12 Ottobre 2012

L’Europa, la mia casa

Appunti

E’ per me una singolare coincidenza che proprio questa mattina l’Unione Europea sia stata insignita del Premio Nobel per la Pace. Ieri sera a Milano, alla prima riunione dei comitati Renzi, sono intervenuto proprio sull’Europa. Ripropongo qui il mio intervento per celebrare questa meravigliosa notizia.

Benché sia napoletana mia madre è bionda, e dietro gli occhiali di oggi ha gli occhi di un verde profondo. “Sembrava una tedesca”, mi raccontava mia nonna. Ero bambino, e, nel buio della mia stanza, la nonna, ospite da noi, mi raccontava ancora con un filo di tremore nella voce.

“Sembrava una tedesca e noi eravamo sfollati. Eravamo andati via da Napoli e ci eravamo rifugiati in un piccolo paese. Un giorno arrivarono i tedeschi e videro tua madre. Era bionda, gli occhi chiari. Non era possibile che fosse napoletana. I tedeschi cominciarono a dire che l’avrebbero portata con sé”.

La voce di mia nonna vibrava nel buio e io nel letto tremavo. Pensavo a questa gente che voleva portarsi via mia madre bambina. E avevo paura per lei, per me, e il pericolo non mi sembrava per niente scampato. Mi ficcavo sotto le coperte dove questi tedeschi non sarebbero più venuti a portar via né lei, né me.

Chissà per quanti secoli i bambini di tutta Europa hanno avuto paura dei tedeschi. I bambini francesi di sicuro. Ma anche i bambini tedeschi avranno avuto paura dei francesi. E gli spagnoli degli inglesi, i portoghesi degli spagnoli, e forse gli olandesi dei belgi e gli austriaci magari ancora dei tedeschi.

Per secoli noi europei ci siamo inesorabilmente ammazzati a vicenda, bagnando il nostro continente col sangue dei nostri popoli e le voci di tutte le nonne d’Europa hanno tremato mentre i bambini si rintanavano nei letti, sotto le lenzuola.

E poi, invece è successo tutto così in fretta. La mia generazione, quella di “Giochi senza Frontiere”, e quella che è venuta dopo la mia, la generazione Erasmus, non hanno più avuto paura, al contrario.

L’Europa non l’ho riconosciuta nel moschetto di un soldato ma nel sorriso del mio amico Javier, lo spagnolo incontrato da adolescente in Inghilterra, a cavallo tra gli anni ’70 e gli anni ‘80. Javier, il ragazzino di Madrid che non mangiava la pizza e mi diceva: “La pizza? No me gusta. Pero me gustaria che me gustasse”. Erano gli anni in cui non esisteva ancora la teleselezione e io, invece dell’inglese, imparavo in questo modo improbabile la consecutio temporum in castigliano.

La mia Europa è stata l’amore di Jan, il mio fidanzatino olandese. Quello che negli anni 90 mi ha insegnato a non avere più paura. Come ha fatto? Semplicemente baciandomi in aeroporto davanti a un doganiere sorridente mentre io diventavo tutto rosso per la vergogna.

L’Europa per me è stata Londra che mi ha dato casa e lavoro nei primi anni del millennio, senza chiedermi né un visto, né un permesso di soggiorno. Londra che mi ha accolto da europeo, me e la mia famiglia – quella stessa famiglia che qui in Italia, nel mio paese, non conta nulla e nemmeno esiste. Londra che ha investito su di me come fossi suo figlio, mentre l’Italia che mi aveva formato mi lasciava andar via senza apparentemente dire una parola.

L’Europa poi è stata Mosca, dove ho vissuto per tre anni bellissimi. Già, Mosca. Perché anche quando abbiamo smesso di avere paura dei tedeschi e dei francesi noi europei abbiamo cominciato ad avere paura dei russi, e dei cechi, e dei polacchi e degli ungheresi. Poi quel giorno di novembre in cui Mstislav Leopoldovich Rostropovich suonò il suo violoncello davanti all’osceno cadavere del Muro, anche l’Europa si fece più piccola.

Io sono della generazione per cui i ragazzi dell’est potevano essere al massimo figurine nella raccolta Panini delle Olimpiadi: Olga Korbut, Nadia Comaneci, Valerij Borzov. Mi avessero detto che un giorno avrei abitato in Bolshaja Gruzinskaja Ulitsa e lavorato con gli Alexander e le Yulia, con gli Andreei e le Natalia avrei preso tutti per matti. Né più né meno come mia nonna mi avrebbe preso per matto se le avessi detto che un giorno avrei avuto una casa e un lavoro a Londra.

