11 Maggio 2007

Italia: Baroni si nasce – Filippo Zuliani

Cervelli in fuga, Meritocrazia

Quando parlo con i miei colleghi ex-pat italiani, spesso si discute di un eventuale ritorno nel belpaese. In special modo nell’ambiente universitario. La conclusione è sempre la stessa: meglio di no. Recentemente, come molti, ho assistito alla puntata di Anno Zero di Santoro dove si parlava delle baronie universitarie, flagello nostrano da tempo immemore. Presenti il ministro Mussi (Ricerca), l’on. Della Vedova (dell’opposizione), due “esperti” del settore accademico e tre giovani alle prese con prevaricazioni baronali. Una platea interessante, attraverso la quale è stata ben evidente la sproporzione tra il taaaaaaanto spazio concesso ai battibeccanti politici e il ben poco per i problemi reali dei giovani.


Alcuni commenti sulle proposte avanzate per risolvere il problema dei “baroni”:
a) Portare il sistema accademico americano in Italia -come proposto insistentemente dall’opposizione- è una favola (o incubo) irrealizzabile. Mettiamoci il cuore in pace.
b) Più meritocrazia, proposto da Mussi. Finchè la punizione per i lavativi sarà il prepensionamento (Licenziare? Giammai! INPS ringrazia), parlare di meritocrazia fa ridere i polli.
c) Mussi propone di dare più finanziamenti per la ricerca alle università che producono più articoli scientifici. Utile, ma non tocca il problema delle baronie, dal momento che lo stipendio è comunque garantito per tutti. Ricerca o non ricerca, i raccomandati seguiteranno ad andare a pescare invece di lavorare come nulla fosse cambiato.
d) Riforma del meccanismi di selezione del personale. Come proposto da Mussi, una commissione anonima internazionale -al di fuori del controllo universitario, quindi- farà una prima selezione dei candidati con lo scopo di mandare a casi gli incapaci raccomandati. Poi l’università sceglierà tra i rimanenti. Io penso che la soluzione sia valida, in quanto toglie dalle mani dell’università il controllo totale della valutazione dei candidati.
Ora vi dirò cosa farei io se fossi un barone e volessi sistemare il mio figliuolo al mio dipartimento, in barba alle nuove norme proposte da Mussi: semplicemente mi affiderei a qualche semilegale “regola interpretabile” di cui è pieno il ventre molle del sistema legale universitario, o magari la infrangerei addirittura. Che i candidati scornati facciamo pure ricorso alla magistratura per avere giustizia, tanto con i tempi biblici necessari per tutti i ricorsi, controricorsi e cassazioni, il raccomandato rampollo si sarà già insediato stabilmente sulla cattedra voluta da papà. Già oggi, in Italia, ci sono delle cattedre occupata abusivamente con concorsi su cui la magistratura si è pronunciata in maniera definitiva (dopo 16 anni). Pensate che la cattedra sia stata sgomberata?
Infine, vorrei fare un commento su Mussi e il governo che ha rappresentato ad Anno Zero. La performance di Mussi è stata veramente penosa. A parte i modi da cafone politico (alzare la voce per imporre la propria ragione è irritante), Mussi ha ben evidenziato la remissività del governo ad agire contro la lobby dei baroni. Comunque vada le riforme riguarderanno solo i nuovi, i baroni restano dove sono. La paura del confronto è evidente, così come la ricerca di un’onorevole via di fuga. E intanto i baroni continuano a comandare, cominciando pure a mettere i piedi sul tavolo.

39 risposte a “Italia: Baroni si nasce – Filippo Zuliani”

  1. beffatotale ha detto:

