12 Gennaio 2016

Perché non vado al “Giulio Cesare”

Appelli, Attualità, Diritti, Laicità, Pari opportunità, Partecipazioni televisive

Gli studenti del Liceo “Giulio Cesare” di Roma mi hanno invitato a un’assemblea sul tema delle unioni civili e delle adozioni da parte delle coppie gay. Nell’invito il rappresentante degli studenti ha voluto specificarmi che “il dibattito avrà chiaramente una controparte composta da membri di un’associazione in difesa della famiglia naturale, questo perché (giustamente) non mi è stata concessa l’opportunità di organizzare un dibattito a senso unico”. Ho risposto a Giuseppe, il rappresentante degli studenti che mi ha scritto, che ho deciso di non accettare il loro invito con la lettera che trovate qui di seguito. Vale per il “Giulio Cesare”, ma le stesse cose ho già avuto modo di dirle anche ad alcuni conduttori televisivi, declinando il loro invito a dibattiti sulla questione.

Caro Giuseppe,

Grazie mille per il pensiero, ma temo che non potrò accettare il vostro cortese e graditissimo invito. Non ritengo infatti opportuno dibattere davanti a voi con un’associazione “a difesa della famiglia naturale” e ciò per alcune ragioni molto stringenti.

Innanzi tutto, non credo che le famiglie composte da due persone dello stesso sesso e dai loro figli abbiano alcunché di innaturale. Anch’esse infatti esistono in natura, non essendo state create le persone omosessuali in qualche laboratorio. Quando poi i loro figli nascono con tecniche di fecondazione medicalmente assistita, questo accade in modo del tutto identico a quei figli che le famiglie eterosessuali hanno con le stesse tecniche e che nessuno si permetterebbe di definire come “non naturali”.

In secondo luogo io non ho veramente nulla contro la famiglia eterosessuale (chiamiamola così). Anzi: anche io vengo da una famiglia eterosessuale (ho avuto un papà e una mamma!) e amo moltissimo la mia famiglia. Di conseguenza, come sostenitore della famiglia eterosessuale, non ho alcun motivo di discussione con i rappresentanti di queste associazioni: sono un convinto sostenitore di tutte le famiglie, incluse quelle rappresentate dalla mia eventuale controparte.

E’ però probabile, anzi sicuro, che siano queste persone ad avere qualcosa contro le famiglie come la mia. Non si tratterebbe dunque di un dibattito “a due sensi”, ma di una mia difesa da qualcuno che – unilateralmente – attaccherebbe me, avendo dei motivi di odio o di diffidenza nei confronti della mia famiglia e di famiglie come la mia, e dovendone dimostrare l’inferiorità morale, antropologica o culturale. Non vedo perché si debba rappresentare una situazione in cui c’è uno solo che attacca e uno solo che si difende. Che dibattito mai sarebbe?

Con la legge sulle unioni civili (o anche, come è accaduto in altri paesi con la legge sul matrimonio ugualitario) si estendono diritti senza toglierne a nessuno: mettere sullo stesso piano qualcuno che chiede diritti e qualcuno che, senza subire per questo alcun pregiudizio, glieli vuole negare significa implementare un’uguaglianza tra le due parti che è solo formale. Mettere sullo stesso piano chi non ha diritti, da un lato, e chi ce li ha ma li nega agli altri, dall’altro lato, non è mettere le persone sullo stesso piano: è un’illusione ottica.

Non mi risulta che le scuole invitino minoranze storicamente discriminate insieme a chi le discrimina. Dubito che invitereste un’associazione contro il razzismo insieme con un’associazione che sostiene la supremazia di una razza sulle altre per avere un dibattito “non a senso unico”. Non vedo dunque perché dovreste invitare insieme a chi spiega e illustra a fini educativi la situazione di minorità storica e legale delle persone LGBTI insieme a chi quella minorità sostiene e intende mantenere inalterata.

I trattati internazionali, le grandi carte fondamentali dei diritti, le alte corti nazionali e internazionali hanno più volte sottolineato che la discriminazione per orientamento sessuale e identità di genere è una discriminazione odiosa come le altre. Ritengo che le persone lesbiche, gay, bisessuali, trans e intersex abbiano tutto il diritto e, dirò di più, forse anche il dovere, di sottrarsi all’equazione che li vuole portatori di un messaggio di uguale valore morale rispetto a quello di coloro che li discriminano.

Ritengo dunque che sedersi davanti a una platea di giovani rappresentando il messaggio di chi aspira all’uguaglianza in condizioni di parità formale con il messaggio chi ritiene che le persone debbano essere tenute in condizione di disuguaglianza, sia diseducativo proprio per i giovani prima ancora che lesivo della dignità del messaggio che mi chiedi di rappresentare.

Per questo, dunque, grazie di cuore per l’invito, ma “no grazie”, non parteciperò alla vostra assemblea. Spero però che il mio messaggio vi offra qualche spunto di riflessione: se vorrai condividerlo in qualsiasi forma con i tuoi compagni di scuola, ne sarò lieto.

Un caro saluto, buon lavoro e in bocca al lupo per il vostro futuro.
Ivan