E invece tutto questo è successo a me, come a milioni di persone della mia età o più giovani di me. L’Europa è stata la mia casa. L’Europa è la mia casa. All’Europa devo quello che sono: la consapevolezza di me, i miei affetti di oggi, la mia professionalità, i miei ricordi e dunque il mio modo di vedere la vita. I diritti, il lavoro, il senso della mia cittadinanza. Le attese che nutro rispetto alle istituzioni. Tutto questo in me è europeo, totalmente europeo.

E’ un periodo in cui si ironizza facilmente sul rinnovamento, sbagliando, perché alcune parole hanno cambiato profondamente significato, negli ultimi trent’anni. E una delle parole che ha più profondamente cambiato significato è la parola Europa.

E se oggi l’Europa soffre così gravemente è perché l’unica casa europea che è già nella vita dei cittadini, proprio com’è stata presente nella mia vita, non è ancora realtà nei trattati e nelle costituzioni. Le generazioni che hanno governato fin qui hanno fallito, fissate com’erano a guardare l’albero e perdendo invece il senso della foresta.

La ricetta infallibile per uscire dal ricatto degli speculatori che sta mettendo a rischio l’idea rivoluzionaria di Schuman, di Adenauer, di De Gasperi, di Monnet, di Altiero Spinelli è l’unità. Fare gli europei, come dice il programma di Matteo Renzi: un’Europa che decide, politiche comuni e un investimento serio sul nostro comune capitale umano. E, sul piano finanziario, la solidarietà tra i popoli che tanti come me hanno conosciuto semplicemente vivendo.

Noi che negli altri europei non abbiamo mai visto un nemico, ma al massimo un avversario di Giochi senza frontiere, abbiamo quell’idea dell’Europa. E’ tempo di passare ai fatti. E di farlo adesso.

6 risposte a “L’Europa, la mia casa”

  1. Zanna Bianca ha detto:

    Il premio nobel per la pace all’Unione Europea è una vergogna simile al nobel per la pace dato ad Obama; ha più valore il telgatto che un nobel dato così.

    Se poi consideriamo che la crisi economica mondiale che sta impoverendo milioni di persone è provocata proprio dal bizzarro modo di concepire la democrazia in Europa, beh siamo alla più atroce delle beffe.

    Con questo premio si vuole far passare a modello etico di riferimento, una politica di distruzione progressiva della dignità del cittadino, delle sue sicurezze e del principio di sussidiarietà che lo stato dovrebbe assicurare, per questi signori la colpa è sempre “del cittadino”.
    Fanno di tutto per far ricadere su di noi la colpa di uno stato di cosa provocato essenzialmente da una politica economica dissennata irrimediabilmente sbilanciata sulla finanza e che nulla ha più a che fare con l’operosità e la capacità lavorativa del singolo
    Comunque il progetto di “legge di stabilita” è a vostra disposizione: leggere per capire!

  2. Lemontree ha detto:

    @ZannaBianca, A prescindere dal valore del nobel (sul quale condivido il giudizio negativo) e` un fatto che l’Europa sia un territorio che e` stato a lungo teatro di guerre sanguinarie e genocide e che da ben 67 anni, invece, e` teatro di pace.

    Il che non mi sembra poco.

  3. gianluca casetti ha detto:

    Non abbiamo ancora fatto gli Italiani, figuriamoci se stiamo facendo gli Europei!

    Catalogna e Scozia vogliono recuperare le loro distinte identita’ nazionali facendo campagne per la secessione, rispettivamente, da Spagna e Regno Unito: figuriamoci quanto si sentano Europei visto che non si sentono, rispettivamente, ne'”Spagnoli” ne’ “British”.

    Si potrebbe continare.

    La pace in Europa l’ha garantita la Nato, non certo l’Unione Europea sempre piu’ divisa, sempre piu’ disgregata, sempre piu’ invadende e arrogante nei confronti degli interessi e delle identita’ nazionali.

    L’Europa dai piedi d’argilla che applaude alle primavere islamiche dimostrando sconcertanti ingenuita’ di carattere politico ed economico.

    L’Europa dei paesi arroganti che soffoca l’Europa dei poveri.

    L’Europa piena di ghetti e di medievalismi culturali d’importazione che generano solo il ritorno di degenerate ideologie razziste che si credevano sepolte dalla Storia.

