28 Giugno 2009

Ivan, al Lingotto

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Le mie conclusioni, ieri, al Lingotto.

C’è un’Italia che esiste, concreta e tangibile, e che pure sfugge completamente al racconto che di questo paese fanno la politica e i media. Tornare a parlare di questa Italia, e farlo disegnando l’Italia che verrà, guardando con occhi “contemporanei” alla realtà che ci circonda: è stato questo l’obiettivo che ci ha condotti a Piombino e poi fino all’assemblea di oggi, qui a Torino.

Quello di narrare l’Italia di oggi, con un racconto ampio e accogliente, vero e libero dagli stereotipi, e di farlo con gli occhi coraggiosi e trasparenti di chi vive senza disagi la condizione di cittadino del proprio tempo.

Ci siamo ritrovati come gruppo e vi abbiamo invitati qui, oggi, con la promessa di provare a prendere posizioni nette e comprensibili sul nostro Paese, ad assumerci la responsabilità chiara delle nostre posizioni, a condividere apertamente le nostre finalità, a non ricorrere ad interpretazioni bizantine della realtà per piegare i dati di fatto alle nostre opinioni o ai nostri desiderata.

E abbiamo scoperto e discusso di un’Italia diversa, un’Italia che già esiste oggi ma che desideriamo diventi l’orizzonte di domani. Davanti ad una politica che a stento riesce a reagire davanti alle emergenze ci siamo proposti di lavorare per una politica che veda e costruisca un futuro: non un’idea di futuro vaga ed eventuale, ma il futuro quello fatto dei giorni e degli anni che verranno. Com’è fatta, davvero, l’Italia di oggi? E come vogliamo che sia nel 2020?

Crediamo che la politica abbia la precisa responsabilità di raccontarci un orizzonte, crediamo che qualcuno in questo Paese debba cominciare a spiegare agli italiani non solo come uscire da questa profonda crisi economica ma anche come immaginare il nostro sistema produttivo nel 2020; non solo parlare di barconi pieni di disperati ma di raccontarci l’Italia dei tanti bambini di tutti i colori che riempiono le nostre scuole elementari e che saranno l’Italia multiculturale del 2020; non solo di risolvere la ricorrente crisi per il gas con la Russia che capita ogni mese di gennaio e che ad ogni mese di marzo chiudiamo in un cassetto, ma di spiegarci come intendiamo produrre energia e opportunità in modo più lungimirante e pulito da qui al 2020.

Non lo fa il centro-destra, e come potrebbe, ma non lo ha fatto nemmeno il Partito Democratico, ed è precisamente questa la richiesta che io credo esca da questa sala del Lingotto, quest’oggi, a due anni precisi da quel discorso che ci aveva uniti, che ci aveva convinti e commossi, che aveva coinvolto tanti di noi e tantissimi fuori dal Partito. La richiesta di un partito nuovo, di un ciclo politico nuovo, e non solo di un nuovo partito.

Non sono d’accordo con chi minimizza la sconfitta elettorale: abbiamo perso quattro milioni di voti; abbiamo riportato un risultato tragicamente negativo in tutto il nord e in Lombardia, che include la perdita della Provincia di Milano che ci esclude da tutti i livelli di governo nella città più europea d’Italia, nonostante l’imbarazzante livello delle giunte Formigoni e Moratti; abbiamo registrato una flessione pesante anche in regioni storicamente amiche, dove continuiamo a vincere nei posti in cui la presenza e il peso della politica ce lo consentono ma perdiamo in storiche roccaforti come Prato, caratterizzati da una più forte presenza imprenditoriale e da temi sociali scottanti come quello dell’immigrazione.

Dirò di più: credo che questa sconfitta elettorale segna la vittoria finale nel ciclo storico che volge alla fine, quello cominciato nel 1994, di Silvio Berlusconi e del suo progetto culturale e politico.

