoro: come non apprezzare la lingua di Edoardo o di Totò? il bresciano (sono di Brescia) pure ha le sue espressioni riuscite..; e che dire della parlata toscana? piacevolissima…tanto che dopo 2,3 giorni di Toscana comincio anch’o ad aspirare le c…
    Il problema non è certo il dialetto in sé.
    Il problema, sempre più evidente, è l’idea identitaria quale strumento per una politica di chiusura conservatrice della società: l’identità come recinto in cui chiudersi, come barriera protettiva da ogni cambiamento.
    Non (pluralità delle) identità come ricchezza culturale a cui attingere liberamente secondo i propri desideri e talenti.
    Ma identità come ideologia dell’omologazione conservatrice: “Noi siamo così, e così dobbiamo essere sempre, sempre tutti uguali così; chi è diverso da Noi non è più uno di Noi”.
    ‘E una nuova versione dell’ ideologia del dio,patria,famiglia col paesello al posto della ormai ingombrante patria nazionale.
    Mi è capitato fra le mani per caso un libro sulla didattica della storia…(ormai per me quello che avviene nella scuola è ignoto come un buco nero dato che l’ho lasciata ahimé da un pò, ma non ho figli)…bè a leggere le direttive ministeriali risalenti all’ultimo governo berlusconi c’era da rabbrividire…tutto un continuo accento sull’uso ideologico della storia a fini identitari…invece che coltivare la materia come palestra di apertura mentale.
    manco ci facciamo caso a certe cose..- chi se lo immagina?- .e invece guarda tu che roba!
    Così adesso qua a un livello più scoperto e macroscopico.
    Gli effetti funesti dell’era Bush in Italia continuano…

  3. Giovanni ha detto:

    eh eh, Ivan, magari non lo sai e parli un raffinato dialetto italo-londinese :)))

  4. Alessio Borsotti ha detto:

    abbiamo fatto il funerale al dialetto ( piacentino nel mio caso ) molti anni fà….non voglio resuscitare un morto!
    portare avanti la propria cultura/identità non deve portare ad orribili esami di stato! l’Italia e italiano contano ancora qualcosa oppure bisogna ritornare allo spezzatino feudale?

    fraterni saluti
    Alessio Borsotti
    per un nuovo Risorgimento!

  5. Giovanni Punzo ha detto:

    Molti hanno colto esattemente nel segno: quando occorre ‘fare un esame’ per dimostrare la conoscenza vuol dire che la cultura in questiione è ‘già’ morta e si tratta di gran bella contraddizione interna perchè significa esaltare un modello ‘codificato’ che in realtà non esiste.
    Nella cosiddetta ex Yugoslavia (Bosnia e Kosovo) ne ho viste di tutti i colori e purtroppo bisogna ammettere che è cominciata anche così, da cose insignificanti. Attualmente le lingue del dopo guerra, nel nome della tradizione nazionale-etnica rinata , sono più artificiali di quanto fosse stata l’unificazione del serbo-croato voluta da Tito.
    Anche in questo caso ancora una volta salta fuori che da noi non esiste un’identità nazionale degna di questo nome. Senza una precisa identità nazionale però é difficile pensare e muoversi. Senza identità non si capisce nemmeno chi è l’altro con cui intrattenere rapporti: un turista da spennare o un possibile partner commerciale, un povero disgraziato che chiede aiuto o un delinquente che cerca di venire a rubare non sono la stessa cosa solo perchè ‘stranieri’.
    Il passo è insomma pericoloso. Se però la posizione della Lega è talmente assurda da risultare impossibile, attenti a quella ministeriale che con finta ragionevolezza alla fine sarà la peggiore…
    Scusate se sono stato troppo lungo. GP

