29 Maggio 2007

Gerarchie – Giancarlo Bruno

Cervelli in fuga, Meritocrazia

Qui in America i coach vanno molto di moda. Il termine viene dal linguaggio sportivo: il coach – letteralmente allenatore – aiuta a capire le opportunità, i possibili obbiettivi, le lacune da colmare. E’ un’occasione per fare il punto.


«Tu soffri di gerarchismo», dice il mio coach. «Il comportamento gerarchista puo’ inibire e limitare, da un lato, e isolare, dall’altro. Spesso è culturale», dice lui, con il suo armamentario politicamente corretto da californiano di larghe vedute e con training in psicologia e sociologia da scuola privata New England.
Gerarchismo, mi spiega, è quella ossessione molto europea (e molto italiana) di vedersi costantemente posizionati su una scala graduata di rank/rango – un benchmarking continuo e implacabile. Una sorta di classifica di meglio o peggio rispetto a chiunque e in qualunque situazione. L’ossessione per la gerarchia ha un’implicazione evidente in termini di inferiorità e comportamento difensivo verso chi è percepito come superiore, e di arroganza e tendenza all’abuso verso chi è percepito come inferiore. Poco importa quali sono i parametri in base ai quali il soggetto percepisce il proprio rango rispetto a quello degli altri intorno a sé – in effetti questi possono essere quantitativamente misurabili oppure del tutto qualitativi e soggettivi.
Quello che interessa è l’effetto generato dall’attenzione compulsiva per il rango: la conscienza/percezione della propria inferiorità causa inibizione, sottomissione, acriticità, sacrificio della propria creatività a vantaggio di una supposta migliore qualità altrui, e appiattimento della propria posizione su quella dell’altro. La coscienza/percezione della propria superiorità, comunque, non ha un effetto meno negativo : la sensazione di essere superiore annulla anche essa la creatività, perché è basata comunque su giudizi acritici e dogmatici, spesso miopi nella loro condiscendenza e superomismo.
Dopo una sommaria analisi del mio profilo ho dovuto ammettere che il mio coach ha ragione : faccio troppa attenzione alle gerarchie, sia sociali cheprofessionali. D’altra parte, a livello macro, penso di essere in buona compagnia: credo che l’Italia sia una società gerarchica, e gli italiani imparino il gerarchismo già sui banchi di scuola. Le strutture e i modelli culturali, sociali e religiosi credo tuttora siano basati sui ranghi – vedo molta deferenza e piaggeria dal basso e arroganza, nepotismo e stili di
governo (politico o aziendale) paternalistici dall’alto.
Si è allevati a essere superiori o inferiori, imbevuti di gerarchismo, di «si può» e «non si può». Per avere successo in quello che si fa si sceglie spesso la strada della cooptazione e del favore, rispetto al profilo, al coraggio, all’innovatività, alla solidità della preparazione – in altre parole, al merito. Anche l’educazione di qualità non sembra essere in grado di rivaleggiare con una buona rete di amici di famiglia. E chi non ne ha, ne cerchi in fretta…

5 risposte a “Gerarchie – Giancarlo Bruno”

  1. G.V. ha detto:

    Be, sei (siamo) un adattamento di successo a tale ambiente, l’ambiente sociale e’ una spinta evolutiva forte per gli esseri umani.
    Le societa’ mediterranee, quelle asiatiche, quella indiana e persino alcune centro-nord europee sono simili in questo senso.
    Potrebbe darsi che siano soltanto gli americani ed i particolari i californiani ad essere poco gerarchici.
    PS. beviti un caffe’ da starbucks alla mia salute 😉

  2. emanuela ha detto:

    …e come contropartita siamo insofferenti alle regole e individualisti, un bel cocktail da avvelenamento lento…

  3. cesare ha detto:

    Ho capito che siete innovatori, ma cambiare addirittura di cambiare la psicologia sociale e lavorativa di un popolo forse è pretendere troppo. Certe cose fanno anche parte dell’identità di un popolo e dei suoi equilibri. I lacci che bloccano la creatività sono altri e forse il problema in questo senso è che la cherarchia è…gerontocratica, e si sa, ad una certa età si diventa conservatori e
    la fantasia
    prima diminuisce e poi va via
    e man mano che se ne va
    perdi il senso della realtà

  4. cesare ha detto:

    Ho capito che siete innovatori, ma cambiare addirittura di cambiare la psicologia sociale e lavorativa di un popolo forse è pretendere troppo. Certe cose fanno anche parte dell’identità di un popolo e dei suoi equilibri. I lacci che bloccano la creatività sono altri e forse il problema in questo senso è che la cherarchia è…gerontocratica, e si sa, ad una certa età si diventa conservatori e
    la fantasia
    prima diminuisce e poi va via
    e man mano che se ne va
    perdi il senso della realtà

  5. Giorgio ha detto:

    Salve, sono molto impressionato da questo argomento che ho trovato nei meandri di internet: il gerarchismo. Io sono certamente un malato di gerarchismo, vedo le gerarchie dappertutto ed in ogni occasione possibile e immaginabile. Ma non è solo colpa mia: un cane vede benissimo le gerarchie che ci sono in una famiglia di uomini, e si regola di conseguenza. Gli uomini sono esattamente come i cani: vedono le gerarchie in ogni gruppo e si regolano di conseguenza in modo quasi completamente inconscio. Le gerarchie sono un qualcosa di quotidiano e di continuo, che noi seguiamo senza neanche accorgercene. L’uomo è imbevuto di gerarchismo e non c’è nulla da fare per cambiare questa realtà… …non basterebbe cambiare un popolo, andrebbe rifondato completamente l’uomo come essere sociale! Impossibile!