1 Marzo 2015

A Matteo, quell’altro

Appunti

Il mio papà, figlio di un veneziano di Alessandria d’Egitto e di una milanese, non aveva nemmeno una goccia di sangue napoletano, nulla. Ma era nato e cresciuto a Napoli, lì aveva fatto lo scout, là si era laureato e là – al liceo scientifico Vincenzo Cuoco – quando aveva 15 anni, aveva conosciuto mia madre. Lui parlava il milanese di sua madre e il francese di suo padre. Ma parlava soprattutto il napoletano che aveva imparato giocando con gli scugnizzi di Napoli. E quando ero piccolo, per farmi addormentare, mi cantava le canzoni napoletane: Santa Lucia luntana, Je te vurria vasà, Torna a Surriento. Con quelle canzoni sussurrate di notte mi ha insegnato che non si è di dove si è. Si è del posto a cui si appartiene.