4 Febbraio 2006

"A Nassiriya sparammo contro civili e ambulanza"

Attualità

«Sparai contro il mezzo perché così mi fu ordinato dal maresciallo Stival. Se mi fossi accorto che si trattava di un’ambulanza mai e poi mai avrei sparato e avrei chiesto spiegazioni al superiore». È il 25 gennaio scorso. Davanti ai magistrati della procura militare il caporalmaggiore Raffaele Allocca ammette che a Nassiriya, durante la battaglia dei Ponti della notte tra il 5 e il 6 agosto del 2004, i soldati italiani fecero fuoco contro i civili. Conferma la versione sempre negata dalle Forze Armate e dall’allora ministro degli Esteri Franco Frattini che in Parlamento dichiarò: «Non è vero che si trattava di un mezzo di soccorso, era un’autobomba».
L’ENCOMIO — Il sottufficiale, in Iraq con il reggimento Lagunari «Serenissima» di Venezia, è accusato dalla procura di «uso aggravato delle armi contro ambulanze e contro il personale addetto». Ma l’Esercito lo ha di fatto già assolto e premiato. Il 28 agosto 2004 il generale Corrado Dalzini gli ha consegnato un encomio per aver «contribuito in maniera determinante al successo dell’operazione». I suoi avvocati Mario De Caprio e Barbara Da Ronch hanno consegnato il documento al pubblico ministero. La versione dei militari è stata ribadita più volte: «Si trattava di un’autobomba. Abbiamo lanciato segnali luminosi e cercato di fermarla ma non ci siamo riusciti e abbiamo sparato. Se non l’avessimo bloccata, ci sarebbe stata una strage». Le vittime furono almeno quattro persone. Tra loro una donna incinta e un signore anziano. Non furono gli unici civili uccisi dai soldati italiani durante quella battaglia. È lo stesso Allocca ad ammetterlo. «Ricordo che dopo l’episodio dell’autovettura colpita ed esplosa — ha fatto mettere a verbale — un autobus passeggeri effettuò la stessa manovra venendo verso di noi e non fermandosi alle nostre intimazioni. I commilitoni del dispositivo spararono davanti al mezzo che si fermò davanti ai nostri carri. Un carro si avvicinò e fece scendere dall’autobus due persone, un signore con un bambino. Successivamente il maresciallo Stival seppe che a bordo del mezzo era morto il conducente. Anche io sentii questa comunicazione».
IL RAPIMENTO — Il 22 agosto 2004, dieci giorni dopo averlo sequestrato nella zona a sud di Nassiriya, i miliziani dell’Esercito del Mahdi rilasciarono il giornalista statunitense Micah Garen. E pubblicamente affermarono: «È un messaggio di pace. Lo abbiamo liberato anche perché ha fatto chiarezza sull’operato dei militari italiani». Era stato proprio Garen, dopo la battaglia dei Ponti, ad accusare i soldati impegnati nella missione «Antica Babilonia» di aver fatto esplodere non un’autobomba, ma un’ambulanza. E aveva filmato il mezzo. Qualche settimana fa la Procura militare ha ottenuto una proroga delle indagini. I magistrati devono infatti accertare non soltanto il rispetto delle regole d’ingaggio visto che i soldati italiani sono in Iraq in missione di pace, ma soprattutto ricostruire la catena di comando. Come hanno sottolineato i difensori del caporalmaggiore e ha ribadito lui stesso durante l’interrogatorio, l’ordine di sparare arrivò dai superiori. E dunque è presumibile che dovranno essere convocati non soltanto il maresciallo Stival, ma anche il capitano Guaschino. «Fu lui — ha spiegato Allocca — a farci assumere la posizione sul terreno. Ci fu assegnata la parte sinistra del ponte, dovevamo osservarlo e avvisare se qualcuno provava ad attraversarlo».
(Il Corriere della Sera, 03 febbraio 2006)