3 Settembre 2015

Il nome della cosa

Appunti, Attualità, Diritti, Laicità, Pari opportunità, Politica italiana, XVII Legislatura

Più di Giovanardi, ci sono due cose che chi lavora alla legge sulle unioni civili deve affrontare: l’emotività e la disinformazione. Oggi il Corriere della Sera spara in un titolo prima pagina che le unioni civili si chiameranno “formazioni sociali specifiche”. E’ solo un titolo e non ne ha colpa Beppe Severgnini, ma la notizia è falsa e la vicenda va dunque precisata.

La Corte Costituzionale, con la sua sentenza 138/2010 ha detto che le unioni omosessuali non sono famiglia fondata sul matrimonio ai sensi dell’articolo 29 della Costituzione, ma sono “formazioni sociali” ai sensi dell’articolo 2 Cost. e come tali devono essere riconosciute. Questo significa che non ci si deve limitare a concedere diritti e doveri ai componenti la coppia, come vorrebbe NCD, ma la coppia deve essere riconosciuta come coppia. Cattiva notizia la prima parte della decisione, ma ottima notizia la seconda parte, giusto?

Ora: la legge in discussione al Senato fino a ieri conteneva un comma che definiva le unioni civili come “istituto giuridico originario”, per dire che non andava confuso con il matrimonio ex art. 29, che è precisamente ciò che ha dettato la Corte. Ieri in Commissione si è semplicemente deciso che la formulazione “istituto giuridico originario” fosse meno fedele alla sentenza 138/2010 di “formazione sociale specifica” che è una citazione diretta delle parole dell’articolo 2 della Costituzione.

In pratica ieri non è accaduto nulla di nuovo. Però oggi siamo tutti in un magnifico sbattimento e chi lavora a questa faticosa legge per introdurre, con tutti i vincoli che la legge e la politica ci impone, un'”omogeneità di trattamento tra coppie omosessuali e coppie coniugate” (sono sempre parole della Corte Costituzionale) deve impegnarsi a fronteggiare critiche fondate sul nulla, senza che sia accaduto nulla di nuovo.