16 Aprile 2014

La responsabilità di fare le riforme

Appunti

Il mio pezzo per Europa, oggi.

Le riforme costituzionali sono in un certo senso il cuore e l’essenza stessa del governo Renzi e la loro rilevanza va ben al di là di un seppur indispensabile sforzo di revisione di meccanismi istituzionali arrugginiti dal tempo. Portare o meno a casa la revisione del motore dello Stato sarà la cartina di tornasole della capacità dell’Esecutivo di realizzare quella discontinuità che, sin dal suo giuramento, ha promesso di incarnare. Per questo Matteo Renzi non si stanca di dire che dal successo delle riforme dipende la vita stessa del suo governo. Non è una minaccia o un ultimatum, ma la semplice constatazione che, se le riforme dovessero arenarsi, l’intera visione di un paese più efficiente, più trasparente, più semplice (e quindi più prospero e più felice) che ispira l’intera strategia del premier finirebbe col dover essere archiviata.

Che le cose stiano così il Paese sembra averlo percepito con nettezza. I sondaggi, che vanno sì presi con le pinze ma che nondimeno indicano con chiarezza alcune tendenze, vedono la fiducia nel premier e i consensi del partito democratico aumentare con costanza dal giorno dell’insediamento del governo. Per di più, la sensazione della ripresa di autorevolezza della politica si nota sia nell’attenzione dei media che dal nervosismo delle forze anti-sistema nel Parlamento e fuori di esso. A me pare che, al di là delle distinzioni sui singoli punti di merito, sia l’intera classe dirigente del paese a essere consapevole che la partita che si sta giocando costituisce – se non proprio l’ultima chance di cui alcuni parlano – almeno una seria possibilità di rimettere insieme in questo Paese un minimo di fiducia tra rappresentanti e rappresentati. Che insomma il fallimento di questo tentativo sarebbe doloroso non soltanto per il governo in carica, ma per la politica nel suo complesso. E di converso, dunque, che il successo delle riforme sarebbe un segnale di insperata vitalità di un paziente (la politica) che pareva negli ultimi tempi in fase di agonia.

E’ in questa chiave che ho letto i primi successi raccolti sinora: dalla Legge Delrio – che dopo trent’anni di discussioni ha fatto finalmente nascere le Città Metropolitane e ha evitato le incombenti elezioni per il rinnovo di moltissimi consigli provinciali – alla votazione dell’Italicum da parte della Camera. All’evidente energia e alla indubbia determinazione di Renzi e Boschi si è unita di certo la certezza da parte di tutte le parti politiche (M5S a parte, ma quella è un’altra storia) che fallire ancora una volta sulla legge elettorale e richiamare gli elettori alle urne per le province sarebbe stato disastroso per la credibilità dell’intero sistema.

Questo vale anche per Forza Italia, che io credo sarà alla fine leale e terrà la parola data. Se Berlusconi facesse saltare il tavolo, come sovente gli è capitato in passato, io penso avrebbe difficoltà a spiegarlo al suo elettorato. E per di più la partecipazione al tavolo delle riforme è garanzia per il suo movimento politico, anche in una fase di evidenti difficoltà, di poter essere presenti al tavolo e di poter quindi essere coautori di decisioni che avranno per il Paese un’efficacia destinata a protrarsi molto a lungo nel tempo.

Dal canto suo, il PD si conferma per quello che è stato dalla sua fondazione: il partito delle istituzioni democratiche che vuole l’Italia nel solco della grande tradizione delle democrazie occidentali. Le differenze all’interno del partito sono fisiologiche per una forza politica che è nata plurale e che delle differenze ha fatto la sua massima ricchezza. Dopodiché, la forza con la quale il treno delle riforme sta andando avanti dipende non solo dall’energia dei singoli, ma ben di più dalla legittimazione popolare che queste idee hanno ottenuto dal congresso di fine 2013. I nostri organismi dirigenti stanno accompagnando passo passo l’attività del governo e stanno dettando a ogni stadio la linea da seguire. Ai gruppi parlamentari sta lo sforzo importantissimo di tradurre questi principi in leggi, traducendoli e affinandoli nella discussione in aula e in commissione, ma soprattutto la responsabilità politica di fare in modo che la linea politica del partito si materializzi rapidamente in atti normativi e gli atti normativi in cambiamenti nella vita degli italiani. E’ una responsabilità storica, alla quale a questo punto non è legittimo né possibile sottrarsi.

Una risposta a “La responsabilità di fare le riforme”

  1. Enrico ha detto:

    Quando te le da Renzi le deleghe ai diritti civili?
    Quando le fate le unioni alla tedesca?
    Se non le fate la molli la seggiola (domanda retorica)?