Un progetto tristemente negativo, che ha destabilizzato pesantemente il nostro tessuto sociale e il nostro assetto istituzionale, ma che ha caratterizzato in modo indelebile questo quindicennio – in termini di comunicazione, di linguaggio, di stile, di agenda politica – anche nei periodi nei quali abbiamo governato. Anche quando abbiamo governato, la nostra azione politica non ha avuto la capacità e lo smalto di lasciare l’impronta sull’immagine di un paese che comunque era e restava – e così veniva chiaramente percepita all’estero – l’Italia di Berlusconi. Un paese sempre più invecchiato, ripiegato su se stesso, povero di iniziativa e poco incline a rischiare, un Paese sempre meno coraggioso e fiducioso.

Eppure se c’è una strada per provare a far ripartire questo nostro Paese, se c’è una possibilità per restituire una speranza all’Italia, se c’è uno strumento, questo è il Partito Democratico. Meglio, questa è l’idea del Partito Democratico, l’idea che nacque proprio qui, in questa sala, due anni fa.

“Il Partito Democratico è un viaggio che non è mai per davvero incominciato”, diceva la breve lettera che ha fatto nascere la “Carovana del PD”. Un viaggio partito da Milano e che ha toccato tante città d’Italia: da Genova a Foggia, da Torino a Cremona, da Bari a Rimini, da Ravenna a Treviso, alla riscoperta delle ragioni e delle motivazioni del Partito Democratico fatto con Pippo Civati e tanti altri compagni di strada.

Da ogni tappa della Carovana, da ogni riunione, da ogni discussione, il messaggio raccolto è stato sempre lo stesso. Dobbiamo fare del PD un partito esemplare. L’unica possibilità di tornare a governare l’Italia ci pare sia proprio questa, quella di sparigliare le carte e offrire al Paese lo schema di un partito e di un’Italia radicalmente alternativi e più convincenti nella sostanza del partito e dell’Italia di Berlusconi.

In primo luogo ci aspettiamo un Partito Democratico che sia Democratico davvero.

Un partito come il nostro non deve avere paura delle differenze. Non è democratico eleggere il segretario con una maggioranza schiacciante ma solo formale, una maggioranza che copre divisioni profonde ma destinate ad essere regolate in privato, davanti ad un caminetto al quale sono invitati solo pochi notabili, sempre gli stessi. Siamo qui per dire che vogliamo discutere delle nostre differenze e considerarle non una minaccia, ma come un’opportunità per confrontarsi, ed imparare. E poi decidere chi ha vinto e chi ha perso, contribuendo tutti costruttivamente a fare in modo che chi ha vinto governi e risponda dei risultati del proprio agire politico. Questa volta abbiamo più candidati, vogliamo avere più candidati, e vigileremo che tutto non si risolva in un’altra falsa unanimità per nascondere e ridurre il dibattito nel partito.

Un Partito veramente democratico è anche un partito che discute, decide, e poi accetta ed esegue quello che si è democraticamente deciso insieme. Anche questo è ciò che ci aspettiamo dal Congresso di ottobre. Il PD è stato spesso dipinto come un partito diviso e lacerato, pensate a quanta fatica abbiamo fatto a prendere una posizione, per esempio, sul testamento biologico. Ma eravamo poi davvero così lacerati, o si trattava solo della differenza di vedute tra dirigenti? Questo non possiamo saperlo, dato che nessuno ha mai sentito i nostri iscritti, i nostri militanti. Il sospetto è che questo paese sia molto più avanti e che su questi temi, assai impropriamente definiti etici dato che hanno a che fare con i diritti della persona, il partito sia molto meno diviso di quanto dicano i battibecchi tra dirigenti sui giornali. Ma il congresso è benvenuto anche per questo, perché potremo parlarci, e scoprire che questo partito è molto più unito di quello che si vuol far credere.

