13 Settembre 2008

Cronache da Austin

Diario

O&E.jpgSu L’Unità di oggi la mia cronaca da Austin, Texas, dei lavori del summit di Out & Equal

Oggi giornata di apertura formale dei lavori alla Conferenza Annuale di «Out & Equal», l’organizzazione americana che combatte per l’uguaglianza della comunità Glbt (gay, lesbiche, bisessual, transgender) nei luoghi di lavoro, che si sta tenendo ad Austin negli Stati Uniti: i tremila delegati provenienti da 45 dei 50 Stati degli Usa e da venti nazioni straniere si sono riuniti nel gigantesco centro congressi della capitale texana.


Tra gli ospiti principali Michael Guest, il primo ed unico diplomatico statunitense apertamente gay – è stato ambasciatore in Romania – che ha da poco lasciato il Dipartimento di Stato in aperta polemica con il Segretario di Stato Condoleezza Rice per non aver ottenuto il riconoscimento dello status di famiglia per se stesso e per il suo partner, e Judy Shepard, direttore esecutivo della Fondazione che porta il nome di suo figlio Matthew, ucciso in un attacco di violenza omofobica da due coetanei nel 1998. 

Matthew fu picchiato selvaggiamente e lasciato agonizzare appeso ad una palizzata per 18 ore, tanto da essere scambiato dalla persona che lo soccorse per uno spaventapasseri; morì dopo cinque giorni in ospedale per le ferite riportate. «Quando ho cominciato questo lavoro 10 anni fa, negli occhi dei ragazzi vedevo paura e trepidazione, oggi vedo coraggio e determinazione», ha detto Shepard che con la sua fondazione oggi fa un lavoro capillare di educazione nelle scuole e nelle università del Paese per educare contro l’omofobia e sostenere il tema della diversità e dell’inclusione. «Raccontate la vostra storia – ha proseguito parlando alla platea – parlate ai vostri amici, ai vostri parenti, ai vostri colleghi. Educate gli altri essendo voi stessi in ogni momento». Shepard ha paragonato il cammino per l’emancipazione delle persone Glbt in America al movimento dei diritti civili negli anni 60: «non potrete farcela da soli, avete bisogno di alleati tra gli eterosessuali, come non ce l’avrebbero fatta gli afroamericani se quella parte di America che sta nel mezzo e che non si riconosce certo nella destra religiosa non li avesse appoggiati: è a loro che dovete anche oggi parlare». 
La parola “alleati” ricorre spesso nei lavori della conferenza: si definiscono così i molti eterosessuali presenti, amici o parenti dei partecipanti ma anche personale inviato dalle aziende – quali Citi, Deloitte, Dell, Ibm, Accenture, General Motors, Disney, Nike, Microsoft e moltissime altre – che hanno aderito e sponsorizzato l’evento di Austin. I partecipanti sembrano aver preso alla lettera le parole di Judy Shepard: negli occhi di tutti si vedono chiaramente più determinazione che paura e trepidazione, un atteggiamento molto evidente soprattutto durante le riunioni plenarie ogni qual volta qualcuno fa riferimento alla campagna presidenziale in corso: sostegno incondizionato per Obama da parte di tutti, mentre il nemico si identifica assai più con Sarah Palin che col pallido McCain. 
A questo si aggiunge la sensazione di avere raggiunto una massa critica che consente lo svolgimento di un congresso come questo (improbabile in Europa, impensabile in Italia: il vostro inviato ricorre di tanto in tanto ai rimedi della nonna, pizzicandosi per assicurarsi che tutto quello che vede e vi racconta stia avvenendo per davvero) ma anche ai risultati che la manifestazione, giunta alla sua decima edizione proprio quest’anno, ha oggettivamente raggiunto.
Nel suo discorso di apertura la presidente di «Out & Equal», Selisse Berry, ha sottolineato come 10 anni fa solo il 5% delle più grandi aziende americane adottasse una politica ufficiale di non discriminazione nei confronti dei dipendenti Glbt, soglia che è giunta ora al 98% con un 40% che oggi adotta anche politiche di non discriminazione sul tema dell’identità di genere, il tema che riguarda la popolazione transessuale e transgender, anche questa rappresentata in forze qui ad Austin: c’è per esempio Donna Rose, una dei tre componenti del Comitato Organizzatore dell’edizione di quest’anno, e c’è anche Megan Wallent. 
Una storia esemplare, quella dell’ingegner Michael Wallent, che dopo una brillante carriera di undici anni come general manager di Microsoft durante la quale ha guidato i team che hanno creato Internet Explorer e Windows Vista, dal novembre 2007 è diventato l’ingegner Megan Wallent. Dagli atti del congresso sappiamo che vive a Seattle, ha un brevetto di pilota, tifa per i Red Sox e che la sua partner si chiama Ann e i suoi bambini Peri, John e Samwich. Una storia esemplare di una vita normale.

3 risposte a “Cronache da Austin”

  1. Leo Perutz ha detto:

    Aho! Di questo passo IMille (si) faranno da soli l’Unita’ d’ Italia!

  2. Marco Lamperti ha detto:

    Mentre negli US organizzano summit per lottare contro l’omofobia, in Italia i “civili” assessori del Nord avanguardista ed europizzato fanno simili dichiarazioni. Sono, a dir poco, basito!

  3. La nuova Unità ha detto:

    […] Sto parlando… del bel resoconto di Ivan Scalfarotto… […]