16 Maggio 2007

Una cattedra al di là delle Alpi – Francesca Pollastrini

Cervelli in fuga

Il laureato che in Italia voglia intraprendere il mestiere di insegnante, e spero lo faccia solo per profondissima convinzione e non perché lascia tanto tempo libero ed è un posto sicuro…, deve iscriversi alla SSIS. Due anni, con tanto di tasse da pagare e obbligo di frequenza. Tradotto in parole povere: impossibile fare contemporaneamente un lavoro full-time diurno, difficile entrare in una vita adulta veramente autonoma.


Alla fine dei 2 anni, in cui fra l’altro si ristudiano le stesse cose già imparate durante il tradizionale corso di laurea, si è inseriti in graduatoria. Per i nuovi laureati, quelli del 3+2 per intendersi, la situazione è meno imbarazzante perché nei 2 anni in più, che possono corrispondere alla SSIS, imparano anche cose che non hanno visto in precedenza. L’iscrizione in graduatoria dà accesso a supplenze, annuali e non, e con tanti anni e tanta pazienza al posto di ruolo. Questo in Italia. Poi ogni anno d’estate, ci sono le cosiddette guerre fra poveri, e cioè fra sissini e precari. Chi ha più punti di chi e via dicendo.
Arrivata in Francia per tutt’altra motivazione, non di tipo professionale, ho avuto la possibilità di realizzare un grande sogno: essere insegnante nella scuola pubblica. Qui i concorsi per l’insegnamento sono aperti a tutti i Paesi della comunità europea. Si può partecipare a qualsiasi concorso: un laureato in matematica che abbia grandi capacità in letteratura latina può vincere il concorso di lettere classiche e insegnare a tradurre Seneca per il resto dei suoi giorni, e cioè il merito, le conoscenze sono più importanti del titolo di studio. Ogni anno è indetto un concorso, con un programma ben definito, ci sono esami scritti e orali. Nel 2002, per esempio, per l’insegnamento dell’italiano c’erano 60 cattedre su tutta la Francia. Abbiamo partecipato in circa 950; agli orali ci siamo arrivati in 180, ma solamente i primi 60 hanno avuto una cattedra dal primo settembre successivo. Per gli altri, nessuna falsa promessa e quindi basso livello di precariato. Il primo anno di insegnamento si è solamente stagisti, sottoposti a frequenti ispezioni e visite del tutor in classe. Ma per quasi tutti gli stagisti alla fine dell’anno c’è l’immediato passaggio al posto di ruolo.
La scuola francese ha tantissimi difetti, viverla al suo interno non è facile. I programmi sono catastrofici e anche la quotidianità può non essere gradevole. Ma l’organizzazione stessa dell’accesso all’insegnamento è molto più seria, razionale e limpida di quella italiana: un insegnante che non sa nemmeno dove andrà domani, se il mese prossimo avrà uno stipendio, se non sa se parteciperà davvero alla riunione con i genitori, non vedo come possa essere sereno. Insegnare non è fare lezione. Insegnare è avere un obiettivo, prendere gli allievi al punto in cui si trovano e portarli lontano. Insegnare a guardare al futuro con fiducia, audacia, razionalità e serenità.

6 risposte a “Una cattedra al di là delle Alpi – Francesca Pollastrini”

  1. Sciltian ha detto:

    Ho visitato anche io il girone della Siss per due anni, che poi sono stati 9 mesi suddivisi in tre anni solari, per fare finta che potessero essere due anni accademici. Ma meglio così, è stata la cosa più noiosa mai fatta.
    Un’alternativa interessante, per chi abbia la passione dell’insegnamento, è un dottorato in Nord America. Oltre ai corsi di dottorato da seguire, si deve insegnare a livello universitario. E’ un lavoro gratificante e ben pagato, nel quale s’impara velocemente facendo.

  2. Francesca ha detto:

    Sciltian, sono d’accordo sul fatto che l’Italia non offra granché a chi vuole insegnare, ma la pratica di insegnamento all’università secondo me fa più male che bene per chi vuole insegnare ai bambini o agli adolescenti. E’ tutta un’altra cosa. E spesso sono coloro che hanno lavorato un paio d’anni all’università a essere completamente delusi a scuola. Si sentono “sotto utilizzati” e quindi spesso fanno del male e sempre si fanno del male.

