21 Dicembre 2013

Cambia il ciclo del lavoro, l’articolo 18 non è il problema

Europa Quotidiano, Lavoro

Cerchiamo di capire su cosa giri questa famosa e antichissima polemica sull’articolo 18. La questione, messa giù brutalmente, è se consentire agli imprenditori di assumere senza il vincolo dell’inamovibilità sia garanzia di un aumento dell’occupazione. Comprendere, in altre parole, se i datori di lavoro sarebbero più disposti ad assumere se sapessero di poter liberamente licenziare. Finora si è molto ragionato sul fatto che già oggi la maggior parte dei lavoratori non viene assunta con un contratto di lavoro a tempo indeterminato di quelli coperti dall’articolo 18. I contratti atipici, nonostante la stretta della Legge Fornero, sono ancora lo strumento con il quale si entra più facilmente nel mondo del lavoro. E ovviamente bisogna tener conto del fatto che l’articolo 18 non si è mai applicato alle imprese con meno di 15 dipendenti. Questo provoca quell'”apartheid” che Pietro Ichino ha sempre denunciato con impeccabile puntualità.

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2 risposte a “Cambia il ciclo del lavoro, l’articolo 18 non è il problema”

  1. Atrus ha detto:

    E allora se il problema sono i contratti atipici, andare ad attaccare quelli? Prima si tolgono tutti i CoCoQualcosa e si rimane con due contratti: tempo determinato e tempo indeterminato. POI togli i vincoli sul licenziamento facile.
    Altrimenti è il solito mettere il carro prima dei buoi ai danni del lavoratore italiano.

  2. Jacopo ha detto:

    “vincolo di inamovibilità”? il senso dell’articolo 18, quello vecchio, era semplicemente questo: quando il datore di lavoro, tecnicamente parlando, risolve il rapporto contrattuale (cioè licenzia), deve allegare la ragione della sua decisione. se lo fa, e tale ragione è ritenuta conferente (giusta causa, oppure giustificato motivo soggettivo, o ancora giustificato motivo oggettivo) la risoluzione del rapporto è legittima, e come tale produttiva di effetti. se invece non lo fa, aducendo ragioni false o inesistenti, o non adducendole affatto, allora la sua operazione non è lgittima; e come tale, non può essere produttiva di effetti giuridici (di cui il rimedio della reintegrazione nel posto di lavoro).
    è un normale principio che vale per tutto il diritto civile: senza una ragione, la risoluzione di un rapporto contrattuale non spiega alcun effetto.

    poi chiaramente la solita ipocrisia e il solito considerarci tutti beoti, un atteggiamento ache questo tipicamente renziano, non hanno limit. fanno un progetto di legge che vuole levare ai neoassunti l’articolo 18 (autorizzando in pratica i padroni a licenziare liberamente prima dei tre anni, inaugurando cioè ai danni del lavoratore un circolo vizioso che lo renderà di fatto precario a vita: due anni, licenziamento; altri due anni, altro licenziamento; e via così, fino alla pensione, intorno alla settantina…); qualcuno protesta, giustamente; e loro allargano le braccia “che due balle questa discussione sull’articolo 18, non è questo il vero problema”.
    ma allora, benedetti ragazzotti, perchè mai volete toglierlo?