Noi vogliamo un partito contendibile. Tutti parlano di ricambio, tutti parlano di rinnovamento, ma nessun ricambio e nessun rinnovamento saranno mai possibili fino a quando le norme e le regole procedurali saranno disegnate con l’obiettivo di rendere il più difficile possibile il rinnovamento della leadership. Noi crediamo che il partito debba essere forte, ma aperto. Che debba essere solido e ben organizzato, ma non in mano alla burocrazia. E il regolamento approvato ieri in Direzione Nazionale, diciamolo con chiarezza, va assolutamente in senso contrario.

Noi vogliamo un partito che non contrappone i suoi iscritti ai suoi elettori, per l’ovvio ma non scontato motivo che l’interesse principale di entrambi dovrebbe essere vincere le elezioni, governare il Paese e fare leggi migliori per rendere migliore la vita dei cittadini. Non si tratta di inutili discussioni sulla forma partito, ma si tratta semplicemente di comprendere che l’elettore – e nessun altro – è l’unico soggetto al quale dobbiamo rendere conto, l’unico soggetto verso il quale abbiamo una responsabilità finale. E’ l’elettore che dobbiamo convincere con la coerenza delle nostre azioni.

Noi vigileremo e faremo tutto ciò che potremo per dire chiaramente “no” ad ogni tentativo di mettere le mani sulle primarie ed escludere i tantissimi italiani che hanno a cuore il PD dalle decisioni più importanti per il partito. Leggere sui giornali di una proposta idiota come quella di abolire le primarie è la dimostrazione evidente di una autoreferenzialità suicida, è la prova del fatto che qualcuno, in questo partito, pensa al corpo elettorale, ai tanti nostri concittadini che sperano in noi, come una zavorra, come un disturbo, come un ingombro.

Dobbiamo smettere di prendere decisioni autolesioniste e incomprensibili per i nostri elettori, smettere di fare cose che rispondono a logiche puramente interne ma che sfuggono al buon senso e che aumentano la disaffezione e diminuiscono il nostro consenso. Smettere di dar l’impressione di essere molto più interessati agli equilibri di corrente o alla propria seggiola invece che a far vincere il partito.

Venticinque anni fa ci lasciava Enrico Berlinguer. E’ stato ricordato in mille modi e con milioni di parole. Eppure l’unico modo concreto per non perdere la memoria del suo insegnamento è quello di impegnarci solennemente a non occupare le istituzioni come fossero cosa nostra. E’ diventare un partito che rigetta la lottizzazione e privilegia il merito. Essere un partito che privilegia sempre ciò che gli pare giusto per la collettività, rispetto a ciò che gli pare utile per se stesso. Essere un partito che è impegnato a costruire una società migliore e a farsi scegliere democraticamente per questo e non a costruirsi una posizione dominante. Essere un partito che favorisce la libera informazione per aiutare la libera formazione del consenso. Dobbiamo essere un partito che vuol essere scelto e votato da cittadini maturi e consapevoli per la bontà della sua visione e dei suoi programmi.

Il rinnovamento passa di qui. Il rinnovamento passa da un partito democratico per davvero. Si può tornare al governo del Paese soltanto sparigliando le carte e presentandoci agli elettori con una proposta politica radicalmente nuova, e con facce che abbiano la credibilità per presentare e rappresentare la novità e la radicalità di questa nuova proposta di governo.

Sia Franceschini che Bersani si sono candidati a guidare il Partito annunciando un investimento forte sul rinnovamento che, lo dico qui con la massima chiarezza e spero definitivamente, non è un rinnovamento meramente anagrafico. Purtroppo in questi anni la nostra base e il nostro elettorato hanno spesso sentito parole condivisibili alle quali non sono seguiti fatti e comportamenti altrettanto condivisibili e il risultato è sotto gli occhi di tutti. Non è per diffidenza o per cinismo, dunque, che chiediamo a chi già si è candidato come il rinnovamento di cui parlano si declinerà in concreto, come si renderà visibile la discontinuità con le politiche e con i comportamenti che ci hanno portato a perdere il contatto col paese.

