4 Luglio 2010

Chi è causa del suo mal, pianga se stesso

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Ieri al Pride di Londra, un posto dove certo non mancano i diritti o la dignità e il rispetto, c’erano un milione di persone festose e unite. A Roma, dove le persone GLBT non contano nulla, dove l’omofobia è la norma e la diversità una parolaccia, le seimila sigle in cui è polverizzato il movimento gay italiano hanno pensato bene di dividersi e di discutere tra di loro arrivando addirittura al boicottaggio della manifestazione. La miopia e la pochezza di tutto questo è la prova lampante che il peggior nemico di noi gay italiani siamo noi stessi e che l’assoluta assenza di diritti, che caratterizza la derelitta comunità gay italiana, è colpa non tanto di Ratzinger né di Giovanardi, ma soprattutto colpa nostra.

3 risposte a “Chi è causa del suo mal, pianga se stesso”

  1. Anellidifum0 ha detto:

    Son d’accordo, ma diciamo più giustamente che è colpa degli italiani tutti. Inclusi quelli glbt, of course.

  2. Meursault ha detto:

    Per una volta concordo pienamente con lei, Scalfarotto.
    Parlo da romano, e da storico frequentaore del Pride. Diciamola tutta: la divisione nata in seno alle decine di associazioni non ha influito sulla ridicola affluenza di quest’anno. Il Pride in Italia è di anno in anno più striminzito e vigliacco. I proclami fatti in nome di una trasversalità impossibile in questo paese (gay cattolici apostati per dottrina, gay padani “culattoni” per definizione dei verdi, gay pdellini piegati alle politiche reazionarie dei vari fascismi comunali e provinciali) non hanno fatto altro che fiaccare definitivamente la lotta doverosamente politica che il pride simboleggia. Le starlette di turno, sempre più televisive, ormai se la prendono col peccato guardandosi bene dal nominare il peccatore, sgomitando, bontà loro, in vista di nomine e rimpasti. Sfilano sui carri pettoruti e prezzolati go-go boys (gioia per gli occhi, molto meno per le orecchie) che mostrano il lato sfacciatamente edonista e discriminatorio. Contrario? Giammai. Auspicherei anzi più colore, ma quello vero. Quello della libera iniziativa lontana dai clichè, quello delle persone transessuali divenute fantasmi in questo paese imbiancato, quello della creatività sarcastica e pungente della satira non addomesticata. La velleità di certi pettorali livellati la lascio ai consumatori di riviste di moda digitalizzate. Lascio la lotta politica italiana e lo stivale intero. Battaglia decennale persa. Sono scappato all’estero e non tornerò. Arrivederci Roma. Anzi, addio.

  3. Moreno Puiatti ha detto:

    L’identità sessuale non c’entra nulla con l’identità politica e culturale. E spesso le cose vengono confuse. Forse è questo il problema?

    Mi viene in mente un mio amico gay berlusconiano che è andato a vivere a Madrid “perchè si cucca di più”, dei diritti civili non gliene frega nulla e ogni volta che torna in Italia e gli chiedi della Spagna di Zapatero ne dice peste e corna ideologicamente.

    Tra lui e Ivan (o Sciltian) c’è la stessa distanza che c’è tra tanti etero che rispettano le donne (mi viene da dire le persone in generale) e Berlusconi a Palazzo Grazioli con le sue escort.