18 Aprile 2007

Bloody Mary

Diario

aeroplano.jpegBene, ho deciso che questa ve la racconto, tanto per essere consapevoli di come tante volte le cose accadono e ci si può ritrovare per puro caso in un romanzo kafkiano oppure niente, la vita prosegue uguale a se stessa, come succedeva in quel famoso film, com’è che si chiamava?.. “Sliding Doors”.
C’è un mio amico che praticamente vive sugli aerei. Viaggia continuamente di qua e di là, saltabbecando per i continenti dentro questi micidiali, enormi uccelli di metallo. Il mio amico ha fatto milioni di check in, nella sua vita. Non migliaia, milioni. Un bel giorno mentre fa la fila sovrappensiero come al solito in un aeroporto nel bel mezzo dell’Asia, gli si avvicina un signore distinto, sui cinquantacinque, un bell’uomo dell’Europa del nord. Accento olandese, o forse tedesco, chissà.


Il signore con un gran sorriso si rivolge al mio amico e gli dice: “Scusi, dato che la mia valigia è pesantissima le dispiace se facciamo il check-in insieme? Lei ha una valigia piccolina così non mi tocca pagare la soprattassa”. Il mo amico è uno di quelli che pensa per istinto che al mondo la gente sia tutta per bene, poi ha un debole per gli olandesi (e forse anche per i tedeschi, ma magari questo ancora non lo sa), così dice “Ma certo, si figuri”. E così fanno il check-in insieme. Il mio amico fa le cose di corsa, va bene la gentilezza, ma teme che il signore olandese (tedesco?) gli si appiccichi alle calcagna e gli tocchi poi fare conversazione per tutto il viaggio. Ha sonno (si sa, il jet lag…) e non vede l’ora di calarsi la mascherina nera sugli occhi e buona notte. Magari giusto dopo un Bloody Mary, così, tanto per conciliare il sonno.
Superato il controllo passaporti, il mio amico – che, quando lavora, viaggia in business – se ne va nella business lounge. Il signore olandese non c’è, ma lui ha il posto 1A: avendo fatto il check-in insieme certamente all’altro hanno dato l’1B, si rivedranno in aereo di sicuro. Il volo viene chiamato per l’imbarco, il mio amico sale sull’aereo e prende posto. Al posto 1B, però, non arriva nessuno.
Il mio amico diventa nervoso, comincia a pensare, e nel ricordo si rende conto che il signore olandese ha messo la sua valigia sul tapis roulant prima della sua e che la valigiona grigia della sua nuova conoscenza è stata imbarcata, capperi, a nome suo. Vedi un po’ tu: milioni e milioni di check-in, e uno casca come un pivello al suo battesimo del volo in questa situazione così equivoca e sospetta. Praticamente come accettare di comprarsi il Colosseo da Totò e Peppino De Filippo.
Il mio amico pensa pensa e si fa sempre più nervoso e, seduto al suo posto 1A, comincia a considerare tutte le realistiche possibili conclusioni della vicenda: 1. Il signore olandese diceva la verità, e pace; 2. Il signore olandese in realtà traffica in droga (diamanti, icone antiche, plutonio arricchito) e la sua valigia piena di roba è ora registrata a suo nome per il tripudio delle autorità doganali a cui non sembrerà vero trovare la droga con su stampato il nome del proprietario; 3. Il signore olandese, che non compare sul velivolo, una volta caricata una bomba nella valigia a nome suo invece di completare il check-in se l’è filata (il mio amico una volta guadagnata la sua carta d’imbarco non aveva guardato cosa il suo nuovo nordico amico avesse poi veramente fatto tutto preso com’era a non dare confidenza agli estranei: figurarsi!) e l’aereo esploderà in viaggio.
Il mio amico è un tipo discreto ma due delle tre possibilità gli paiono decisamente non propizie, così, visto che l’aereo resta fermo per una buona mezz’ora sulla pista nonostante i passeggeri siano tutti imbarcati (con il posto 1B sempre rigorosamente vuoto), decide di parlarne con l’equipaggio.
Si avvicina ad una hostess e le spiega la vicenda. La hostess non parla un buon inglese così chiama una collega perché capisca cosa cavolo voglia il nervosissimo passeggero dell’1A. Il mio amico si arma di santa pazienza e rispiega il tutto dal principio alla fine alla collega. La collega si allontana, entra in cabina di pilotaggio, torna indietro. “Non si preoccupi, signore, abbiamo controllato: ci sono tanti passeggeri quanti bagagli”. Peccato che la cosa non rassicuri il mio amico nemmeno un po’. Lui ha un bagaglio a mano e il bagaglio del signore olandese è stato registrato a suo nome. In sostanza la bomba potrebbe essere nella stiva accoppiata a lui che siede al posto 1A mentre il suo vero bagaglio è nella cappelliera. Grande sorriso che ha tutta l’aria di voler chiudere definitivamente la vicenda: “Non si preoccupi signore, è tutto a posto”.