  6. Zanna Bianca ha detto:

    Come sempre la Lega abbia sollevato in termini paradossali e rozzi un bisogno concreto.
    Al nord il problema della continuità amministrativa è un dato oggettivo.
    Ci sono tanti posti pubblici strategici per la p.a. come gli infermieri, i cancellieri, i professori ed i presidi occupati da personale vincitore di concorso di origine meridionale.
    Costoro rimangono al nord il tempo necessario ad avere quell’anzianità minima per chiedere il trasferimento nella medesima p.a. del sud.
    Va da se che un turn over così esasperato non produce quella continuità amministrativa necessaria perchè il sistema funzioni; problema ancor più sentito nella scuola, in cui la chiusura di un ciclo scolastico diventa indispensabile per la buona riuscita dell’apprendimento.
    Basterebbe bloccare il turn over automatico ed inserire un obbligo di permanenza nello stesso posto in cui si è vincitori di concorso per almeno 10 anni.
    Dare una risposta concreta a queste che sono esigenze concrete delle famiglie medio basse del nord Italia è indispensabile per un partito che perde centinaia di migliaia di voti.
    Continuare a rubricare quelle della Lega come delle semplici battute da bar, ridendo sotto i baffi come si fa nei salotti della Dandini o di fabio Fazio, contribuirà ancora di più ad allontanare gli elettori del nord dal PD a favore della Lega.

  7. Zanna Bianca ha detto:

    Ripeto il pimo capoverso e scusate per l’errore:
    “Come sempre la Lega ha sollevato in termini paradossali e rozzi un bisogno concreto.”

  8. Alessio Borsotti ha detto:

    Caro Zanna Bianca,

    condivido( basta aprire delle finestre per casi particolari ) :
    “Basterebbe bloccare il turn over automatico ed inserire un obbligo di permanenza nello stesso posto in cui si è vincitori di concorso per almeno 10 anni.”

    i partiti politici parlano di tutto…quasi mai di politica…mai di soluzioni concretamente democratiche!

    fraterni saluti
    Alessio Borsotti

    imparare un dialetto cosa puo’ fare? solamente ridere…;)

  9. Leo Perutz ha detto:

    Se c’e’ un flusso e un riflusso costante di personale della p.a. meridionale verso i posti liberi del nord significa che:

    1. le persone che vivono al nord tendono a non saturare i posti vacanti nella p.a. lasciando un eccesso di capacita’ occupazionale.

    2. al sud la p.a., espandendosi in modo forse patologico, rimane sempre nella condizione di offrire occupazione e di allocare in termini brevi le persone che tendono a ritornare.

    Poiche’ i vincoli sono antipatici (e forse anche difficili da imporre in termini giuridici) e stimolano la fantasia di chi li vuole aggirare, sarebbe piu’ semplice ed economicamente virtuoso, bloccare le valvole dei flussi a valle, al sud, sia in ingresso, riducendo la capacita’ infinita di assorbimento degli uffici pubblici del sud, sia in uscita, garantendo possibilita’ occupazionali diversificate a chi nella p.a. vede l’unica possibilita’ di impiegare il proprio pezzo di carta.

    Comunque non mi sembra che la Lega, che certamente conosce il territorio e i problemi della popolazione, discuta in termini di “esigenze delle famiglie medie” davanti ai vuoti della p.a. A me sembra piuttosto che parli di cultura e di rispetto delle tradizioni. Quindi, non nascondiamoci dietro ad un dito, e’ il problema della identita’ culturale quello che la Lega intercetta presso gli elettori, non quello del professore di latino che dopo 1 anno a Pavia se ne torna ad Agrigento. E se ne parla la Lega in questi termini esemplificati (che creano oggettivamente disgusto) vuol dire che il fenomeno esiste in termini altrettanto esemplificati. Ovvero e’ latente o piu’ o meno coscente nell’elettorato il problema della identita’ regionale e della minaccia ad essa portata dai flussi migratori.
    Cosa vuol dire?
    Vuol dire che l’emorragia di voti al Nord non la blocchi costringendo il prof a rimanere a Pavia ma risolvendo il problema nuovo ed antico della sua presenza, percepita come “disturbo” o “minaccia” e della sua integrazione. Perche’ in tutte le parti del mondo le persone tendono irrimediabilmente a spostarsi verso dove si vive meglio (quindi dove c’e’ lavoro) e a rimanere, almeno sino al termine del ciclo lavorativo, … se si trovano bene (*).

    Saluti.

    (*) Vabbe’, Scalfarotto e’ un caso isolato e non fa statistica!