12 Luglio 2010

L'omofobia degli onesti

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Il mio editoriale per L’Unità, oggi.

«Non è grave il clamore chiassoso dei violenti, bensì il silenzio spaventoso delle persone oneste», disse un giorno Martin Luther King. Fu così negli anni 30, mentre bruciavano i libri e le sinagoghe, negli anni 60, quando gli studenti neri dovettero essere scortati dalla Guardia Nazionale per entrare nelle università, ed è così oggi in Italia, l’unico paese dell’Europa Occidentale a non essersi dato un corpo di leggi che riconoscano pieni diritti per le persone omosessuali e trans. Chissà quanti oggi, guardando la prima pagina de l’Unità, avranno pensato che non è questo il primo dei problemi. In effetti ce ne sono altri, gravissimi, come quello dei ricchissimi che nascondono le loro proprietà attraverso prestanome e rubano risorse all’intera comunità. Bisogna farsi carico di tutto, infatti. E dunque anche delle «vite spezzate» dei gay e delle lesbiche.
È a chi crede che questo sia un problema minore che parlo. È proprio quanto voleva dire Martin Luther King: è infinitamente più difficile da combattere la massa gelatinosa che con la sua indifferenza toglie l’ossigeno alla nostra dignità che lo sbandato che prova a tirarti un fendente con un coltello. Da Svastichella puoi provare in qualche modo a scansarti, la grande area grigia delle persone per bene, invece, quella ti toglie l’aria stringendoti ogni giorno nel suo inesorabile abbraccio. L’omofobia delle persone per bene racconta degli omosessuali solo quando sono delle vittime. Sta in chi pensa che l’uguaglianza consista non nel riconoscere ma nell’ignorare le differenze («Per me gay o etero sono tutti uguali!») e non si rende conto che questo significa voler costringere tutti ad adeguarsi alle uniche regole che conosce, quelle della maggioranza.
L’omofobia degli onesti è quella che ai gay vuol togliere luoghi, visibilità e parola per poter così salvarli dal «ghetto», un piacere che gli eterosessuali sembrano sempre ansiosi di fare anche quando nessuno glielo ha chiesto. Sta in chi si dà pena per noi perché la società non ci accetterà e ci renderà infelici e invece di sforzarsi di cambiare la società vuole a tutti i costi cambiare noi. L’omofobia di chi tace sta tanto in chi fa battutacce sui gay in fabbrica e negli uffici che nei colleghi che non aprono bocca per impedirglielo. Nel bullo che ci attacca durante la ricreazione e nella maestra che dice a nostra madre che noi (non il bullo, noi) abbiamo dei problemi. In effetti di problemi ne abbiamo due: il bullo e la maestra. La particolarità di tutto questo è che in nessun Paese come in Italia tutto questo è normale. Che nonostante gli studi scientifici e le prese di posizione dell’OMS, le evidenze empiriche e le dichiarazioni delle associazioni di psichiatria a livello internazionale, qui da noi non esiste nessuno stigma sociale contro chi esprime parole di esclusione e di subalternità nei confronti delle persone omosessuali e chi invece lavora per rimettere insieme le vite di milioni di gay, di lesbiche e di trans deve stare perennemente sulla difensiva. Questa è una scelta di campo molto precisa a cui siamo tutti personalmente chiamati, a partire dalle donne e dagli uomini che sostengono idee democratiche e di progresso in questo Paese. Far sentire la propria voce e uscire dal silenzio degli onesti è una cosa che ciascuno di noi può fare, anche da solo, anche da oggi.

4 risposte a “L'omofobia degli onesti”

  1. […] l’articolo di Scalfarotto di questa mattina, pubblicato sul suo sito e sull’Unità di oggi. Cancel […]

  2. Brandalf'80 ha detto:

    Circa dieci anni fa, nel tentativo “composto” di tuonare contro il sistema, scrivevo per la prima volta sul giornale del Liceo occupandomi di tolleranza e amore gay,ancora prima di “sapere” intimamente chi fossi…
    Dietro la diplomatica scelta di firmare quell’articolo col mio nome e con quello di una compagna di classe (un bianco prestanome) nascosi la paura del confronto.Rimediai appena qualche critica sulla scelta linguisticamente poco corretta del titolo : “All’amore non si può convincere nessuno”!!
    Al tempo non capivo che temevo di più “la grande area grigia delle persone per bene”di cui,in qualche modo,prima e dopo il mio articolo,io stesso facevo parte!
    Oggi non sarà più così!
    Ottimo spunto di riflessione il tuo articolo

  3. sergio ha detto:

    Senz’altro la matrice culturale di quest’indifferenza viene dal fatto che molti pensano che i diritti si possano conquistare separatamente – lavoro, pari opportunità, etc – e quindi non pensano che tutti i diritti fanno parte di un discorso unitario. Succede purtroppo anche ai gay, però. Io sono membro di un’associazione che si batte per la laicità dello Stato, che fin dal 2000 è sempre scesa in piazza in tutti i Gay Pride perché è conscia che non esiste libertà sessuale e di costume senza laicità, e che comunque si deve lottare uniti. Ebbene, ho (sempre garbatamente, sia chiaro) polemizzato con le associazioni di gay cattolici sostenendo che loro non possono pretendere di essere riconosciuti come cristiani a pieno titolo se prima non lottano per essere riconosciuti come cittadini a pieno titolo: a quanto pare il loro problema maggiore è quello di essere accettati dalla Chiesa, e pensano piuttosto a “accordi separati” che peraltro non arriveranno mai. Insomma, paradossalmente io che sono etero sono sceso in piazza per i gay, ma quei gay non scenderanno mai in piazza né per me (e poco male) né per gli altri gay perché la “piattaforma di rivendicazione” prescinde dall’accettazione o meno del gay dalla Chiesa, visto che giustamente chiedono di essere non discriminati dallo Stato.

  4. Lorenzo L. Gallo ha detto:

    A me sembra che oggi in Italia il problema principale delle persone LGBT è quello di non avere alcuna rappresentanza politica. Le associazioni LGBT ufficiali sono poco più che paraventi per convogliare vantaggi economici riservati alle associazioni ad attività commerciali, come saune, sex clubs, discoteche con dark rooms. Inoltre, queste “associazioni” sfruttano i numeri fantasmagorici dei loro “clienti-iscritti” per ottenere vantaggi dalla politica, tra cui finanziamenti ad iniziative che hanno inciso pochissimo sull’omofobia, che nel frattempo in Italia è addirittura peggiorata.
    Sono frustrato nel fatto che molta gente distratta e disinformata creda davvero in buona fede che simili associazioni possano rappresentarmi, che basti appoggiare queste associazioni perché le cose vadano meglio. Questa è l’ignoranza che mi fa paura, il resto si cura con un personale percorso di coming out e di inflessibile vocazione alla dignità.