10 Aprile 2009

Nomen omen (2)

Diario

Bob Quick.jpg

Mi è capitato spesso di parlare di accountability, l’idea di dover rendere il conto delle cose che si fanno, talmente estranea alla cultura nostrana che anche la nostra lingua non ha una parola che renda il concetto in modo assolutamente preciso. L’esempio lampante di come invece funzioni nel resto d’Europa l’ha dato ieri il capo dell’antiterrorismo britannico che, dopo essersi fatto fotografare dai paparazzi con documenti riservatissimi (ma leggibilissimi) sotto il braccio con ciò compromettendo una delicata operazione di polizia, ha tratto rapidamente le sue conclusioni e si è dimesso istantaneamente dall’incarico. Questa è appunto l’accountability: fare una leggerezza e assumersene la responsabilità in proporzione non tanto alla gravità dell’atto in sé ma delle sue conseguenze oggettive. Non sempre, devo dire, questo avviene in modo così fulmineo ma non dimentichiamo che si trattava pur sempre di un agente segreto di Sua Maestà. 
E il suo nome era Quick. Bob Quick.

2 risposte a “Nomen omen (2)”

  1. Grandmere ha detto:

    Invidio i paesi in cui ciò accade normalmente….

  2. […] articolo del New York Times sulla vicenda Berlusconi e sull’Italia torna sul concetto, che mi è molto caro, dell’”accountability“. Una grande […]