25 Aprile 2007

Meritocrazia, merito e Partito Democratico – Giuseppe A. Veltri

Cervelli in fuga, Meritocrazia

Le parole ‘merito’ e ‘meritocrazia’ sono state tra le più utilizzate al recente congresso dei Democratici di Sinistra. Sono state utilizzate per indicare uno dei punti cardine del futuro partito democratico e come una necessità ineludibile per una nazione moderna che sappia utilizzare i propri talenti e le proprie risorse umane. Personalmente, non potrei essere maggiormente d’accordo, se considerate che questa è stata una delle ragioni della mia fuga dall’Italia.


Ma la questione del merito e della meritocrazia troppo spesso viene affrontata con una pericolosa superficialità.
Partiamo ad esempio dalla considerazione che per meritocrazia solitamente si intende un metodo di selezione dove viene premiato il più meritevole e la selezione non avviene in base a caratteristiche completamente indipendenti da quello che le persone hanno fatto: come razza, sesso, essere nato da parenti poveri, ecc. Queste differenze non dovrebbero pesare nella scelta di un individuo che dovrebbe essere selezionato in base alle sue capacità.
Il primo problema riguarda quali siano i meriti che debbano essere riconosciuti e quindi premiati. Prendete il caso di due ricercatori (userò il termine per indicare un post laureato che lavora in un dipartimento universitario): uno è un bravo docente ed particolarmente dotato nell’insegnare ma un mediocre ricercatore; l’altro è un formidabile ricercatore ma un mediocre docente. Chi scegliere? Entrambi hanno meriti. La scelta dipenderà da quali sono i meriti che si decide di premiare nell’interesse di un obiettivo comune che una istituzione o sinanche una società decide di perseguire. Se tale l’università vuole fare ricerca e meno insegnamento, allora punterà sul candidato 2, viceversa sul candidato 1 (in Italia, al momento non si punta su nessuno dei due, ma su quello parente o amico di colui che deve fare la scelta). L’università fa la scelta e se ne assume la responsabilità, tenendo in considerazione quello la sua reputazione e come i futuri studenti la giudicheranno.
Il merito può essere inteso in modi diversi, vale dire è sempre un qualcosa di determinato dal contesto.
Passiamo ora al livello macro. Uno degli errori, a mio parere, è quello di tendere a lasciare selezionare soltanto il mercato quali siano i meriti da selezionare. Autisti di autobus, infermiere, assistenti sociali, non sono necessariamente meno necessari di avvocati, pubblicitari o calciatori. Tuttavia i primi sono ricompensati molto meno rispetto ai secondi. I meriti di mercato sono in realtà un versione limitata e ben precisa di quello che deve essere premiato ed quindi meritevole e quello che non lo è.
Una società che premia calciatori e veline, personaggi televisivi fa una precisa scelta dove allo stesso tempo paga 1000 euro al mese ad un ricercatore in fisica, chimica, biologia o psicologia. Mentre un consigliere regionale ne prende 4000, un insegnante di scuola media o superiore ne prende 1200.
Per concludere quindi, la scelta meritocrazia comporta uguale responsabilità, innanzitutto politica, altrimenti si cade in una delle tante forme retoriche (come quella delle opportunità per i giovani) che la politica italiana conosce ed abusa così spesso.
Il futuro Partito Democratico dovrà discutere non soltanto di meritocrazia ma anche di quali meriti si vorrà promuovere all’interno della società italiana come forma di innovazione culturale sopra tutto. Nessuno, immagino, vuole un partito democratico dove persino al suo interno i meriti siano decisi da una oligarchia e che quindi sotto la conveniente etichetta di meritocrazia di continui a ripetere vecchi vizi corporativi.
Si tratta di iniziare un grande dibattito anche sui valori e sulle priorità del futuro, solo in questo contesto si potrà essere meritocratici in modo serio e non retorico.

2 risposte a “Meritocrazia, merito e Partito Democratico – Giuseppe A. Veltri”

  1. Giorgio Ravera ha detto:

    Meritocrazia, chi era costei? così scriverebbe il Manzoni oggigiorno….da sempre bandiera della sinistra e da sempre temuta, odiata e spesso combattuta proprio da noi di sinistra; un valore cardine del sistema democratico divenuto uno dei più tremendi demoni di chi è in politica o in una istituzione pubblica. Spero, e voglio credere, che da Firenze, attraverso il PD, si ritorni ad amare questo concetto, che poi è, sotto altre vesti, un problema di laicità.
    Si perchè solo attraverso una vera cultura laica, laica nel più vero dei suoi significati, laica a 360°, si può arrivare alla caduta del familismo, moda da sempre tutta italica, o al superamento del ragionar per quote, innovativo e moderno modo per apparire più bravi, più buoni, e più democratici……E così una generazione come la mia, i ventenni di oggi, rischia di essere mandata avanti grazie alla “quota panda” e non essere poi in grado di combinare nulla di buono.
    Spero davvero davvero che il Partito Democratico porti al coraggio delle scelte per cambiare radicalmente una visione culturale che alla fine ha il de-merito….di non dar meriti.
    giorgio

  2. SNAPLNX ha detto:

    Veltroni di qui;Veltroni di là.
    Berlusconi di là,Berlusconi di qui.
    Abbiamo forme di bifrontismo?
    Ho proprio pura di sì,come avviene da sempre negli USA.
    Veltroni va via e Rutelli torna sindaco di Roma…