    L’Europa dis-unita.

    L’Europa dell’Euro.

    L’Europa dei socialisti visionari e demagogici.

    Il Nobel per la Pace piu’ ridicolo della Storia del Nobel.

    Piu’ ridicolo di quello attribuito ad Obama.

    E ancor piu” ridicolo di quello attribuito ad Arafat.

    Riformiamo anche il Premio Nobel!

    L’europa sempre divisa su come affrontare le tirannie nel mondo e sempre a rimorchio della ex superpotenza americana in progressvo e inesorabile declino e indebolita nella leadership mondiale dal liberal-progressivismo pacifista e in virtu’ del progressismo verso il multiculturalistico della disgregazione sociale.

  4. AndreaB. ha detto:

    Bel post, caro Ivan.
    Penso che essere europeisti significhi avere una visione di insieme delle cose, riuscire a guardare la foresta anziche il singolo albero. E poi significhi visione di lungo periodo, riuscire a guardare nel futuro anziche’ solo a domani. E poi significhi capacita’ di vedere le tante cose buone, essere pragmatici ed ottimisti anziche’ disfattisti e pessimisti. E significhi, soprattutto, responsabilita’.

  5. Giri ha detto:

    Non è poi da tanto che noi europei abbiamo smesso di farci la guerra, ma il vero valore di aver fatto dell’Europa una Unione, sta nell’abbattimento delle barriere culturali, più che geografiche fra una nazione e l’altra. Insomma, io sento mia la Torre Eiffel né più né meno di quanto senta il Colosseo, così come mi piace veramente molto l’idea che i tedeschi facciano la fila per vedere una opera lirica (il “nostro” bel canto).
    La tv, internet, gli aerei, spesso anche il lavoro, ci permettono di far sentire l’intera Europa come la nostra casa e io, in questa casa così grande, mi ci sento proprio comodo.
    Non è un caso che ho creduto necessario “trasmettere” questa percezione anche a mia figlia facendola girare un po’ anche per Spagna, Germania, Francia, Austria e Danimarca (per ora).
    Il risultato è stato che quando siamo andati in Normandia a visitare le spiagge dove gli Alleati avevano organizzato lo sbarco, la mia preoccupazione di spiegare quello che era accaduto con parole adatte alla sua piccola età, si era immediatamente trasformata nella difficoltà di dare un senso al motivo per i tedeschi (“quelli che cucinano quei deliziosi wurstel”, ai suoi occhi) se la sono presa con i francesi (quelli delle crepes). Figuriamoci poi che distanza può sentire mia figlia dagli spagnoli (“quelli che parlano un dialetto che capisco più del napoletano”).
    Il punto è proprio questo. Per le prossime generazioni non ci sarà differenza tra quello che abita a 5, 50 o 5000 km di distanza ed è un gran bel risultato. La UE è riuscita insomma ad introdurre un modo di ragionare finalmente inclusivo.
    Peccato che veda ancora troppe resistenze. Penso ai moti di secessione di Padania e Catalogna, e alle nostalgie naziste che ancora agitano qualche pazzo, come è successo ad Oslo.
    Ecco, forse l’idea del Nobel è nata proprio da lì. Serviva una risposta importante.
    Secondo me il più è fatto, basta ancora metterci d’accordo sulla lingua e su quattro regole di convivenza civile e non saremo più neanche “vicini”, saremo Europei.

  6. Angelo Di Capua ha detto:

    Ciao Ivan,
    condivido il tuo articolo “Europa, la mia casa”, anche se nella mia vita di ufficiale del Centro Alti Studi per la Difesa, ho avuto la fortuna ed il privilegio diviaggiare per brevi periodi in tutta l’europa e di sentire conferenze sul concetto NATO di difesa strategica.
    Saremo veramente europei, quando come negli Stati Uniti, avremo non solo una moneta, ma anche una sola bandiera con un solo esercito e soprattutto un governo europeo in grado di esprimere una politica estera ed economicaa tutela di tutti i cittadini europei.
    Sentirsi cittadini del mondo è una delle più belle sensazioni che ho provato nella mia vita, ed accorgersi che in tutti i paesi del mondo ci sono problemi sociali, di sostenibilità ambientale ed economica e che solo UNITI si può progredire, potendo anche risparmiare.
    La somma delle spese militari dei paesi UE è superiore a quella degli USA, ed il peso specifico dell’EUROPA è assai meno della metà di quello degli USA.