    Qua in Germania non sono tutte rose e fiori. Il sistema e’ molto particolare, e i direttori degli istituti hanno poteri enormi anche di direzione scientifica e non solo amministrativa. E i gruppi di ricerca sono cosi’ tanto legati al loro direttore, che in caso di ritiro, pensionamento o rimozione del direttore i gruppi sono destinati alla morte (i.e. mancato rinnovo dei contratti, dirottamento su altro istituto etc.). E la stragrande maggioranza del personale e’ precario non per mancanza cronica di risorse, ma per coltivare il modello di cui sopra, e per spingere al massimo la produttivita’ nel breve periodo.
    Tuttavia e’ interessante come il sistema sia verificato e monitorato. Ogni 2 anni una commissione internazionale visita l’istituto, stilando poi una relazione sulla produttivita’ scientifica e amministrativa, che viene poi tenuta in conto per erogazione di fondi, partecipazione a progetti etc. Se la relazione e’ particolarmente negativa, il posto del direttore inizia a traballare. Le assunzioni non sono ovviamente via concorso, come praticamente ovunque nel mondo, ma responsabilita’ del direttore stesso, che pero’ e’ tenuto a renderne conto.
    Pur con mille distinguo, mi sembra un buon modo per scoraggiare il barone di turno a infarcire l’istituto di raccomandati inetti.

  2. l'oste ha detto:

    Ciao Ivan,
    il problema non si risolve tanto con le regole, ma con gli incentivi: si certo, la comissione internazionale potrebbe essere utile, ma di fatto é un commissariamento dei nostri dipartimenti. Può servire come riduzione del danno, ma non trasformerà le nostre università.
    Bisogna intervenire sugli incentivi: soldi solo a chi fa buona didattica e/ ricerca. Se i fondi sono distribuiti solo ai bravi ricercatori e insegnanti i dipartimenti avranno interesse ad assumere personale qualificato. Una volta distribuiti i fondi in questo modo si devono eliminare i concorsi, che sono un’ipocrisia assoluta e non funzionano da nessuna parte. Infatti i concorsi truccati sono la norma anche in Spagna e Francia, non solo da noi.
    In un dipartimento piccolo spesso si vuole assumere una persona conosciuta, che non abbia solo titoli ma con cui si lavori bene (stesso approccio metrodologico, affinità personali, esperienze di ricerca congiunta). La ricerca ormai si fa in gruppo, non da soli. In Italia se voglio assumere il ricercatore Scalfarotto (perché mi piace, lavoriamo bene insieme e aumenterebbe il prestigio del nostro dipartimento) non ho nessuno strumento per farlo. Devo fare un concorso, e “chiedere” ai membri della commissione di farmi vincere Scalfarotto.
    Il male dell’università non é la cooptazione, ma la cooptazione dei parenti e amici incompetenti. Questo però succede perché non produce conseguenze negative.
    Spero che ne possiamo parlare presto di persona all’ombra della torre pendente.

  3. l'oste ha detto:

    Ciao Ivan,
    il problema non si risolve tanto con le regole, ma con gli incentivi: si certo, la comissione internazionale potrebbe essere utile, ma di fatto é un commissariamento dei nostri dipartimenti. Può servire come riduzione del danno, ma non trasformerà le nostre università.
    Bisogna intervenire sugli incentivi: soldi solo a chi fa buona didattica e/ ricerca. Se i fondi sono distribuiti solo ai bravi ricercatori e insegnanti i dipartimenti avranno interesse ad assumere personale qualificato. Una volta distribuiti i fondi in questo modo si devono eliminare i concorsi, che sono un’ipocrisia assoluta e non funzionano da nessuna parte. Infatti i concorsi truccati sono la norma anche in Spagna e Francia, non solo da noi.
    In un dipartimento piccolo spesso si vuole assumere una persona conosciuta, che non abbia solo titoli ma con cui si lavori bene (stesso approccio metrodologico, affinità personali, esperienze di ricerca congiunta). La ricerca ormai si fa in gruppo, non da soli. In Italia se voglio assumere il ricercatore Scalfarotto (perché mi piace, lavoriamo bene insieme e aumenterebbe il prestigio del nostro dipartimento) non ho nessuno strumento per farlo. Devo fare un concorso, e “chiedere” ai membri della commissione di farmi vincere Scalfarotto.
    Il male dell’università non é la cooptazione, ma la cooptazione dei parenti e amici incompetenti. Questo però succede perché non produce conseguenze negative.
    Spero che ne possiamo parlare presto di persona all’ombra della torre pendente.