E’ una domanda chiave, questa: come potremo credibilmente convincere gli italiani che noi possiamo costruire un’Italia migliore se non spieghiamo qual è la linea che separa il PD di oggi dalle corresponsabilità che la nostra vecchia classe dirigente porta per tanti dei problemi irrisolti di questo nostro Paese?

Cosa faremo del mercato del lavoro che ha fatto dei giovani italiani i meno garantiti d’Europa, deprivandoli non solo dei loro diritti ma della dignità e del futuro? Cosa faremo delle donne italiane, ancora così marginali in tutti i processi decisionali e ancora così sole nel gestire le responsabilità e i carichi di famiglia? Cosa faremo della zavorra del debito pubblico che ci è stato lasciato in eredità? Cosa faremo della criminalità organizzata, del clientelismo, del nepotismo, della corruzione? Cosa faremo di un paese in cui un chilometro di metropolitana per tutti questi motivi costa multipli di quello che costa in altri paesi? Cosa faremo della legge elettorale? Del conflitto di interessi? Degli ordini professionali che anche l’autorità anti-trust denuncia come chiusi e corporativi? Cosa faremo delle tante famiglie italiane che per la legge non esistono nemmeno?

Tantissimi ci hanno chiesto di esprimere un nome, di esprimere una candidatura. Voglio dire anche questo in modo molto chiaro: noi non ci sottrarremo alla responsabilità di esprimere una candidatura, se sarà necessario, ma non è quello che ci interessa particolarmente. Il congresso non è solo una battaglia di passioni, non è solo buttare il cuore oltre l’ostacolo: ci sono tanti altri elementi da tenere in considerazione, se non si vuole solo mettere in piedi un progetto serio che non sia solo di pura testimonianza.

Quello che davvero ci importa è che il metodo che oggi abbiamo applicato con tanto successo, quello di anteporre le cose da fare ai nomi, diventi la regola in questo partito; che le voci e il contributo che abbiamo raccolto quest’oggi non vada disperso; che le nostre, le vostre voci siano presenti e siano ascoltate durante il congresso, e dopo, e in questo senso ci impegnamo con voi.

Quello che davvero ci sta a cuore è il nostro partito, il nostro Paese, le aspirazioni dei nostri concittadini, i loro bisogni. Ci sta a cuore un’Italia più aperta, più inclusiva, più moderna, un’Italia che sia un paese nel quale si possa aspirare a costruire il proprio progetto di vita e nel quale sia bello vivere.

E’ per questo che è nato il Partito Democratico. Vigileremo su questo congresso per fare in modo che non si perda la strada, che non si parli che di questo. Lavoreremo per fare in modo che la voce dei militanti e degli elettori sia ascoltata, per fare in modo che questo Partito guardi davanti a sé e non dietro di sé.

Siamo in tanti, abbiamo atteso per tanto tempo e sappiamo che il momento è arrivato. Questo è il nostro partito, questo è il nostro Paese.

Noi, come tutti oggi hanno potuto vedere, ci siamo.

13 risposte a “Ivan, al Lingotto”

  1. Kay ha detto:

    è molto bello questo tuo intervento. peccato che sui giornali maggiori si continui a parlare di Franceschini e Bersani, soprattutto all’interno degli articoli che riguardano la giornata di ieri. l’unico altro nome che riesce ad uscire è quello della Serracchiani, per molti una sorpresa, e solo perchè “ha preso più preferenze di Berlusconi”,non tanto per i suoi meriti e le sue idee. Purtroppo se non riuscirete ad avere la sua candidatura io personalmente la vedo dura, e mi viene il mal di pancia a pensare che il pd che si presenterà alle elezioni del 2013 sarà guidato da Bersani, ottimo elemento come ministro, ma non ha assolutamente la stoffa del leader di un grande partito come aspira ad essere il pd!

