19 Febbraio 2016

Restare umani

Appunti

In un dibattito andato in onda un paio di giorni fa in tarda serata su Radio Radicale a proposito delle unioni civili, che purtroppo non ho potuto seguire, un esponente del Movimento Cinque Stelle avrebbe detto che un mio tweet (immagino sia questo: “Quindi per salvare un principio si sono messi a rischio i diritti, le aspirazioni, le vite e la dignità di tante persone. Basta dirlo.”) testimonierebbe che io “me ne infischi dei principi”. Non è un’interpretazione corretta. Do la massima importanza ai principi, e mi spiace vederli usati a geometria variabile per bassa cucina politica. Provo fastidio per quelle affermazioni (avete presente? “Non è per i soldi, ma per il principio”) che tirano in ballo i precetti inderogabili e le elevatezze virtuose per coprire ben altro e ben meno commendevole.

Anche astraendo da questo, tuttavia, il mio rispetto per i principi e per i precetti non me li fa considerare in guisa di verità assolute. Su questo la penso, non se ne adonti il cardinal Bagnasco, come il Gesù del Vangelo “Il sabato è stato fatto per l’uomo, non l’uomo per il sabato” (Marco, 2, 27). Credo ai principi perché rendono l’uomo migliore, perché completano e valorizzano l’umanità. A questa stregua il principio “vanno rispettati gli ordini di chi è legittimato ad impartirli” è una buona cosa, se non lo si usa per far funzionare in modo efficiente il campo di Auschwitz.

Ecco, io penso che quel “restare umani” pronunciato da Matteo Renzi all’assemblea nazionale del Pd del 18 luglio, quel non consentire alle nostre paure e ai nostri pregiudizi di farci dimenticare la nostra umanità sia e debba restare la nostra stella polare, il punto di riferimento della nostra attività. Anche e soprattutto in materia di diritti. La frase che ha tanto indisposto il Senatore Airola (“La nostra vita è nelle vostre mani”) intendeva appunto ricordare che il disegno di legge Cirinnà si occupava non di codicilli astratti e di formule socioeconomiche. E’ materia di carne e sangue per una moltitudine di nostri concittadini.

Persone, bambini, famiglie: vabbé, ammettiamo pure che non siano conformi alle interpretazioni più arcigne dell’articolo 29 della Costituzione, ma cos’altro si può ritenere che siano? Sono persone che si vogliono bene. Io sono sempre un po’ impressionato quando il professor Gandolfini ci spiega che lo scopo del sesso non è il piacere ma la procreazione e che la famiglia non è fondata sull’affetto, ma su altre e più meritevoli qualità. Non è anche questa un’irruzione di disumanità, proprio come quando si sente il bisogno di versare nell’indistinta voce “migranti” (o “stranieri” o “clandestini”) persone di carne e sangue che giungono alle nostre rive dopo avere attraversato l’inferno?

Se la famiglia non è fondata sull’affetto, su cos’altro? Non riesco proprio a condividere questa concezione zootecnica della famiglia, luogo per la produzione in batteria di piccoli destinati meccanicamente alla prosecuzione della specie.

Restiamo umani, dice Matteo Renzi. E comincia da se stesso. Giorni fa il Corriere ricordava come la sua posizione sulle unioni civili sia molto cambiata rispetto al 2007 (“Le cause giuste convincono gli uomini onesti” avrebbe detto una volta Giuseppe Di Vittorio) e attribuiva la più parte della sua mutata opinione al ricordo di Alessia Ballini, la sua assessora a Firenze, lesbica e prematuramente scomparsa nel 2011.

Vorrei che chiunque si impegna pro o contro questa legge lo facesse non nella prospettiva di guadagnare i voti dei cattolici o dei laici, di fare bella figura sui giornali di destra o di sinistra, di avere qualche follow o qualche like in più sui social network. Vorrei che lo facesse, secondo coscienza, pensando alle persone vere, agli uomini veri e alle donne vere, ai bambini veri, non al fumetto che ne ricavano sulla base di pregiudizi o precetti astratti. La legge è per l’uomo, non l’uomo per la legge.

Certo, restare umani comporta qualche inconveniente. Se sei Monica Cirinnà, cioè una persona che ci ha messo il cuore e l’anima senza alcuna prospettiva di tornaconto o gratificazione personale, può capitare che l’amarezza ti strappi parole sopra le righe o non soppesate abbastanza; e che la disumanità di altri ne faccia strumento di speculazione. Così come può capitare che un Ivan Scalfarotto qualsiasi compartisca la sua idea di umanità con uno che, preso dalla sua furia, invece vede davanti a sé non una persona ma un sottosegretario (orrore!) e pensa che non stia parlando di vita, ma di politica. Lost in translation.

Ed anche in Parlamento, vogliamo dircelo? Ci sono gli emendamenti, pochissimi, che riguardano la sostanza della legge: quelli che non vogliono la stepchild adoption, quelli che non ammetterebbero un’unione omosessuale prima che siano trascorsi trent’anni dal primo bacio, quelli che rifiutano l’idea della pensione di reversibilità o della legittima. Saranno dieci o quindici. E poi ci sono quelli del cazzeggio, del trabocchetto, della fuffa perditempo. Abbiamo respinto l’orrido canguro per poter discutere e votare, fra gli altri, un emendamento che dice che le unioni civili devono chiamarsi “unioni renziane”. Pensateci, sono disumani anche questi: privi di senso e di intelligibilità anche per chi li propone.

Il perfetto specchio di chi crede che l’attività parlamentare possa consistere nell’algoritmo che genera emendamenti a piacimento. Anche lui, l’algoritmo, perfetta metafora della disumanità. Ecco perché abbiamo il dovere di farcela; senza farci scoraggiare, senza cedere all’emotività, senza negare le ragioni altrui. Ma anche senza impiccare gli esseri umani e i loro diritti sull’altare di improbabili principi o di alibi ipocriti che nascondono in verità il più ignobile calcolo, fatto dalla peggiore politica, sulla pelle di quei “cittadini” che si pretende di rappresentare.