  4. l'oste ha detto:

    Ciao Ivan,
    il problema non si risolve tanto con le regole, ma con gli incentivi: si certo, la comissione internazionale potrebbe essere utile, ma di fatto é un commissariamento dei nostri dipartimenti. Può servire come riduzione del danno, ma non trasformerà le nostre università.
    Bisogna intervenire sugli incentivi: soldi solo a chi fa buona didattica e/ ricerca. Se i fondi sono distribuiti solo ai bravi ricercatori e insegnanti i dipartimenti avranno interesse ad assumere personale qualificato. Una volta distribuiti i fondi in questo modo si devono eliminare i concorsi, che sono un’ipocrisia assoluta e non funzionano da nessuna parte. Infatti i concorsi truccati sono la norma anche in Spagna e Francia, non solo da noi.
    In un dipartimento piccolo spesso si vuole assumere una persona conosciuta, che non abbia solo titoli ma con cui si lavori bene (stesso approccio metrodologico, affinità personali, esperienze di ricerca congiunta). La ricerca ormai si fa in gruppo, non da soli. In Italia se voglio assumere il ricercatore Scalfarotto (perché mi piace, lavoriamo bene insieme e aumenterebbe il prestigio del nostro dipartimento) non ho nessuno strumento per farlo. Devo fare un concorso, e “chiedere” ai membri della commissione di farmi vincere Scalfarotto.
    Il male dell’università non é la cooptazione, ma la cooptazione dei parenti e amici incompetenti. Questo però succede perché non produce conseguenze negative.
    Spero che ne possiamo parlare presto di persona all’ombra della torre pendente.

  5. l'oste ha detto:

    Ciao Ivan,
    il problema non si risolve tanto con le regole, ma con gli incentivi: si certo, la comissione internazionale potrebbe essere utile, ma di fatto é un commissariamento dei nostri dipartimenti. Può servire come riduzione del danno, ma non trasformerà le nostre università.
    Bisogna intervenire sugli incentivi: soldi solo a chi fa buona didattica e/ ricerca. Se i fondi sono distribuiti solo ai bravi ricercatori e insegnanti i dipartimenti avranno interesse ad assumere personale qualificato. Una volta distribuiti i fondi in questo modo si devono eliminare i concorsi, che sono un’ipocrisia assoluta e non funzionano da nessuna parte. Infatti i concorsi truccati sono la norma anche in Spagna e Francia, non solo da noi.
    In un dipartimento piccolo spesso si vuole assumere una persona conosciuta, che non abbia solo titoli ma con cui si lavori bene (stesso approccio metrodologico, affinità personali, esperienze di ricerca congiunta). La ricerca ormai si fa in gruppo, non da soli. In Italia se voglio assumere il ricercatore Scalfarotto (perché mi piace, lavoriamo bene insieme e aumenterebbe il prestigio del nostro dipartimento) non ho nessuno strumento per farlo. Devo fare un concorso, e “chiedere” ai membri della commissione di farmi vincere Scalfarotto.
    Il male dell’università non é la cooptazione, ma la cooptazione dei parenti e amici incompetenti. Questo però succede perché non produce conseguenze negative.
    Spero che ne possiamo parlare presto di persona all’ombra della torre pendente.

  6. Filippo ha detto:

    x beffatotale: recentemente in Germania e’ entrato in voga un nuovo modo di determinare gli stipendi degli accademici. Un fisso per tutti (basso, inferiore allo stipendio di un professore di liceo) e bonus molto corposi assegnati sulla base della ricerca effettuata, valutata con indici internazionali. Buon metodo, cosi’ i nullafacenti non avranno piu’ motivo di restare all’universita’. Peccato che i tedeschi abbiano giocato sporco sui corposi bonus (in barba ai giovani teutonici). Ma e’ un discorso lungo. In ogni caso il metodo e’ intelligente e andrebbe replicato in italia. Peccato non si possa, visto che si scontra con i sindacati, massimi esperti di contratti nazionali collettivi, grazie ai quali il nullafacente viene pagato come Rubbia. Siamo tutti uguali? manco per sogno, ma vaglielo a far capire ai sindacati.

