15 Febbraio 2006

Caccia ai gay in Camerun

Diritti

Una vera e propria lista di proscrizione. Pubblicata e ripubblicata su tabloid scandalistici, che sono andati a ruba tra la popolazione del Camerun, richiamata alle edicole da titoli come «Ecco le checche di casa nostra» e «Devianza: la lista completa degli omosessuali del Camerun». Si è aperta così nelle settimane scorse un’insolita caccia alle streghe. Che rischia di fare però vittime eccellenti, visto che nelle famose liste compaiono ministri della repubblica, uomini politici, imprenditori, artisti e perfino un vescovo. L’effetto è stato dirompente. Perché in Camerun l’omosessualità non solo non è socialmente accettata, ma è anche perseguibile per legge. È un’eredità del vecchio codice penale di epoca coloniale, che all’articolo 347 stabilisce che ogni persona che abbia relazioni sessuali con un’altra dello stesso sesso può essere punita con una pena che va dai sei mesi ai cinque anni di carcere e con un’ammenda che può variare tra i 20mila e i 200mila franchi Cfa (dai 30 ai 300 euro). Ma se chi commette il reato è minore di ventun anni, la pena è automaticamente raddoppiata.
Finire sulle prime pagine dei giornali nazionali non è quindi uno scherzo. E le reazioni dei diretti interessati non si sono fatte attendere. A parlare per tutti è il ministro della comunicazione, Pierre Moukoko Mbonjo, che ha domandato come i giornalisti che hanno redatto le liste pensano di dimostrare in tribunale le accuse mosse contro i presunti omosessuali. A meno che, ha concluso affondando il colpo, non siano loro stessi i partner di coloro che sono stati citati dai giornali. Ha poi raddrizzato il tiro, sostenendo che «sia che siano eterosessuali sia che siano omosessuali, i comportamenti sessuali sono una questione privata che riguarda due persone in un ambiente intimo».
Un’affermazione che però è molto lontana dal sentimento diffuso tra la popolazione e che i direttori dei giornali impegnati nella caccia alle personalità gay stanno facendo di tutto per smentire. Fino ad arrivare ad arrogarsi il diritto e il dovere di «purificare» la nazione dal virus dell’omosessualità. «L’amore tra gli uomini è disgustoso», ha dichiarato il direttore di L’Anecdote, uno dei giornali che si sono gettati a pesce sullo scandalo. «Può essere normale in Europa», ha continuato, «ma in Africa e in Camerun è impensabile». Parole che ricordano da vicino quelle di personaggi in vista della scena politica africana, come il controverso presidente dello Zimbabwe Robert Mugabe, che ha abituato cronisti e popolazioni con esternazioni spesso eccessive sul tema.
Lo straparlare di Mugabe o il caso camerunese si inseriscono in un panorama, quello africano, di radicata e persistente omofobia. Nella maggior parte dell’Africa sub-sahariana l’omosessualità è fuorilegge (alcuni paesi prevedono l’ergastolo o la pena di morte per i gay) e non è un argomento di discussione pubblica. In molti casi, anche lo status legale dell’omosessualità non dice molto sul reale stato dei gay e lesbiche, visto che solitamente i tabù hanno una rilevanza maggiore delle leggi. Ciò non significa che comunità omosessuali, per quanto underground, non esistano. Ma non essendo un argomento di discussione, anche il livello di consapevolezza individuale dell’omosessualità può essere basso. Unico caso decisamente in controtendenza è il Sudafrica, unico paese al mondo con una costituzione che proibisce esplicitamente qualsiasi tipo di discriminazione nei confronti delle minoranze sessuali (e dove i matrimoni omosessuali sono diventati legali lo scorso dicembre).
Ma nel caso delle liste sui giornali camerunesi non c’è solo la semplice omofobia a muovere le fila dello scandalo. Alcuni osservatori hanno voluto vedere dietro a tutto questo bailamme delle manovre politiche causate da una lotta di potere interna al partito del presidente Paul Biya, in vista di un prossimo rimpasto di governo. Ma ci sono anche gli interessi commerciali dei giornali, che in pochi giorni hanno visto crescere vertiginosamente le proprie vendite. E mentre i prezzi delle singole copie si decuplicavano, le fotocopie delle liste hanno raggiunto quotazioni astronomiche al mercato nero.
(Fonte: il Manifesto, 12 febbraio 2006)