27 Gennaio 2013

Memoria

Appunti, Diritti

Amo la Russia. Ho vissuto là alcuni anni bellissimi della mia vita e il ricordo di quei giorni si mescola alla tenerezza e alla nostalgia per gli amici che lì ho lasciato. Ho lavorato in quel Paese per anni, senza nascondermi, e sono stato giudicato per le cose che ho fatto, non per ciò che ero o per la persona che amavo. Ho insegnato ai miei colleghi russi quello che avevo detto per anni ai colleghi di tutti gli altri paesi in cui avevo lavorato: a Milano, a Londra, nel resto d’Europa. Che da noi quello che contava era il lavoro e il contributo di ciascuno, non le sue caratteristiche personali o fisiche. Non il genere, non il colore della pelle, e nemmeno l’orientamento sessuale: un ottimo collega restava un ottimo collega chiunque lui o lei fosse. Le notizie che arrivano in queste ore da Mosca mi preoccupano e mi avviliscono. Nei miei programmi quest’anno c’era un ritorno a lungo atteso, il momento di riabbracciare le persone che non vedo da tanto tempo. Non so cosa farò, a questo punto. La rabbia e la tristezza si confondono. Ancora oggi, 27 gennaio 2013, in questo giorno della memoria, le persone come me debbono lottare perché ci si riconosca la dignità che spetta ad ogni altro cittadino, a ogni altro essere umano. Spesso mi si dice che mi occupo troppo di questa materia, e io stesso vorrei occuparmi più spesso d’altro ma come si fa? Come si fa a non sentirsi ribollire il sangue quando si legge che il nostro vivere quotidiano (perché di quello alla fine si tratta) è “propaganda gay” che merita di essere punita con la prigione? E tutto ciò non è diverso, se non in termini quantitativi, dagli sproloqui di un intellettuale a cui non si risparmia la possibilità di colpirci da una prestigiosa prima pagina e che per difendersi accusa che gli si voglia chiudere la bocca. Come se qualsiasi opinione avesse diritto di cittadinanza e qualsiasi tesi avesse un diritto al contraddittorio, anche quelle che promuovono la discriminazione, la violenza o l’odio. Mai come oggi ricordiamo che non deve necessariamente essere così, perché ci sono casi in cui l’umanità, il rispetto e la democrazia stanno da una parte sola.