  7. Filippo ha detto:

    x L’oste, hic 🙂 quando si parla di ricerca si devono tenere a mente due parametri: lo stipendio e il finanziamento per mettere in piedi gli esperimenti. Retribuzione e ricerca.
    In Italia i nullafacenti accademici (e sono tanti, ho in cantiere un paio di post su statistiche occultate ad arte) entrano nell’unversita’ per i salari, bassi all’inizio (per i primi 3 anni!), ma con una progressione cosi’ fulminea e agganciata unicamente all’eta’ di servizio da far impallidire qualsiasi azienda.
    Ti basti pensare che un ricercatore all’inizio ha un lordo di 20.000euro all’anno, a fine carriera baronale, ne fattura piu’ di 100.000. Mal che vada si rimane ricercatori e te ne becchi 60.000. Tutto automatico, nessun bisogno di produrre articoli di rilevanza internazionale.
    E’ per gli stipendi (sicuri e corposi) che le piattole baronali universitarie affollano i nostri atenei, non per pappare i fondi per la ricerca. Chissenefrega dei fondi ricerca quando hai stipendi del genere e puoi tranquillamente andare a pescare che ti pagano lo stesso…

  8. Filippo ha detto:

    x l’oste (again): vero quello che dici su abolire i concorsi (o renderli non manovrabili) e dare soldi solo a chi dimostra risultati. Il punto pero’ e’ che non puoi fare una cosa del genere in italia. Noi abbiamo i sindacati e la loro politica dei contratti nazionali collettivi dove tutti meritano lo stesso stipendio a prescindere. Se solo provassi a proporre una riforma dell’universita’ in termini meritocratici, assisteresti a una levata di scudi da far tremare l’Italia.
    Alla fine la politica veteromarxista dei sindacati verra’ sconfitta, ma richiedera’ molto tempo. La domanda e’: cosa sara’ rimasto in piedi dell’Italia a quel punto?

  9. beffatotale ha detto:

    Beh, non la puoi fare se il livello minino e’ molto basso, che mi sembra anche da una parte sensato. Anche perche’ i criteri di valutazione del merito chi li stabilisce e come? Si rischia di avere solo un altro strumento di ricatto nelle mani del barone di turno se non si fanno le cose per bene. Oppure di penalizzare molto certe figure rispetto ad altre se ci si basa solo su pubblicazioni citazioni etc, penso ad esempio a persone che lavorano alla costruzioni di strumenti o simili, che impiegano anni ad essere progettati e costruiti portando poche “punti” nell’immediato.

  10. l'oste ha detto:

    Si Filippo,
    condivido entrambe le tue osservazioni. Ed é vero che fare una riforma seria é molto difficile.
    Però la politica é anche l’arte di trovare le strade migliori per ottenere risultati che sembrano impossibili. Secondo me dovremmo ingaggiare una battaglia culturale a colpi di confronto pubblico per spezzare l’ortodossia sindacale, poi gettarci all’attacco del sistema.

  11. l'oste ha detto:

    Si Filippo,
    condivido entrambe le tue osservazioni. Ed é vero che fare una riforma seria é molto difficile.
    Però la politica é anche l’arte di trovare le strade migliori per ottenere risultati che sembrano impossibili. Secondo me dovremmo ingaggiare una battaglia culturale a colpi di confronto pubblico per spezzare l’ortodossia sindacale, poi gettarci all’attacco del sistema.

  12. l'oste ha detto:

    Si Filippo,
    condivido entrambe le tue osservazioni. Ed é vero che fare una riforma seria é molto difficile.
    Però la politica é anche l’arte di trovare le strade migliori per ottenere risultati che sembrano impossibili. Secondo me dovremmo ingaggiare una battaglia culturale a colpi di confronto pubblico per spezzare l’ortodossia sindacale, poi gettarci all’attacco del sistema.

  13. l'oste ha detto:

    Si Filippo,
    condivido entrambe le tue osservazioni. Ed é vero che fare una riforma seria é molto difficile.
    Però la politica é anche l’arte di trovare le strade migliori per ottenere risultati che sembrano impossibili. Secondo me dovremmo ingaggiare una battaglia culturale a colpi di confronto pubblico per spezzare l’ortodossia sindacale, poi gettarci all’attacco del sistema.