Il mio amico comincia a pensare che in questo suo privato “Sliding doors” lui è caduto di sicuro nella parte kafkiana della vicenda. “Senta signorina, e se facessi un giro nella classe turistica per vedere se il signore olandese è seduto di là?”. Improbabile: la scena è avvenuta al banco di accettazione della business class – e se l’olandese aveva un biglietto di economy e si è piazzato nel banco business allora era veramente un tipo sospetto – ma insomma, meglio provare. La hostess lo guarda con la medesima aria con la quale guarderebbe un pazzo testé fuggito dal manicomio ma, si sa, i pazzi si assecondano. “Ma certo, sir, vada, vada pure a fare un giro in economy e mi faccia sapere”.
Così il mio amico, con l’aereo sempre fermo a terra, senza scaletta ma con la porta aperta, va a farsi un giro in classe economy. Mentre cammina scrutando tutte le facce si ricorda di quel vecchio documentario visto anni prima che raccontava di quanto fosse effettivamente difficile ricordarsi della faccia di un malvivente, di quanto giganti fossero i granchi presi dai testimoni oculari dei peggio delitti e di quanto i confronti all’americana (tipo il manifesto di quell’altro film, com’è che si chiamava?… “I soliti sospetti”) fossero generalmente inattendibili. Così è: cammina cammina fino alla fila 35, e del signore olandese – o di quella che a lui sembra vagamente di ricordare sia la faccia dell’olandese – non sembra esserci traccia. In compenso tutti i passeggeri della classe economy lo guardano con aria interrogativa e pure un po’ minacciosa, una cosa tipo: “’azzo vuoi?” detto da Paolo Rossi.
Il mio amico torna al suo posto, decide di convincersi ad ogni costo che il signore al posto 2A potrebbe essere l’olandese (Che faccio glielo chiedo? “Scusi signore, che, per caso lei è quello che ha fatto il check-in con me?” Naaaaa, non va per niente bene) ma nel frattempo un’altra parte di lui gli racconta di quanti buoni motivi di politica internazionale ci sarebbero per far saltare proprio quel volo là, proprio quell’aereo là.
Il mio amico si rende conto che l’aereo sta per partire, saranno 5 lunghissime ora aspettando l’esplosione. Nel migliore dei casi, invece, lo fermeranno alla dogana con l’accusa di contrabbando di pizzo di San Gallo, mais transgenico e ipod mini. Così decide che appena decollati si farà portare un Bloody Mary, non tanto per dormire quanto a questo punto per dimenticare o – worst case scenario – per saltare sereno per aria.
Un minuto prima che si chiudano le porte, però, riesce a fare una telefonata. Chiama la sua metà, il suo amore, e racconta la sua storia kafkiana ad una voce incredula che, dall’altra parte del mondo, si capisce benissimo avrebbe voglia di dirgli “Ma sei veramente un coglione, un minus habens, un deficiente!” e invece, si sa com’è l’amore, inopinatamente non lo fa e anzi gli dice: “Ma no che non salterete in aria, amore mio, stai tranquillo. Però promettimi che non farai mai più, mai più, una cosa del genere. Me lo prometti?” “Sì, sì, te lo prometto, te lo stragiuro, ma devo chiudere, hanno chiuso le porte, stiamo rullando. Ci vorranno cinque ore, ti chiamo se…, cavoli, ti chiamo quando atterro”.
Signorina, me lo porta un altro Bloody Mary, per favore?

7 risposte a “Bloody Mary”

  1. Anonimo ha detto:

    Ehm… E com’è finita?

  2. Antonio ha detto:

    Forte.
    Secondo me alla Drimworks te fregano el plot. Già ce vedo Tom Hanks a fa’ le facce.
    E poi er Blodi Mary. Ma lo sai che m’hai fatto veni voja??
    Facce ‘n’antra puntata. Magari settimanale, pe’r momento.
    Bai Bai

  3. Upanisad ha detto:

    Beh… ma non puoi lasciarci sull spine così! Com’è andata a finire?

  4. giovanni ha detto:

    Il tuo amico e’ stato un poco pirla, però. Diglielo anche tu se gli vuoi bene…..

  5. Anellidifumo ha detto:

    Niente, l’aereo è esploso sulla Siberia.

  6. Marco ha detto:

    Ehm…..Sono l’olandese (tedesco). Alla fine il tuo amico m’ha fregato la valigia….me la fai riportare, please ? 🙂

  7. […] ogni volta che il lavoro mi portava in Kazakhstan (e dove mi succedevano cose incredibili tipo questa). Sheremetovo è un aeroporto vecchio, ancora fermo alle Olimpiadi del 1980; Domodedovo è scalo […]