19 Dicembre 2006

Il compagno Leonid

Diario

Ho letto oggi un bell’articolo di Anna Zafesova, corrispondente de La Stampa da qui, in occasione del centesimo anniversario della nascita di Leonid Brezhnev, un articolo che mi ha fatto ripensare ad una conversazione che ho avuto qualche giorno fa con un collega di banca. Da quando sono qui, sebbene sia circondato per la maggior parte del tempo da gente giovanissima – è la Russia che sembra popolata solo da ragazzi – non perdo occasione per chiedere a chiunque io possa di come si stava “prima”. Di com’era, “prima”. E così qualche giorno fa, durante una delle innumerevoli ore perse nell’impossibile traffico moscovita, ho chiesto a questo collega se in Russia si stesse meglio quando c’era Khrushev, Brezhnev o – che domande, certo che doveva essere così! – Gorbachev. Di fatto nel momento stesso in cui formulavo la domanda mi sono reso conto che avevo in testa una perfetta ed assolutamente statica graduatoria tra i tre, la graduatoria che avremmo in testa tutti noi occidentali, senza eccezioni: Gorbachev primo, Khrushev secondo, Brezhnev terzo. La graduatoria fatta sulla base della percepita apertura all’occidente di ciascuno di questi tre grandi capi dell’impero sovietico. E invece il mio collega mi ha detto con aria molto risoluta che quando c’era Khrushev non c’era nulla da mangiare, che forse a Mosca qualcosa si mangiava, ma che a Yekaterinenburg – dove stava lui – non c’era proprio nulla, che una volta aveva dovuto fare una fila lunghissima, una fila di ore per avere soltanto un pezzo di pane. E poi ha continuato dicendomi che nell’era Brezhnev invece c’era da mangiare per tutti, e che quindi non c’era paragone: Brezhnev era molto molto meglio di Khrushev. Altro che apertura all’occidente, quello che contava da questa parti erano puramente e semplicemente i bisogni primari, la lotta per la sopravvivenza, e quel metro di valutazione non ammette nessun genere di compromessi. Parlando di quel periodo in cui il compagno Leonid regnava, Zafesova scrive quest’oggi che a Mosca si percepisce ancora oggi “una nostalgia inspiegabile a cui non si riesce a trovare una giustificazione”. Non so se valga per la storia quella con la s maiuscola, ma la giustificazione del mio collega mi è sembrata da subito molto convincente.

Una risposta a “Il compagno Leonid”

  1. vadim. ha detto:

    Direi che il tuo collega ha centrato in pieno. Sono state le nuove generazioni (sopratutto moscovite) che non erano più soddisfatte del solo cibo, e di non doversi ammazzare in fabbrica per sbarcare il lunario a dare una spinta al cambiamento, anche se la vera scintilla della caduta dell’Urss è stato il petrolio a 10 usd a barile per qualche anno (altro che il Papa). Poi venne un Putin ante litteram (Andropov) ma la storia…

    Ps: se posso dare un consiglio usa la metro, a meno che non sia una policy del tuo datore di Lavoro proibirtelo.