  2. ferdinando ha detto:

    un bel discorso, come sempre: ricco di spunti interessanti, che evidenzia un capacita’ di leggere il nostro tempo e tratteggia un progetto politico di grande valore realmente alternativo a quello proposto dal centrodestra.

    manca pero’, ancora, il coraggio di buttarsi in mischia e di accettare la sfida di contendersi per davvero il partito: quel pavido “noi non ci sottrarremo alla responsabilità di esprimere una candidatura, se sarà necessario, ma non è quello che ci interessa particolarmente”. ma davvero si puo’ essere cosi’ ingenui da pensare che le persone non siano importanti, che non ci vogliano le persone giuste (e sopratutto credibili) per poter dar realmente vita a un progetto radicalmente nuovo? che basta dare questi “lingottini” di ottime idee (quante volte e’ gia’ stato fatto in passato?) a franceschini o bersani, e loro ne faranno magicamente buon uso quando la loro storie politiche parlano purtroppo chiaro riguardo ai troppi fallimenti e limiti?

    sul piano delle idee, della passione politica, della credibilita’, del metodo organizzativo e dell’orizzonte politico per il paese il gruppo lingotto ha dimostrato di essere talmente avanti alla dirigenza attuale del partito che la distanza per loro non e’ in alcun modo colmabile. a voi pero’ sembra mancare l’ingrediente essenziale: il coraggio di buttarvi nell’arena, l’audacia per contendervi il partito. vi manca quella convinzione competitiva che in politica bisogna necessariamente puntare a vincere, perche’ e’ solo chi vince che ha l’opportunita’ reale di cambiare le cose i tempi non biblici (e, nel caso non fosse a voi evidente, l’italia non puo’ permettersi lusso di perdere troppo tempo).

    trovate un ottimo candidato segretario, costruite insieme un efficace gruppo dirigente, sviluppate il vostro bel progetto politici e buttatevi in mischia presentando la vostra piattaforma al congresso: se lo farete con convinzione e intelligenza strategica non vi potra’ fermare nessuno, li travolgerete – com’e’ giusto che sia – portando finalmente il pd nel futuro.

    ferdinando

  3. FRANCO ha detto:

    complimenti per l’avvenimento del Lingotto e per il tuo discorso.
    Concordo con Pippo, che purtroppo in tutti questi anni abbiamo pensato ad un paese libero, democratico e all’avanguardia ed invece ci troviamo di fronte ad un’Italia arretrata e chiusa in se stessa.
    Ora, il congresso del PD, deve essere una grande occasione nella quale scegliere un leader capace ma soprattutto eletto.
    Mi auguro di vedere un confronto aspro, forte fatto però sulla politica e sull’idea che si ha dell’Italia e non un confronto ed una guerra tra bande.
    Mi auguro che anhe voi piombini, abbiate il coraggio di proporre una vostra candidatura: non dovete rimanere solo a guardare e vigilare, ma dovete ambire anche an gareggiare.
    Piu’ saranno i contendenti e maggiori opportunità avrà il PD.
    Ma la cosa piu’ importante è però non solo avere un leader, ma anche avere una squadra ed un progetto attorno a cui lavorare.
    Un progetto condivisibile e diverso dall’attuale governo.
    Nell’ultima campagna elettorale, essendo anche io candidato Sindaco, ho incontrato e sentito una grande parte di gente di sinistra, che però è delusa e frustrata e spesso vede nel Caimano, almeno un decisore.
    Ridiamo agli italiani, la capacità di ricredere nelle forze riformiste, ma diamogli anche la serietà che una volta al governo, sapremo veramente governare e migliorare questa Italia.
    Forza ragazzi, avanti e dentro la mischia.
    Franco

  4. marcoDeAmicis ha detto:

    Dai Ivan,

    dateci un candidato ed andiamo tutti insieme!!!!

