7 Gennaio 2012

Maggie e Giulio

Appunti

Ho visto ieri a Londra “The Iron Lady”, il film con Meryl Streep su Margaret Thatcher. Non ho particolarmente amato l’insistenza sulla malattia dell’ex primo ministro, ma certo ho trovato l’interpretazione di Meryl Streep assolutamente gigantesca. Per lo spettatore è assolutamente impossibile durante il film distinguere personaggio e attrice, l’immedesimazione tra le due è totale e il ruolo sembra proprio costruito ad arte per consentire alla Streep una prova di tecnica e di genio. Insomma, un film fatto apposta per consegnare all’attrice americana un ulteriore Oscar senza troppe discussioni e il cui biglietto vale la pena di pagare per non perdersi un’interpretazione che resterà memorabile. Il mio consiglio è quindi, quando il film arriverà in Italia, di andare assolutamente a vederlo.

Detto questo, durante la proiezione, io ho continuato a pensare ad un altro film: “Il divo”, di Paolo Sorrentino, quello sulla vita e le opere di Giulio Andreotti, in un’altra straordinaria interpretazione: quella di Toni Servillo. In realtà il film su Andreotti si svolge negli anni immediatamente successivi alla caduta di Mrs Thatcher, ma la storia dei due paesi in anni ormai abbastanza lontani da non essere più sola cronaca, filtrata attraverso le vite di due personaggi così controversi e fondamentali per la storia dei rispettivi paesi, è secondo me un parallelo molto interessante.

Da un lato una donna fatta di soli spigoli che ha provato a risolvere la crisi della fine degli anni ’70 brandendo un’ascia e decidendo di fare in proprio il “lavoro sporco” che le sembrava necessario per risollevare il suo paese. Dall’altro invece un uomo sgusciante e inafferrabile che ha manovrato le leve della politica accettando qualsiasi compromesso e portando il paese a galleggiare, come lui stesso sapeva fare in modo ineguagliabile, tra le difficoltà del momento storico che si stava attraversando. Io credo che anche i due paesi come sono oggi risentano dell’opera dei due statisti. La bassa macelleria sociale che la Thatcher fece senza curarsi davvero di nulla nei suoi anni di governo consegnò al New Labour di Blair un paese quasi morto ma pronto a fare un salto in avanti. Questo non è accaduto in Italia, dove si evitò il bagno di sangue che la Gran Bretagna conobbe negli anni della Thatcher. Il tutto però a spese dei nostri conti pubblici che sono serviti a finanziare il consenso di gruppi di interesse (diciamolo: non sempre meritevoli) ben al di là delle nostre possibilità collettive. Così che oggi il nostro debito, cresciuto tra il 1980 e il 1995 dal 55% al 121%, rappresenta ancora un fardello pesante per il futuro del paese.

Mi chiedo se non si sarebbe potuta trovare una sana via di mezzo, per esempio perseguendo gli evasori fiscali con la determinazione con cui sembra lo si stia finalmente facendo oggi, o non consentendo alla politica di coltivare zone grigie ai margini con l’illegalità in molte zone del paese (vedi la corrente andreottiana in Sicilia) o combattendo davvero corporazioni e rendite di posizione. Se insomma non dovremmo chiamare chi ha avuto responsabilità politiche in quegli anni, e anche negli anni successivi, a rispondere del fatto di non aver saputo assumersi la responsabilità di prendere qualche decisione. Che a far politica a dire sempre di sì, e con i soldi pubblici, in fondo sono bravi tutti.

C’è un’ultima e non trascurabile differenza tra Maggie e Giulio: il sistema politico inglese richiese sempre a Thatcher di esporsi, di candidarsi, di rischiare in proprio e pubblicamente. Anche la sua uscita di scena si compirà in pubblico, davanti a tutti, con una conta aperta sull’appoggio del partito che la signora di ferro perderà davanti agli occhi della nazione. E il Divo Giulio, invece? Il Divo Giulio è ancora lì, formalmente non ha perso mai.