20 Luglio 2011

Direzione Nazionale, ieri

Democrazia

Giovanna Casadio su Repubblica di oggi mi segnala tra i quattro astenuti della Direzione Nazionale (insieme a Sandro Gozi, Giovanna Melandri e Sandra Zampa – contro hanno votato Parisi e Santagata) sulla proposta di legge elettorale avanzata da Violante e Bressa e fatta da ieri propria dal partito.

Devo dire innanzi tutto che sono molto preoccupato da come è andata la direzione ieri: dalle amministrative, seguite dai referendum, il partito mi pare più chiuso e asfittico che mai e le bandiere del cambiamento (altro che vento) languiscono moscissime nella bonaccia più mortifera. Il segretario ha addirittura trovato dell’antipolitica non soltanto sui giornali che ci criticano da sinistra ma anche nella società civile che ci vota. Dello scivolone sulle province nella relazione non si è sentito nulla, né nulla si è sentito di concreto e di immediato delle cose da fare. Il tentativo di Ignazio Marino di sottoporre al voto un ordine del giorno (firmato tra gli altri da me, Meta, Civati, Bettini e altri) che con poche e chiare parole dicesse cosa dovremmo fare in questo momento (programma con IdV e SEL per andare subito a elezioni senza passare per papocchi tecnico-istituzionali e primarie per la scelta del leader) non si è potuto nemmeno votare. A ridurre i danni, almeno è passato l’Ordine del Giorno di Sandro Gozi – anche lui mariniano, non uno della maggioranza – che vuole applicare al parlamento italiano le regole sui costi del parlamento europeo (altra proposta semplice e concreta). Insomma sono uscito dalla riunione con l’entusiasmo a terra, nonostante fossi entrato lì tutto ringalluzzito dalla tre giorni di Acquapendente.

Ma torniamo alla legge elettorale proposta da Violante, un bel mix di tre sistemi: uno maggioritario uninominale a doppio turno, che dovrebbe eleggere il 60% dei parlamentari. Uno proporzionale a liste (bloccate) di circoscrizione, che ne eleggerebbe il 35% (read my lips: un terzo dei parlamentari eletti uguale uguale a ora). L’ultimo 5% invece sarebbe riconosciuto come “diritto di tribuna” a quelle forze che non ce l’hanno proprio fatta a eleggere nessuno in nessun modo e che invece di restare fuori dal parlamento, come sarebbe giusto e democratico, si guadagnano così uno strapuntino per poi magari diventare l’ago della bilancia del governo “à la Scilipoti”. Altro che romantiche “tribune” garanti del pluralismo! Insomma, l’idea di semplificare la politica e di andare verso un bipolarismo deciso è bella che morta e la legge elettorale che proponiamo è un miscuglio di roba che dovrebbe fare contenti un po’ tutti in modo da essere approvata ma che poi non servirebbe a risolvere alcun problema. Lo so che a molti sembrerà una bestemmia ma io resto dell’opinione che ci vorrebbe un po’ di coraggio e che i due partiti principali dovrebbero tagliare l’acqua ai partiti più piccoli, per poi aprirsi e diventare loro stessi il più inclusivi possibile. Se vuoi entrare in parlamento, insomma, entra nel PD (o nel PDL) e poi fai lì dentro la tua battaglia politica.

In caso contrario, si moltiplicheranno (vorrete mica negargli una bella tribunetta?) i partitini personalistici intestati a questo o a quel capetto, che hanno, proprio per questo, zero dialettica interna e zero democrazia interna e creano una bellissima casta dirigente inamovibile in tutto il paese. Se Di Pietro e Vendola stessero nel PD invece che gestirsi il proprio orto personale e innescassero una battaglia politica per prendere il sopravvento nel partito, se ne avvantaggerebbe non solo il PD – la cui dialettica interna si arricchirebbe andando al di là della palude veltrondalemiana che ci impesta la vita da vent’anni – ma anche anche la democrazia italiana. Se Obama invece di entrare nel Partito Democratico si fosse fatto il suo “Values for the USA” o avesse fondato il LEF (“Left, Environment and Freedom”), col piffero che starebbe alla Casa Bianca. Bene ha fatto, insomma, Pietro Ichino (per me sempre uno dei migliori: in un mondo normale farebbe il segretario) a dire che la legge elettorale non può essere proposta da una parte sola ma deve essere un patrimonio di tutti perché quando si parla delle regole del gioco l’unica possibilità è che queste siano condivise da tutti (salvo non voler cambiare la legge elettorale ad ogni legislatura, lasciandola in mano alle mutevoli maggioranze parlamentari).

Comunque mi pare che qui lo spirito del tempo lo interpreti al meglio il buon Passigli che in questo quadro di restaurazione ci vuole condurre dritti dritti a un bel sistema proporzionale anni ’70. Ieri è pure morto Remo Gaspari, mi ha fatto venire in mente quella canzone di Rino Gaetano: DC-PSI-PLI-PRI, nuntereggaecchiù.

2 risposte a “Direzione Nazionale, ieri”

  1. Bianca ha detto:

    Abbiamo scoperto che il bipolarismo è di difficile tenuta e che la gente che vota poi non capisce i distinguo in parlamento. Certo la Frammentazione dei partiti attuali non è sana .. E allora? Bòh!

  2. Omar Supio ha detto:

    Mamma mia, Ivan! mi pare che ci risiamo. La destra non vince. La sinistra fa di tutto per perdere: Il vento nuovo delle amministrative . . . . dei referendum . . . !? Già tutto terminato?