    PD: ADINOLFI, PRONTO A FARE ‘SQUADRÀ SE C’È CANDIDATO COMUNE = SE TROVATE UN NOME METTO DA PARTE LA MIA SPOCCHIA Roma, 28 giu. – (Adnkronos) – Si dice pronto a mettere da parte la sua «spocchia» e di essere pronto a ‘fare squadrà se i cosidetti quarantenni del Pd saranno in grado di trovare un candidato comune. È la possizione espressa da Mario Adinolfi che spiega le ragioni per le quali ieri non ha partecipato all’adunata di Torino. «Non sono andato al Lingotto. Non m’è arrivato l’invito. Le vecchie ruggini -afferma il blogger e componente della direzione del Pd- potevano essere superate. Ma a questo punto, devono esserlo. E allora fatemi fare una domanda a quelli del Lingotto: dopo due anni avete trovato il coraggio di esprimere una candidatura alla segreteria nazionale del Pd?». «Se quel pizzico di coraggio lo trovate, superando anche le divisioni e sotterranee gelosie tra voi, fate un fischio e vediamo di non andare separati a questo congresso. Andiamo oltre le vecchie ruggini. Se il candidato lo trovate metto da parte la mia solita spocchia e provo ad imparare la lezione. Però scegliete, insomma, per una volta, senza chiacchierare e basta per trovarsi così tutti d’accordo sull’ovvio. Scegliete e dunque discutete e magari scannatevi un pò tra voi. Può essere liberatorio. Poi, tutti uniti -conclude Adinolfi- andiamo alla battaglia vera». (Pol/Zn/Adnkronos) 28-GIU-09 13:03 NNN

  5. Gianluca ha detto:

    Ciao Ivan, ho seguito la diretta dal Lingotto e, devo dire, mi sono rinfrancato. Ho visto e ho sentito gente sveglia e che ha voglia di un progetto. Ho sempre votato a sinistra PCI, PDS, DS, ULIVO…PD e sono un cattolico che pensa che la propria libertà sia in uno stato veramente laico . Alle ultime elezioni ho deciso in cabina di rivotare PD. Non ne potevo veramente più. Mi sono fatto le primarie, ho seguito le manifestazioni e ho creduto in Veltroni. Sul sito del PD sono stato molto critico con lui accusandolo di avere tradito il nostro entusiasmo. Ha preferito le vecchie logiche invece di farsi forza di 3 milioni di voti. Se ci avesse chesto aiuto lo avremmo aiutato. Ma questo è il passato. Fra i gggiovani (con 3 g) sto seguendo te e Civati. Devo dire la verità non seguo molto la Serracchiani perchè, già dopo il suo famoso discorso che l’ha portata agli onori delle cronache…sembrava già vecchia. Ha detto cose che sicuramente pensavamo in molti ma, vedere Franceschini in prima fila, che la incitava a picchiare duro e lei che ad ogni frase lo guardava come a chedergli “sono stata abbastanza dura o ho esagerato?” mi ha fatto sorgere una domanda: ma, se Franceschini condivideva così tanto le cose che diceva la Serracchiani, perchè non le ha dette lui prima di lei?. Mi ha dato la sensazione che qualcosa fosse telecomandato. Infatti sembra che la Serracchiani sia stata cooptata da Franceschini o viceversa. Probabilmente sono cattivo, però sembra che ora Franceschini voglia rientrare del suo investimento. Aspettiamo il congresso e vedremo…ascolterò tutti e due, o i tre o i quattro pretendenti poi deciderò se continuare a votare PD o salpare per altri lidi. Non voterò un PD che vuole diventare una DC sia chiaro. Per me il PD dovrà essere laico e di sinistra/liberale. Forse è una contraddizione in termini probabilmente è anche una bestemmia ma il futuro, a volte, si immagina con le eresie! Vorrei dirti un’ultima cosa, scusa se mi permetto. Fra i vari interventi ho notato che diversi fra voi hanno lavorato o lavorano all’estero. Questo fa piacere ed è molto bello che vi siano persone che si fanno valere fuori dai nostri confini, questo fa molto CV. Ho notato anche, forse mi sbaglio e se mi sbaglio vi chiedo subito scusa, che vi sia anche un certo compiacimento nel farlo notare. Ecco, mi piacerebbe che il vostro CV cominciate a scriverlo da ora in poi, magari con i nostri voti. Sai io ho solo la maturità, l’inglese l’ho studiato con i corsi della DeAgostioni e forse sono molto invidioso!!!!!