  14. Filippo ha detto:

    x beffatotale: il merito accademico e’ la cosa piu’ facile da stabilire. Ci sono parametri come l’Impact factor (punti guadagnati per ogni articolo di rilievo pubblicato, ma probabilmente lo sai gia’) che consentono confronti preliminari. Poi le commissioni. Se sei giovane si valuta il CV e il progetto che vuoi proporre (con annesso controllo sia in corso che postumo al tuo progetto, se sgarri niente piu’ soldi).
    In Italia la commissione e’ libera di giudicare un articolo su Nature peggio di un articolo sul giornalino di classe, con pieno titolo legale visto che il senato accademico ha fatto le leggi apposta. In pratica ha, legalmente, potere totale in barba a tutti gli indicatori di merito internazionalmente riconosciuti. Non sono mica scemi gli universitari, hanno studiato e hanno inventato le leggi ad personam molto prima del nostro big B.
    x l’oste: condivido il tuo pensiero, anche se penso che -in tempi di crisi come questi- la mentalita’ dello “stipendio sicuro” dei sindacati trova terreno fertile perche’ la gente ha paura di restare senza lavoro. Dubito che la maggior parte degli aderenti ai sindacati aderisca per motivi ideologici. Se poi aggiungi che la crisi trova nei sindacati stessi una delle sue origini maggiori, capirai come spezzare il circolo vizioso sia quantomai difficile.

  15. alessandro ha detto:

    Ritengo che l’università italiana sia lo specchio della società italiana. Mi spiego: non è tanto una questione di regole, ma di cultura (o incultura). Anche se avessimo regole ferree, si troverebbe il modo di aggirarle. Quanto alla cooptazione, sarebbe buona in linea di principio, ma in realtà lascerebbe un potere immenso in mano ai baroni: preferirei un sistema più aperto e trasparente come il concorso (almeno in teoria).
    Comunque vorrei far presente che in ambito accademico la questione del “posto fisso” è legata a quella della libertà accademica. Un professore “scomodo” avrebbe sempre su di sé la spada di Damocle del licenziamento. Persino negli USA, una volta superata la tenure, è difficile perdere il posto (a meno di non commettere reati – anche accademici, come il plagio – o di violare norme di “correttezza politica” – come ad es. fare discorsi razzisti, omofobi ecc.). Al massimo ci si vede ridurre lo stipendio, il che serve già come incentivo per non fare il lavativo.
    Qui in Brasile (ebbene sì, sono un cervello in fuga), hanno un sistema simile a quello descritto da beffatotale: un minimo salariale e poi dei bonus per l’impegno, anche se poi la maggior parte delle università (visto che ne hanno il potere) preferiscono concedere a tutti il bonus in nome dell’isonomia (mah…). In più ci sono le borse di ricerca del CNPq (il CNR brasiliano) per chi fa ricerca. Il sistema è trasparente, tutti gli accademici brasiliani sono tenuti ad avere un CV nel sistema on-line Lattes (una banca dati nazionale) e ad aggiornarlo, e quindi qualsiasi richiesta di finanziamento è valutata con base nell’effettiva produzione accademica del candidato (giudicato secondo i parametri della sua area: quelli per le scienze umane non possono essere quelli per le scienze naturali per ragioni che non sto a elencare, ma che spero siano chiare per tutti). Il risultato è che diventa più difficile far vincere un concorso o una borsa al raccomandato di turno, perché il peso del curriculo è grande e i curricula stanno sotto gli occhi di tutti, accessibili con un semplice clic.

  16. Filippo ha detto:

    i modelli buoni sono tanti (o almeno quelli supposti tali). Il problema non e’ quale modello scegliere, il problema e’ come cambiare le cose. Il bastione baronale, ammanicato e arcigno, e’ oramai una montagna. Come spostarlo? a suon di decreti legge? come no, magari fatti da Mussi, degno rapprensentante di un governo che “se la fa sotto” dalla paura del confroto con i baroni a viso scoperto…

  17. Sciltian Gastaldi ha detto:

    Filippo, la trasmissione, ringraziando il sito di AnnoZero e non quello della Rai, l’ho vista anche io. Mussi ha alzato la voce solo perché Della Vedova non lo faceva parlare, questo va detto. E soprattutto va detto che è la prima volta, in Italia, che io mi ricordi, che un ministro arriva in trasmissione dicendo quel che ha fatto per risolvere il problema di cui si dibatte in trasmissione.
    Tu pure dici che potrebbe funzionare, e mi piace pensarla così anche io. Poi riguardo al fatto che se un barone vuol barare c’è il modo di farlo, sfruttando i tempi biblici della cause, sono d’accordo: in Italia la giustizia non esiste.

