Grazie a tutti
Avremmo voluto tenere la cerimonia della nostra unione civile la più riservata possibile: avevamo deciso di invitare gli amici soltanto alla festa la sera, e di avere alla cerimonia soltanto i parenti stretti. Poi, quando già pensavamo di avercela fatta, Goffredo De Marchis di Repubblica, mentre eravamo in missione a Pechino la scorsa settimana, ha scoperto casualmente la cosa … e le cose sono cambiate.
Federico e io speriamo tutta questa inaspettata pubblicità (hanno parlato di noi in Brasile, in Olanda, in Belgio, in Austria, in Slovacchia e oggi siamo finiti addirittura sull’edizione cartacea del Global Times, in Cina) possa servire a far passare più forte il messaggio – soprattutto a beneficio di tanti adolescenti che vivono momenti non facili, come del resto è successo anche a noi da ragazzi – che essere gay o lesbiche non significa non poter essere felici e amati, anche dagli amici, dai parenti e dai genitori. Le nostre mamme sabato mattina erano radiose e le nostre sorelle Vanessa e Francesca durante la cerimonia hanno detto parole bellissime.
La nostra vita dopo il matrimonio non cambierà, viviamo insieme da 11 anni e mezzo e la nostra consuetudine è morbida e comoda come uno di quei pullover che indossi da sempre e da cui non ti separeresti per nessuna ragione al mondo. Ma oggi la nostra famiglia non vive più solo per e attraverso di noi: da sabato essa è parte della vita della nostra comunità, davanti alla quale si è creata in modo formale.
Vogliamo ringraziare naturalmente tutte le persone senza le quali tutto questo non sarebbe stato possibile. A partire da Matteo Renzi, senza la cui lucida visione di modernizzazione del Paese e senza la cui testa durissima (che sia lungamente benedetta per la sua resistenza agli urti) questa legge non avrebbe mai visto la luce.
E poi Maria Elena Boschi, Andrea Orlando, Monica Cirinnà, Peppe Lumia, Luigi Zanda, Sergio Lo Giudice e tutti colleghi della Camera e del Senato con i quali abbiamo lavorato alla legge o che semplicemente hanno votato per approvarla. E poi la storia lunghissima dalla quale tutti veniamo: tutto il movimento LGBTQI, le associazioni, i parlamentari che nelle scorse legislature hanno provato a muovere l’agenda dei diritti: a partire da Angelo Pezzana, Franco Grillini, Paola Concia, Vlady Luxuria e Nichi Vendola, secondo me dei veri e propri eroi civili che fanno già parte della storia del nostro Paese.
Fatemi ringraziare anche Pierfrancesco Majorino che, indossando il tricolore, ci ha uniti nella meravigliosa Sala degli Specchi di palazzo Reale a Milano: la sala che oggi si chiama “dei matrimoni e delle unioni civili” per precisa volontà dell’amministrazione comunale. Qui sotto potete vedete l’estratto della cerimonia che l’agenzia di stampa Omnimilano ha caricato su YouTube. A parte l’accento sul nome di Federico (che si chiama Lazzàrovich e non Lazzaròvich, un cognome che ora è anche mio: meglio allenarsi!), Pier è stato veramente impeccabile.
Ce l’eravamo promessi tanti anni fa, quando da fresco assessore al Welfare aveva fortemente voluto il registro delle Unioni nella nostra città, ma pensavamo che il giorno in cui ci avrebbe sposati non sarebbe mai arrivato. E invece, chi l’avrebbe mai detto, noi abbiamo avuto la fortuna di vivere abbastanza per poterlo vedere (al contrario dei tanti a cui oggi va il mio pensiero, a partire da Cesare e del suo Stefano, la cui morte causò la mia decisione due anni fa scorso di cominciare il digiuno per spingere la legge).
Grazie di cuore a tutti per i milioni di messaggi di affetto, nella proporzione di uno a mille rispetto alle piccole sgradevolezze che non hanno minimamente scalfito la nostra felicità.
Un grazie commosso davvero a tutti. Anche da Federico, mio marito.