  3. giovanni ha detto:

    Scittian tu sei una fonte notevole. La mia mail è giovanni.deineri@virgilio.it. Ti prego dimmi dove la hai frequentata.
    A Udine sono due anni full time di umiliazioni. Non ci sono neanche le fotocopiatrici per poter lavorare.
    Non ti dico le assurdità che gli fanno fare (anelli,matematica avanzata,….). Scusatemi ma ma non posso trasferirmi in america. Ma non la devono togliere ?? Commento OT scusate.

  4. Filippo ha detto:

    x giovanni: magari togliessero la SISS. Io grazie a Dio ho avuto dritte da amici nel momento in cui dovevo prendere la decisione se iscrivermi o meno. Due anni (a frequenza obbligatoria, quindi e’ difficile avere un altro lavoro per campare) per imparare due concetti di pedagogia che ti basterebbero due mesi. Sul livello dell’insegnamento stendo un velo pietoso. Grazie a Dio non ho scelto la strada dell’insegnamento, visti gli sberleffi e le umiliazioni a cui sono sottoposti gli insegnanti italiani che tentano ancora di fare il loro lavoro (studenti maleducati, presidi menefreghisti, genitori burini e tracotanti)

  5. giovanni ha detto:

    Io ho insegnato per alcuni mesi quest’anno. Devo dire che è una missione. Penso sempre ai ragazzi che ho lasciato.
    Maleducati, impreparati alla vita e al mondo. In parte eravamo anche noi così. Ci sono ragazzi che nel nostro friuli vivono al margine. Non parlo di situazioni problematiche. Parlo di normalità. Loro sono perfettamente integrati nel loro contesto
    sociale. Il problema che dovranno uscirne. Quando lo faranno saranno degli emarginati. Degli sconfitti. In fondo anche noi eravamo in parte così. In un mondo più semplice e facile però.
    Penso sempre a una collega di ruolo a fine carriera che mi diceva che quando doveva entrare in una delle classi si sentiva i crampi allo stomaco. Dicono sia un problema di carisma sui ragazzi. Forse oggi gli insegnanti non ne hanno
    più. Mia suocera ha nsegnato per anni. Sicuramente una brava insegnante. Sicuramente dotata di carisma (non lo dico perchè è mia suocera). Ma gli ultii anni di carriera sono stati difficili anche per lei.
    Nella scuola c’è un po’ di tutto. Quello che manca moltissimo è il valore dello studio. Oggi non conta più nulla noi.
    Sconteremo amaramente tutto questo perchè alla fine questi ragazzi sono il nostro futuro.

  6. giovanni ha detto:

    Io ho insegnato per alcuni mesi quest’anno. Devo dire che è una missione. Penso sempre ai ragazzi che ho lasciato.
    Maleducati, impreparati alla vita e al mondo. In parte eravamo anche noi così. Ci sono ragazzi che nel nostro friuli vivono al margine. Non parlo di situazioni problematiche. Parlo di normalità. Loro sono perfettamente integrati nel loro contesto
    sociale. Il problema che dovranno uscirne. Quando lo faranno saranno degli emarginati. Degli sconfitti. In fondo anche noi eravamo in parte così. In un mondo più semplice e facile però.
    Penso sempre a una collega di ruolo a fine carriera che mi diceva che quando doveva entrare in una delle classi si sentiva i crampi allo stomaco. Dicono sia un problema di carisma sui ragazzi. Forse oggi gli insegnanti non ne hanno
    più. Mia suocera ha nsegnato per anni. Sicuramente una brava insegnante. Sicuramente dotata di carisma (non lo dico perchè è mia suocera). Ma gli ultii anni di carriera sono stati difficili anche per lei.
    Nella scuola c’è un po’ di tutto. Quello che manca moltissimo è il valore dello studio. Oggi non conta più nulla.
    Sconteremo amaramente tutto questo perchè alla fine questi ragazzi sono il nostro futuro.