  18. Filippo ha detto:

    Mussi ha alzato la voce assai piu’ spesso che non una volta. Molto volte lo ha fatto in maniera piu’ velata rispetto agli strepiti contro Della Vedova, ma la soperchieria era evidente.
    Riguardo alla bonta’ di quello che Mussi ha fatto, beh, lasciatelo dire: sono tutte balle. O mezze verita’ che dir di voglia. L’operazione “rientro dei cervelli” e’ stata un fiasco per il quale ci deridono ancora in mezzo mondo (c’e’ anche un articolozzo di Nature a riguardo) e il motivo di tal fiasco e’ stato che il governo e’ uscito sonoramente sconfitto dal confronto con il senato accademico universitario. Ma ovviamente Mussi non lo dice. Toccare i baroni? giammai. La paura del confronto era evidente.
    In secundis ho per le mani delle bellissimi statistiche, occultate ad arte, che dimostrano come la tanto sbandierata alta produttivita’ scientifica dello Stivale sia la solita balla politicizzata. Altro che alta produttivita’, nonostante vi siano delle isole di eccellenza (Normale di Pisa e Sissa di Trieste), nell’europa che conta siamo avanti solo al Portogallo e, per poco, alla Spagna. In compenso paghiamo stipendi che hanno progressioni automatiche da far impallidire qualsiasi altro paese europeo (parti da 20.000euro lordi annui e arrivi a 100.000 a fine carriera se ti va bene, se ti va male ti fermi a 60.000, ma tutto automatico e senza colpo ferire).
    Stay tuned, appena ho un po’ di tempo scrivo il pezzo.

  19. depressione ha detto:

    Vorrei solo aggiungere che forse prima di parlare di pubblicazioni si dovrebbe pensare a dare la possibilità di pubblicare anche a chi non è protetto!
    Di fatto si continuano a mettere in luce solo pochi privilegiati, a cui vengono commissionati articoli o ricerche che non devono attendere anni per essere pubblicati e soprattutto che vengono approvati immediatamente dai comitati scientifici di insigni riviste!
    Cominciamo a parlare del mobbing accademico che coinvolge qualcuno che come me si è trovato a vincere senza appoggi un dottorato di ricerca, per poi trascorrere tre anni nel più completo anonimato!

  20. Filippo ha detto:

    quella prassi non succede poi cosi’ spesso, caro depressione. Chi ha un articolo per le mani vuole pubblicarlo, almeno nelle universita’ con baronati normali dove c’e’ la corsa all’accaparramento piu’ selvaggio.
    Inoltre, quali siano queste insigni riviste internazionali che pubblicano sotto raccomandazione mi piacerebbe proprio saperlo. Me ne sai dire una? Nature se ne frega che il prof. Mario Rossi, noto barone, e’ un potentissimo italiano. Se mandi spazzatura a Nature te la segano senza pieta’.

  21. Paolo ha detto:

    Come un barone puo’ aggirare le nuove regole:
    – se per un bando ci sono 10 candidati, si creano 30 candidature fittizie in piu’, di persone che non esistono o che sono chiaramente impresentabili
    – il 25% di 40 fa 10, quindi il panel internazionale selezione proprio i veri 10 candidati di partenza
    – l’università sceglie liberamente il raccomandato all’interno dei 10 che hanno passato la scrematura, cioé tutti

  22. Filippo ha detto:

    trovare 30 teste (a concorso) che ci mettano la faccia e accettino di fare da pupazzi non e’ mica facile. Devi trovare 30 persone che siano in ambito accademico con CV scandentissimi. Alla fine, sono 30 fantocci che devi in qualche modo ricompensare. Presentare CV inesistenti non puoi, i fantocci devono essere persone vere.
    In qualche modo lo puoi fare, ma e’ molto piu’ facile inciuciare con un paio di amici che manovrare 30 pupazzi.