  6. […] sei di sera con la sala orma mezza vuota a Ivan sono toccate le conclusioni: il nome ci sarà, forse, se non sarà troppo […]

  7. […] E poi quattro “giovani sperimentati”: Francesco Boccia su tutti, ma anche Pierfrancesco Majorino, Andrea Orlando e Ivan Scalfarotto. […]

  8. alberto biraghi ha detto:

    Tutto condivisibile, bravo Ivan, capace di passar sopra a torti e ingiustizie in nome di una concretezza che ti fa onore. Mi resta da capire, prima di poter avere se non altro un barlume di ottimismo su questa iniziativa, come si concilia tutto questo con la recente dichiarazione di Pippo Civati: “Penati resta il nostro capitano”. Senza ritattaccare la mia litania sul personaggio, dico solo attribuirgli un ruolo a prescindere è talmente contraddittorio con tutto il resto da farmi pensare che forse ho capito male.

  9. […] che mi ero preparato. Mi sono perso le conclusioni di Ivan Scalfarotto, ma le trovate sul suo blog. Intanto, tra commenti e analisi che girano in rete, il più lucido, come sempre, è Luca Sofri. […]

  10. sam ha detto:

    Sono felice di averti ascoltato sia alla libreria, sia al Lingotto. In bocca al lupo per quanto stai facendo per il Pd e per tutti i laici.
    Andrea, un amico della Lalli.

  11. Gaetano ha detto:

    Caro Ivan il problema del PD è il suo radicamento nel territorio che avviene secondo un processo di costante rapporto con la gente tutta ed in particolare con le donne e gli uomini a cui ti sei rivolto per essere eletto nell’ Assemblea Nazionale ed essere il primo dei non eletti nel Collegio di Corsico.
    Quando ti rivredemo? Alla prossima elezione ? Non mi sembra molto nuova questa metodologia anzi … d’antico !

  12. MARCO ha detto:

    ivan, sono tra i pochi che, apprezzando la ventata di aria nuova che portasti ti votai alle primarie dell’unione. è bello scoprire che ci sei, e che ancora sai e riesci a leggere la nostra realtà in modo diverso, giovane, fresco, per questa italia geriatrica. perche’ non riprovarci? riprovaci, questo è il nostro tempo. questo puo’ davvero essere il tuo tempo per questo ns triste partito e per questo ns tristissimo paese.
    ciao

  13. flavio ha detto:

    ivan ti ho scelto alle ultime elezioni, sono un pò più vecchio di te ma auspico il ringiovanimento ala conduzione di un partito che tale ancora non è. ti ho votato perchè sei del PD e sei un imprenditore, per giunta giovane. sono stato sempre di sinistra (voto da 35 anni) e da qualche anno sono un piccolo commerciante; vorrei continuare ad essere un commerciante e soprattutto vorrei poterlo conciliare con la mia visione di sinistra per un’Italia più giusta e solidale, dove anche una categoria di lavoratori che rischiano solo del loro senza alcuna tutela di rappresentatività possano sentirsi a casa loro nel PD. Aiutami ad immaginare una via che porti il PD a rispondere a sempre più larghi strati di società, voglio continuare ad essere uno di voi e per questo desidererei mantenere con te i contatti in vista dell’avvicinarsi del Congresso. Il nostro futuro passerà di lì.