  23. alessandro ha detto:

    Caro Filippo, si vede che non hai mai sentito parlare dei “ternati”. Quando, nei vecchi tempi pre-riforma del ’77, le cattedre erano assegnate con un concorso che prevedeva una sfida finale tra una terna di candidati, siccome vigeva già il principio della raccomandazione e il vincitore si conosceva fin da prima, bisognava trovare due persone disposte a fare da “spalla”. In genere si ricorreva a ricercatori o professori di liceo, disposti a questo giochetto in cambio di un articolo pubblicato, una prefazione di un barone o dei punti in graduatoria (nel caso di insegnanti delle superiori). Pensa che un bel giorno fecero una leggina che promosse a professori un buon numero di questi “ternati”. Ce n’è uno in ogni facoltà, e a volte non ci vuole molto per scoprirlo…

  24. Filippo ha detto:

    orpo. grazie alessandro, non ero a conoscenza dei ternati. Beh, allora che dire, mi casca l’asino (le proposte di Mussi) anche sull’unico punto che pensavo potesse funzionare: le commissioni all’estero.
    Solo una domanda, come mai Mussi propone una soluzione vecchia di 40 anni di cui si conosce gia’ il “grimaldello” e che ha gia’ dimostrato la sua inefficienza?

  25. Filippo ha detto:

    articolo bellino, caro mestesso, giustamente fa notare che anche la commissione esterna puo’ essere pilotata con favori e scambi. Ma cosa succederebbe se gli elementi di quella commissione esterna fossero italiani con posizioni fisse all’estero? generalmente gli italians ex-pat sono molto professionali e produttivi, e ben si guardano dal tornare in italia (non tanto per baronie e stipendi, quanto per l’impossibilita’ di avere fondi decenti per fare il proprio lavoro).
    Per cui, pilotare una commissioni di italians ex-pat non e’ proprio tanto facile data l’assenza di favori su cui far leva e dato un rigore morale generalmente molto piu’ elevato (ci sono le eccezioni anche li’, ma sono eccezioni e non la norma come in Italia).
    Basterebbe un giudizio di una commissione di italians ex-pat -che ti assicuro sarebbe ben felice di stroncare fessi e incapaci ben conosciuti nell’ambiente accademico- e il gioco e’ fatto. Per evitare lo scherzetto dei “ternati” a cui fa riferimento alessandro (vedi commenti precedenti), basterebbe evitare di dover promuovere per forza un 25% dei candidati alla fase finale: o sei abile o non lo sei, se non c’e’ nessun abile il concorso viene ribandito.
    cosa ne pensate?

  26. Mussi è un conservatore. Lontano dal partito democratico lontano dall’europa lontano da tutti.
    E’ solo vicino alle sue logiche di partito…
    Non ha MAI cercato un dialogo (ad esempio con Giavazzi) con coloro che propongono l’altro modo
    di concepire università e soprattutto ricerca. Anche perchè verrebbe massacrato in un secondo, data
    la sua incompetenza. Basta pensare che ad Annozero per controbattere Benedetto Della Vedova
    (che di università sa ben poco) si è portato Ignazio Marino (formatosi in USA)… RIDICOLO.
    Mussi si è sempre e SOLO rivolto a precari (troppo deboli per fare la voce grossa) e rettori (che la pensano come lui).
    Bel dialogo democratico!
    La riforma di Mussi la si può chiamare la riforma dell’immobilismo: cambiare il più possibile in modo
    che tutto rimanga come è…
    http://rivoluzioneitalia.blogspot.com/2007/05/il-criterio-internazionale-di-mussi.html

  27. pamela fluente ha detto:

    Gli “Amici di Beppe Grillo” hanno proposto una petizione contro CONCORSOPOLI.
    “BASTA CON I CONCORSI TRUFFA – IL CASO GASTALDI: ISTANZA DI GIUSTIZIA:
    http://www.petitiononline.com/gastaldi/petition.html
    vai a firmare.
    MUSSI mantieni le promesse. Mobilita l’Avvocatura Generale dello Stato.
    ” In tutti icasi in cui emergano episodi di malauniversità io ci sarò come parte civile. A parte la violazione della legge che fa sempre male a un Paese, il danno che si produce per questi episodi alla reputazione e all’immagine di una delle più importanti istituzioni nazionali che è l’università è enorme. ” (f.mussi)